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FILM

Clooney si ricicla tra le capre

Ne L'uomo che fissa le capre interpreti, storia e scenari sembrano dei fratelli Coen. Ma dietro la macchina da presa non ci sono loro


di Andrea B. Previtera


L’uomo che fissa le capre, innanzitutto, non è un film dei fratelli Coen. E’ un curioso dovere, quello di iniziare una recensione con un’avvertenza da spot pubblicitario potenzialmente ingannevole, curioso ma irrinunciabile. Gridano “Coen” già prima di mettere piede in sala il titolo della pellicola, il cast (George Clooney, Jeff Bridges, Ewan McGregor, Kevin Spacey), persino l’impostazione grafica della locandina. Tuttavia L’uomo che fissa le capre non è un film dei fratelli Coen. Regista (alla prima prova sul campo) è invece Grant Heslov, già co-sceneggiatore con Clooney del fortunato Good Night and good luck.
La traccia del film, in qualche misura, giustifica la scarsa originalità dello svolgimento: Bob Wilton, giornalista di scarso successo, reagisce al fallimento del proprio matrimonio tentando di trasformarsi in reporter di guerra in Iraq. Qui incontra casualmente Lyn Cassady, “psicosoldato” in pensione (o no?) di un reparto segreto dell’esercito degli Stati Uniti costituito per formare una nuova generazione di combattenti, specializzati nell’uso di presunti poteri mentali. Come svolgere in modo efficace un tema su queste premesse, se non utilizzando la grammatica dei Coen?
Tra un flashback ai tempi particolarmente lisergici della fondazione dell’“Esercito Nuova Terra”, un inseguimento nel deserto, e una parentesi filosofica sullo sfondo di scenari improbabili, il tentativo strappa qualche analogia e qualche sorriso, ma non convince e lascia sulla pelle il tocco ruvido del capo d’abbigliamento fasullo. L’uomo che fissa le capre non è un film dei fratelli Coen.
L’impasto risulta grottesco, con un eccesso di assurdità che, se dosate nella giusta misura, avrebbero dato un gusto surreale al film, ma che così invece lo trasformano in qualcosa che ricorda più che altro il collage di sketch di Spie come noi. Clooney però non è Chevy Chase, McGregor non è Dan Aykroyd, e soprattutto il pubblico del 2009 non è quello del 1985. Troppi e costanti i tentativi di strappare una risata, sottolineando al contempo quasi ad ogni scena il tema sottostante della “missione”: la vita intesa come missione, la ricerca di se stessi intesa come missione, il progresso spirituale inteso come missione. L’interpretazione dei singoli è piacevole, ma ancora una volta legata a una sorta di ecologia cinematografica in cui tutto è fondato sul riciclo: Jeff Bridges sembra riproporsi nelle vesti del Grande Lebowski, Ewan McGregor è condannato dal copione a una sequela di doppi sensi sul suo ruolo di Jedi nella trilogia-prequel di Guerre Stellari, e George Clooney si attiene genericamente all’impostazione già ricevuta in ambito coeniano. All’interno della sceneggiatura, legittimamente confusionaria (meno legittime le confusioni di regia e montaggio), trovano spazio anche delle gocce di minestra riscaldata sulle soverchierie dei marines in medio oriente, pigiate a forza tra gli spazi rimasti liberi in una trama per il resto giustamente slegata da ogni idea di realismo.
Non fidatevi di questa recensione. L’uomo che fissa le capre tutto sommato è un film che può dividere: affrontatelo con la leggerezza di spirito persino un po’ (passi il gioco di parole) “pecoreccia” delle parodie di film d’azione degli anni ottanta e non sarete delusi. Ma il tentativo di veicolare alcune riflessioni profonde sul senso della vita, o quello di riprodurre l’umorismo sottile e onirico portato alla ribalta da un certo paio di fratelli registi, ecco – proprio per usare il lessico ridondante della pellicola stessa – queste sono missioni decisamente fallite.


Tags: Andrea B. Previtera, fratelli coen, george clooney, grande lebowski, grant heslow, l'uomo che fissa le capre,
02 Dicembre 2009

Oggetto recensito:

L'UOMO CHE FISSA LE CAPRE, DI GRANT HESLOW

Regia: Grant Heslov
Durata: 90 M
Paese: USA
Anno: 2009
giudizio:



7.812
Media: 7.8 (5 voti)

Commenti

Il cinema è pieno di guerre

Il cinema è pieno di guerre ed è quasi un tabù ridere, o sorridere, dell'esercito, istituzione inossidabile. "Abbiamo bisogno di Jedi", si dice nel film: forse abbiamo bisogno di poteri oltre l'umano per trarci fuori da una situazione terrestre decisamente ingarbugliata. Nel film si narra della storia sgangherata di alcune spie psichiche che tentano di ribaltare la realtà, introducendo elementi in netta contrapposizione con la rigida mentalità militare, come la visione più espansa, meno yang e aggressiva, aprendo al potere della mente, a una qualche mistica orientale, a facoltà extrasensoriali che possano avere applicazioni pratiche piuttosto sorprendenti (ritrovare generali rapiti in Italia o ex(?)-commilitoni in pieno deserto iracheno). Lo spirito aleggia, irrora l'atteggiamento bellico attuale, di cui tutti siamo stanchi. Il tutto affrontato con un sorriso e la giusta ironia... C'è anche tempo affinché Clooney esegui un saluto al sole - suryanamaskar, nota tecnica yoga - sul tettuccio di un'auto in pieno deserto.

Roberto Urios

L'ho guardato dall'inizio

9

L'ho guardato dall'inizio alla fine convinto che fosse un film dei fratelli Coen malriuscito. Ottimo così! Rivaluto i fratelli e allerto gli amici fissati con i Coen di evitarlo come la peste

E io stavo per andare a

E io stavo per andare a vederlo pensando proprio che fosse dei Coen!!!! Grazie!

Beh, la scena dell'esame di

Beh, la scena dell'esame di ammissione di "Spie come noi" era decisamente di un altro livello......

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