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LIBRI - NARRATIVA

La Stanza del figlio

Tutto il mondo di Jack è tra le pareti di una camera, dove è nato e ha vissuto per cinque anni, rinchiuso insieme alla mamma. Un libro terribile e bellissimo, quello di Emma Donoghue, che riscrivendo noti fatti di cronaca attraverso gli occhi di un bambino riesce a coinvolgerci. Molto più di quanto vorremmo


di Dario De Marco

 


L'universo, altrimenti detto Stanza, è delimitato da quattro Pareti foderate di sughero e contiene Letto, Bagno, Cucina, Tappeto e Armadio, che è il posto per dormire quando la sera dopo le nove arriva Lui. Questo è il luogo dove Jack è nato e dove vive con la mamma: l'unico che conosce, e quindi, l'unico che esiste davvero per lui. Perché Jack, cinque anni, vive in un horror e non lo sa: la sua mamma è stata rapita e da sette anni è segregata in un capanno dove il suo aguzzino le fa visita tutte le notti.
 
La Stanza. Room, è il titolo originale del libro: perentorio, assoluto, già di suo claustrofobico, semplicemente perfetto; la traduzione italiana (Stanza Letto Armadio Specchio) quasi lo ammorbidisce. La vicenda è alla lontana ispirata a casi incredibili e purtroppo reali: vi ricorderete Natasha Kampusch, rapita quando aveva 10 anni e tenuta prigioniera per 8. O Elisabeth Fritzl, 24 anni in cantina, e 7 figli, per mano del padre. Il libro è uscito qualche mese fa, e nonostante la sua dura bellezza (che ti tiene attaccato finché non lo finisci, e non è cosa che diciamo spesso) non ci risulta abbia scalato le classifiche vendendo milioni di copie. Come invece farebbe (farà, visto che è stato pubblicato davvero, di recente) un libro-verità firmato da una delle sventurate ragazze. Come mai? Vediamo.
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Abbiamo detto che la vicenda è ispirata alla lontana, perché l'autrice ci mette del suo. Quello che le interessa non è fare cronaca, riprodurre la realtà per soddisfare la nostra curiosità morbosa, ma immaginare: what if? Che cosa succederebbe se...? È la molla che spinge i narratori, e ovviamente una situazione così estrema rappresenta uno stimolo potente. Emma Donoghue, irlandese che vive in Canada, è narratrice straordinaria: in Italia qualche anno fa è uscito Il bacio della strega (Meridiano zero), rilettura in chiave saffico-femminista delle favole più note.
 
Il virtuosismo dell'autrice è evidente nei primi due capitoli, tutti ambientati nel chiuso di Stanza. La trovata geniale è che a parlare in prima persona è il bambino stesso, e noi guardiamo tutto attraverso i suoi occhi innocenti. Geniale ma, se ci pensate, è anche l'unico modo per farci accettare l'orrore, scaraventandoci dentro, in medias res, ed evitare descrizioni truci o un pathos insopportabile. Accettiamo l'orrore come lo accetta Jack, anzi lui non lo deve nemmeno accettare perché è semplicemente l'unica realtà che conosce, la realtà. Una realtà fatta di routine: sveglia, bagno, colazione, esercizio fisico, lettura, pranzo, lavaggio piatti, televisione (ovviamente la mamma gli ha detto che lì dentro è tutto finto, non solo i cartoni ma anche i tg e tutte le persone), cucina, cena, armadio nel quale ben sveglio conta i cigolii che Lui e la mamma fanno fare a Letto. 
 
Poi però succede qualcosa. Dal terzo capitolo l'azione si mette in moto (Attenzione: quello che segue NON è spoiler. C'è una differenza fondamentale tra lo sviluppo di una storia – e il suo più o meno improvviso precipitare verso la conclusione – in un film e in un libro. Il film può finire da un momento all'altro, a meno che non sia appena iniziato. Se si esclude l'improbabile caso di uno spettatore che preventivamente si informa sulla durata della pellicola, e poi durante la proiezione tenga d'occhio il cronometro più che lo schermo, ogni scena può essere l'ultima: ogni sparatoria quella decisiva, ogni bacio quello finale, ogni momento insignificante quello di un finale a sorpresa. Quando si legge un libro no.
frontCover.jpgPerché il libro è un oggetto fisico, e fisicamente esplorabile. Teniamo più o meno sempre d'occhio il punto in cui siamo arrivati: sono a metà, ho quasi finito, eh, ho appena iniziato... Per cui, niente colpi di scena o fini improvvise, a meno che non si tratti di letteratura sperimentale. Insomma, se a 150 pagine dal termine i reclusi progettano e iniziano a mettere in pratica un piano di fuga, o quest'evasione verrà seguita al ralenti, o è probabile che finisca come tutti speriamo. Perciò non stiamo togliendo nessun piacere a chi ha intenzione di leggerlo).
 
Il quarto e il quinto capitolo sono ambientati nel Fuori. Finita l'orribile eccezionalità, conclusa l'esperienza estrema, i nostri eroi tornano alla normalità, quindi. Macché. La mamma, uscita dal mondo appena diciannovenne, dovrà fare i conti con una crisi di identità che la porterà alle soglie dell'autodistruzione. E il piccolo Jack sarà quasi sopraffatto dall'eccesso di informazioni, dalla troppa realtà; oltre a dover affrontare una serie di problemi pratici, tipo che la sua pelle non aveva mai ricevuto la luce del sole, o che pur sapendo camminare correre fare capriole, non avesse la minima idea di come salire o scendere uno scalino.
 
Ma soprattutto, il bambino dovrà sempre combattere con una nostalgia che può sembrare assurda e che invece è normale: la nostalgia per la sua Stanza, il suo Letto, il suo piccolo fondamentale universo, ormai deflagrato. Insomma, parafrasando: puoi uscire dalla Stanza, ma la Stanza resterà sempre dentro di te.
 
E il motivo per cui questo libro non ha venduto milioni di copie? Proprio questo: che non si ferma sulla porta blindata della stanza. Poteva farlo, o al limite poteva accompagnarci fino alla riuscita fuga, in un fulmineo e indolore happy ending. Perché se tutto finiva lì, noi stavamo tranquilli: la nostra sete di sangue era placata, e anche il nostro bisogno di sentirci estranei all'orrore, normali; in fin dei conti, i mostri stanno lì dentro, nella Stanza, nel capanno, da un'altra parte insomma, e che c'entriamo noi. C'entriamo invece, e il fatto che la storia continua ce lo sbatte in faccia senza scampo.
 
E non è solo l'intervista cannibale fatta dalla solita giornalista finto-pietosa. Non è solo la curiosità malata degli sconosciuti, la goffaggine degli amici che vorrebbero aiutare senza rendersi conto quanto la realtà sia pericolosa per chi non l'aveva mai vissuta, l'incredulità dei parenti che avevano già fatto il funerale. È tutto questo, e molto altro. È che i mostri siamo noi, questa è la verità che non vogliamo ammettere. Siamo tutti coinvolti.



Tags: Dario De Marco, Elisabeth Fritzl, Jack, Mondadori, Natasha Kampusch, recensione, Room, Stanza, Stanza Letto Armadio Specchio,
22 Febbraio 2011

Oggetto recensito:

Emma Donoghue, Stanza Letto Armadio Specchio, Mondadori 2010, 19,50 euro, 344 p

 

giudizio:



6.943842
Media: 6.9 (13 voti)

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