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ARTE

Se l’ecomostro diventa arte

Campi da polo, teatri, parchi e non meglio identificati centri polifunzionali: l’Italia è il paese delle opere pubbliche inutili. E soprattutto, lasciate a metà. Ora il progetto Incompiuto Siciliano tenta di attribuire un valore estetico a queste macerie. Con un Parco (a Giarre, provincia di Catania) e addirittura un Festival


di Anita T. Giuga

 


colonna.jpgL’Incompiuto Siciliano è un progetto di lettura del paesaggio italiano che indaga il fenomeno delle opere pubbliche non terminate. Il gruppo Alterazioni Video, insieme a Enrico Sgarbi e Claudia D’Aita, ne ha compendiato alcuni dei passaggi fondamentali prima del battesimo del fuoco, che si compie a Giarre dal due al quattro luglio 2010 con un vero e proprio Festival. Si mira a ribaltare la percezione negativa che pervade queste architetture disseminate sul territorio nazionale, sino a elevarle al rango di opere d’arte, commutando un esempio di mesmerismo sociale non solo in risorsa economica, ma anche in paradigma di una contemporaneità che invecchia ancor prima di maturare. Come scriveva Marc Augé in Rovine e macerie. Il senso del tempo, “Le macerie accumulate dalla storia recente e le rovine nate dal passato non si assomigliano. Vi è un grande scarto fra il tempo storico della distruzione, che rivela la follia della storia (le vie di Kabul o di Beirut), e il tempo puro, il tempo in rovina, le rovine del tempo che ha perduto la storia o che la storia ha perduto.
 
Impegnati da più di quattro anni intorno a questo format di rilettura del paesaggio italiano, ritroviamo i cinque artisti che compongono il collettivo globetrotter Alterazioni Video (Andrea Masu, Milano; Matteo Erenbourg, Milano; Giacomo Porfiri ed Alberto Caffarelli, Berlino; Paololuca Barbieri Marchi, New York), sinergici nello stringere e saldare nuove proposte e azioni su piattaforma rivoluzionaria. E l’intervento è veramente rivoluzionario, giacché ripristina un ordine perduto, trasformando una debolezza, i tragici resti dello statalismo più deleterio, in punti di forza. Imperativo è convertire i monumenti all’abbandono, ribaltandoli in simbolo dell’economia sostenibile e di una estetica delle macerie partecipata. Tutto ciò mediante una mappatura permanente. Questa cartografia dello scandalo si sviluppa anche attraverso il contributo dei privati cittadini, i quali possono inviare i loro scatti iscrivendosi sul sito internet e documentando debitamente la loro ricerca.
 
I nostri saranno anche presenti per la seconda volta a Venezia, ma con una diversa combinazione. Sicché, mentre la prima sortita (2007) li vedeva partecipare alla Biennale d’arte contemporanea con Painting, un video che documentava il mutamento e la rimozione dei graffiti sulle mura circondariali del carcere di San Vittore, ritornano quest’anno, alla XII Biennale d’Architettura, “aumentati” di Sgarbi e D’Aita, con il progetto Incompiuto, all’interno del Padiglione Italiano curato da Luca Molinari. 
 
atletica.jpgGli Alterazioni video porteranno a Venezia un eccentrico reperto archeologico: una colonna incompiuta che da Giarre sarà trasferita sulla laguna, attraversando tutta l’Italia e i cantieri delle incompiute distribuite sul territorio nazionale. Il taglio della colonna avverrà poi proprio all’interno del Festival, come conclusione di un’azione che comprenderà prima un’assemblea cittadina e poi la performance del collettivo stesso.
 
Dice Andrea Masu, intervistato recentemente da Chiara Serri: “Le grandi opere incompiute sono oltre cinquecento in tutt’Italia. Giarre è l’epicentro di questo fenomeno con una lunga lista che annovera la piscina provinciale, il centro polifunzionale, il mercato dei fiori, la pista per automodellismo, la casa per anziani, il parco Chico Mendez, il teatro comunale e il gigantesco campo da polo che sovrasta la città. Le opzioni d’intervento che si presentano sono quattro: demolire le strutture, completarle, riconvertirle oppure lasciarle così come sono, facendo sì che la natura se ne riappropri. Questo sarà uno dei temi più importanti dei quali discutere all’interno del Festival dell’Incompiuto”.
 
