Curata da Vittorio Sgarbi, la mostra alle Scuderie del Quirinale di Roma illustra la 'carriera' del pittore veneziano, commissione dopo commissione. Il suo sguardo già quasi romantico sul mondo, la sua sensibilità da fotografo ante-litteram, il senso per il "marketing" di chi ha sempre precorso i tempi.
di Marco D'Egidio
Uno schiavo giace disteso, nudo, sotto gli occhi dei suoi aguzzini increduli. Ridotti in frantumi attorno a lui sono i bastoni e i martelli che stavano per conficcarsi nel suo corpo. E’ il Miracolo di San Marco, calato a testa in giù sulla pubblica piazza per impedire il supplizio. Questo grande telero di Jacopo Robusti, detto il Tintoretto (Venezia, 1519 – Venezia, 1594), al quale è dedicata la mostra alle Scuderie del Quirinale curata da Vittorio Sgarbi, domina la prima sala accanto a un autoritratto giovanile dell’artista. (immagine in basso) Le due op
Il nostro resoconto sulla mostra d'arte di Venezia parte da ILLUMInazioni, la rassegna curata da Bice Curigher dove i "lumi", dipinti o intellettuali, fanno da protagonisti. I riflettori si accendono sulle tele di Tintoretto e i piccioni di Cattelan, in uno spazio espositivo non sempre agevole per i visitatori
di Chiara Di Stefano
Nelle intenzioni della curatrice svizzera Bice Curigher, la luce doveva essere la protagonista di questa mostra che si svolge tra la sede dell’ex Padiglione Italia - ora Palazzo delle Esposizioni - e i Giardini. Pensando che la luce nell’arte si manifesta per la prima volta con Tintoretto si è deciso di piazzare tre ampi teleri del celebre pittore veneziano proprio nel salone centrale della Biennale. Segnatamente la scelta è caduta su alcune opere fragilissime come Il trafugamento del corpo di San Marco, L’ultima cena e La creazione degli anima