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LIBRI - SAGGISTICA

Il sol dell'avvenire

Paradossale, ma forse significativo, che la spinta a immaginare una strada per il domani venga da due pensatori ormai d'età, quali sono Marc Augè e Edgar Morin. Mettendo le rispettive opere, Futuro e La via, a confronto, cerchiamo di cavarne le istruzioni per cambiare lo sguardo e il pensiero. In attesa di tempi migliori...


di Nicola Arrigoni

 


Viviamo in un tempo senza futuro. C’è chi afferma che il presente ci ha rubato il futuro, che la condanna a vivere in un qui ed ora perenne ed eterno ha limitato il nostro avvenire. Chi dà colpa all’economia, alla tecnica, chi oggi imputa alla crisi in cui versa il capitalismo la mancanza di avvenire. I primi ad esserne vittime sono i giovani cui si impedisce un progetto di vita, a queli nella vita stessa si impedisce di entrare.
 
Dopo tante fosche profezie sul nostro essere nel mondo oggi – in questo clima di disperata resa al presente e ai dettami dell’economia – di futuro c'è bisogno. E paradossalmente chi sente il bisogno di ipotizzare un avvenire condiviso e condivisibile sono due grandi vecchi della filosofia occidentale ed europea: Marc Augé con Futuro ed Edgar Morin con La via. Per l’avvenire dell’umanità 
 
marc_auge_image.jpgDue libri diversissimi fra loro. Il primo, Futuro è una sorta di pamphlet, un piccolo e prezioso breviario dell’antropologo e filosofo dei non luoghi che incoraggia a frequentare l’utopia, ovvero il luogo che non c’è, lo spazio del possibile, dell’ipotizzabile e, appunto, dell’avvenire. Il secondo, La via sembra essere il testamento, la chiusura in prospettiva dell’opera di una vita: il metodo di un Edgar Morin che in ogni suo passo di ermeneutica filosofica, in ogni suo avventurarsi nella conoscenza della complessità per natura verte all’ottimismo e, in definitiva, alla capacità di guardare ad un futuro possibile non solo per l’individuo ma per quella che il filosofo della complessità chiama Terra Patria.
 
I due pensatori – con diversi approcci e diverso linguaggio – cercano di delineare il senso perduto del futuro, perché - osserva infatti Marc Augé - "il futuro ha a che fare con l’evidenza, ma noi continuiamo a dubitare dell’avvenire. Infatti, ciò che definisce etimologicamente l’avvenire è l’avvenimento. E’ ciò che dà un contenuto al futuro, è ciò che avviene. Per questo può suscitare tutte le speranze e tutte le paure". E per fare ciò Augé non si limita a fare riferimento all’immamente della cultura greca, all’escatologia della cultura cristiana o al progresso tecnologico, ma si affida alla scienza come metodo per conoscere il mondo con il coraggio dell’errore. Da questa trae la forza dell’errare proprio laddove non c’è conoscenza, verso l’ignoto.
 
E infatti scrive l’antropologo dei non luoghi: "Bisogna rivolgesi al futuro senza proiettare le nostre illusioni e dar vita a ipotesi per testarne la validità, imparare a spostare progressivamente le frontiere dell’ignoto: è questo che ci insegna la scienza; è questo che ogni programma educativo dovrebbe promuovere e che dovrebbe ispirare qualsiasi riflessione politica".
 
E pur ribadendo la diversità metodologica e di linguaggio filosofico fra i due testi non si può non sentire echeggiare nelle parole di Augé quella ‘testa ben fatta’ di montaignana memoria che Morin mette al centro, o meglio pone come presupposto per l’uomo nuovo, il cittadino della Terra Patria, che sa percorrere la via dell’avvenire per sé e per l’intera umanità.edgarmorin.jpg "La via per l’avvenire dell’umanità, per citare il titolo del saggio, è la capacità di cambiare il nostro sguardo sul mondo, una riforma del sapere che deve renderci capaci di guardarlo secondo un'inedita complessità, fatta di tante interconnessioni e intersezioni, mentre oggi il nostro è orientato da una formazione disciplinare, sa guardare il mondo frammentandoli in pezzi sparsi e isolati", ha commentato il filosofo e allievo di Morin, Mauro Ceruti in una recente conversazione sul libro La via.
 
Nel volume, pubblicato da Raffaello Cortina editore, Morin fornisce una piccola rassegna enciclopedica in cui distinti per temi, mostra i pericoli in cui rischiamo di incorrere e cerca di delinearne le soluzioni, mostrando un ottimismo non di facciata. Il suo ottimismo nasce infatti dalla consapevolezza che se si continua a guidare il vascello Terra così come stiamo facendo la catastrofe è certa e imminente. Il filosofo è convinto che lo scenario fosco che ci prospetta il presente possa fare da sprone alla voglia dell’umanità di costruire il futuro per tutta la terra, quella Terra Patria che solo la capacità di leggerne le complessità può salvare.
 
Edgar Morin ha una grande fiducia nell’uomo e così La Via che delinea è quella di un nuovo umanesimo. Infatti, sostiene, "sebbene quasi nessuno ne abbia ancora coscienza, non si è mai avuta una causa così grande, così nobile, così necessaria, della causa dell’umanità per sopravvivere, vivere e umanizzarsi". Nella promozione di un nuovo umanesimo che ponga al centro lo sguardo dell’uomo e la capacità di vedersi come parte di una complessità che lo ingloba e lo coinvolge c’è alla fine tracciata la via lungo un futuro umano e da condividere.



Tags: Edgar Morin, filosofia, futuro, La via, marc augé, Nicola Arrigoni, recensione,
23 Luglio 2012

Oggetto recensito:

Marc Augè, FuturoBollati Boringhieri 2012, p 134, 9 euro
Edgar Morin, La via. Per l'avvenire dell'umanità, Raffaello Cortina 2012, p 300, 26 euro

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