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FILM

Arriva Dylan "hot" Dog

Il fumetto cult di Tiziano Sclavi trasferito sul grande schermo da Kevin Munroe: che fa strage di personaggi e atmosfere originali e lo infarcisce di ingredienti horror e cliché da supereroe Marvel. Da oggi al cinema, astenersi lettori appassionati


di Andrea B. Previtera

 


Le trasposizioni cinematografiche. Vorrei che un medico compiacente mi fornisse un certificato, che un parente lontano si presentasse improvvisamente in città. Vorrei una scadenza improrogabile che mi sollevasse dall'onere. Le trasposizioni cinematografiche: dover mettere da parte quell'istinto di conservazione che grida allarme, seppellire il bagaglio bell'e pronto del pregiudizio. Perché le trasposizioni cinematografiche solitamente, nel migliore dei casi lasciano la bocca amara. E nel peggiore? Dylan Dog.
 
L'indagatore dell'incubo, fumetto di cult italiano che negli anni ha affestellato oltre alla mole dei lettori, ache tutta una sua peculiare iconografia, semplice ma indelebile. Per chiunque, ma non per la mano sapiente di Kevin Munroe, che dopo aver fatto brodo delle Tartarughe Ninja nel 2007, si è spinto oltreoceano per la mattanza successiva. Perché bastano poche inquadrature ad accartocciare una per una le pagine dell'opera nostrana e sostituirle con derivati Marvel o Dc Comics, trasportando in un attimo la pellicola dalla zona grigiolina del "deluderà i lettori appassionati" a quella nero seppia del "non ha nulla da offrire, nemmeno ai lettori appassionati".
 
Salutate con me alla finestra il fascino di Dylan Dog, cacciato di casa nel cuore della notte. Salutate l'umorismo surreale di Groucho, cancellato con un colpo di spugna da cavilli legali, salutate il burbero contraltare dell'Ispettore Bloch e con lui tutte le nebbie e le velature londinesi. Salutate il galeone e il clarinetto, sbatacchiati controvoglia in un paio di riprese per poter dire "hai visto? Il galone! Il clarinetto!"
 
Dunque, ecco il Dog americano, più Hot che Dylan, riempito di proteine e amminoacidi e affiancatDylan-Dog_o_ah.jpgo dalla spalla comica ISO9001 di ogni belloccio, depositata al museo dei pesi e delle misure di Washington: il ragazzetto stralunato e bruttino, nevrotico, eroico secondo necessità di sceneggiatura. Un Dylan che oltre all'ingombrante presenza fisica, ci amareggerà per centoquindici minuti con un io narrante dai monologhi degni di un testo libero di terza, tutt'al più quarta elementare. 
 
Dopodichè, lupi mannari e vampiri. Hisssss. Uuuuu. Rarrrrr. Lupi mannari e vampiri, e c'è come un sospiro collettivo in sala, uno sbuffo di pienezza, di sazietà: il raggiungimento della quota di saturazione di un mercato che ha dato a hollywood più sicurezze del mattone negli ultimi tre anni. Mascheroni pelosi e scazzottate grottesche a fare da contorno a una storiella esile esile con qualche goffo tentativo di allegorie sociali subito nascoste dietro la schiena.
 
Ma non basta. Perchè ci sono i dialoghi. E' ragionevole supporre che vi sia capitato almeno una volta nella vita di aver fatto uso di un traduttore automatico non particolarmente brillante ed aver sogghignato dei risultati. Meno ragionevole è immaginare che lo stesso metodo sia stato impiegato per ri-importare questo Dead of night (titolo originale) in Italia. Eppure, vorrete poter riavvolgere la pellicola più di una volta, per tentare di capire cosa volesse dire l'ultima sciarada pronunciata da questo o quel personaggio.
 
Questo Dylan Dog sta al figlioccio inchiostrato di Tiziano Sclavi tanto quanto il Pinocchio Disney sta alle inquietudini di Collodi. E con addosso l'ombra incombente di un possibile sequel, quel che resta da scrivere sulla quarta di copertina è un consiglio di facile lettura: nulla da vedere per chi non mai letto il fumetto, tutto da evitare per chi l'ha letto e amato.



Tags: Andrea B. Previtera, Dylan Dog, Groucho, horror, Kevin Munroe, Marvel, recensione, supereroe, Tiziano Sclavi, trasposizione cinematografica,
16 Marzo 2011

Oggetto recensito:

Dylan Dog, di Kevin Munroe, USA 2011, 115 m

 

giudizio:



6.03
Media: 6 (4 voti)

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