L’intenzione dell’Incompiuto non è di promuovere alcuna forma di agit-prop politico e sociale, quanto di dichiarare che queste nuove rovine sono luoghi di una memoria collettiva ancora da sondare. Le incompiute sarebbero l’iperbole di un tempo collassato, il Gotico e il Barocco prodotti dall’adesione all’edilizia pubblica, sociale e democratica. Per sostenere questa ambiziosa dichiarazione di artisticità, il progetto è stato strutturato in tre fasi di sviluppo. 
 
ponte.jpgLa prima è stata finalizzata alla produzione di un catalogo ragionato e alla ricognizione progressiva delle incompiute; lavoro di raccolta e valutazione di indicatori sociali, antropologici, sociologici e paesaggistici, capace di descrivere il fenomeno da un punto di vista iconografico, processuale e storico. L’analisi dei dati elaborati attraverso questi strumenti ha poi condotto alla pubblicazione di un Manifesto (sulla rivista Abitare dell’ottobre 2008), in cui sono individuati gli elementi che compongono ciò che si è voluto chiamare Stile architettonico Incompiuto; e ha dimostrato come questo “stile” non fosse una semplice etichetta entro cui rinchiudere un pacchetto eterogeneo di opere, quanto piuttosto un modello teorico, un paradigma interpretativo, capace di riconoscere, individuare e prevedere la configurazione di un’opera o di un sistema di opere incompiute.
 
La seconda fase del progetto, quella operativa, è stata finalizzata allo studio e all’istituzione del primo Parco Archeologico dell’Incompiuto. La location ideale per ospitare il Parco è stata il comune di Giarre, in provincia di Catania. Il paese, eletto a Capitale dell’Incompiuto Siciliano grazie al più alto numero di opere rispetto al numero di abitanti, è da considerarsi luogo d’eccellenza per la fioritura dello Stile, il contesto ideale per sviluppare idee, professionalità e possibilità economiche innovative proponendo l’istituzione del primo Parco Archeologico dell’Incompiuto Siciliano, con l’obiettivo di favorire l’economia legata al turismo culturale.
 
La terza e ultima fase di attuazione consiste, in fine, nel preconizzare gli scenari futuri di tutte le incompiute italiane. Il passaggio è tanto fondamentale da segnare il discrimine tra una fase destruens di denuncia, a una fase construens di proposta in cui, preso atto che il problema esiste, sviluppare nuove strategie di intervento. Questa terza fase “concreta” coincide con la celebrazione del lavoro nel Padiglione italiano della veneziana Biennale di Architettura 2010. Sotto questi auspici l’Incompiuto esce dalle stanze dell’arte per camuffarsi con le utopie dell’architettura. 
 
blufi.jpgMa se il riconoscimento pubblico rappresenta un’istituzionalizzazione c’è da augurarsi che non sia un epitaffio, da un lato, e il contenimento di un’operazione di vera trasversalità, dall’altro. Appare evidente, infatti, che le opzioni futuribili sul destino di questo enorme patrimonio nazionale, di edilizia pubblica e di sprechi irrisolti, diventa la metafora spenta della più cruda attualità. Se l’Incompiuto Siciliano verrà etichettato come un ennesimo sterile esercizio di denuncia il rischio è quello di sprofondare nell’ipnosi collettiva, nel già citato “mesmerismo sociale”. Se invece il progetto venisse accolto dalle istituzioni darebbe un colpo di reni per riscattare il paese da questo fallimento collettivo.
 
A quel punto l’Incompiuto Siciliano potrebbe diventare l’anticamera di un coraggioso risveglio. In fondo, mutatis mutandis, e con un intento etico a tutto tondo, è quello che gli americani hanno saputo fare: produrre ricchezza commercializzando un auto da fé come quello sullo sterminio delle tribù native americane, o il meno cruento museo di Ellis Island. La fenomenologia di un “mal funzionamento” è motivo conduttore di tragedie ad alto ritorno mediatico, come l’immigrazione, la povertà, la quarantena, la guerra, elementi apocalittici allontanati e tradotti in un alto indice di gradimento. Ma qui nell’Incompiuto troviamo un esempio di civismo e di industriosità artistica che val la pena di seguire e sostenere accantonando diffidenze e ipotesi lucrative, ammettendo che esiste del buono che riaccende quel fievole fanalino di coda chiamato ormai ironicamente “cultura”.

(foto di Gabriele Basilico)



Tags: alterazioni video, Anita T. Giuga, campo di polo, ecomostri, giarre, incompiuto siciliano, opere incompiute,
02 Luglio 2010

Oggetto recensito:

INCOMPIUTO SICILIANO

Il collettivo di artisti: Alterazioni Video
 
locandina.jpg

giudizio:



3.456
Media: 3.5 (10 voti)

Commenti

ottimo articolo! Un progetto

ottimo articolo! Un progetto compiuto alla grande!

gran progetto, ottimo

9

gran progetto, ottimo articolo, viva la patafisica.

Giusto, concordo. Viva la

Giusto, concordo. Viva la patafica.

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