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INCHIESTA

3d, dietro gli occhialini

Sappiamo tutto di Avatar & co., ma poco della tecnologia che li rende possibili: dove nascono? Come funzionano? Fanno male agli occhi? E all'ambiente? Viaggio nei retroscena della (presunta) rivoluzione del cinema


di Andrea B. Previtera


Si chiama visione stereoscopica, ed è l’ultimo ritrovato della tecnologia in campo cinematografico. No, un attimo, a dire il vero si tratta di un’invenzione figlia degli anni settanta, e già nel 1980 si faceva uso di rulli sincronizzati che... ma un secondo: a pensarci bene è possibile risalire ad alcune pellicole stereoscopiche prodotte intorno al 1950. Certo, per essere proiettate avevano bisogno di cinema appositamente attrezzati... non diversamente da oggi. Sarà forse perché un film “3d” faceva la sua comparsa molto tempo prima, nei primi anni 20? O magari perché tutto sommato questo eccezionale ingrediente extra che ci proietta in un futuro di visioni multidimensionali era già pienamente funzionale nel 1900? Dunque. Dicevamo. Si chiama visione stereoscopica, ed è l’ultimo ri-trovato (con il trattino in mezzo, mi raccomando) dei dipartimenti marketing delle grandi produzioni hollywoodiane.
 
E’ sufficiente soffiare sul dito di polvere che copre la storia della stereoscopia per scoprire come questa medicina alla presunta stagnazione della sensorialità cinematografica sia somministrata ai pazienti senza che si pongano domande. Vogliamo provarci noi, allora, curiosi come sempre, molesti e ficcanaso - termine quest’ultimo particolarmente appropriato nel caso delle lenti d’ogni sorta che ci troviamo a dover piazzare sul tubero facciale talvolta anche prima del quarto d’ora promozionale. Ecco, gli “occhialini”, chiave di accesso alla fuga dalla noia (?) delle due dimensioni: dove nascono? Come funzionano? Dove vengono mandati in pensione? Ci vogliono bene o attentano alle nostre diottrie di Avatar in Avatar?
 
Localizziamo la nostra sessione di domande e risposte alla penisola che ci ospita. Proprio come nella proiezione stereoscopica, l’Italia ci mostra due visioni rapidamente alternate a scopo illusorio, ingannando l’occhio, o meglio: il consumatore. Perché, innanzitutto, le disposizioni del ministero della Salute impongono agli esercenti l’utilizzo di occhialini monouso: disposizioni economicamente inattuabili in almeno due casi su tre. Tanti sono difatti i tipi di proiezione utilizzati in Italia, e conseguentemente i modelli di occhialini necessari.
 
Dolby3D ed XpanD 3d sono le due tecnologie più costose in termini di manutenzione, richiedendo occhialini “attivi”, dispositivi complessi ad alto costo di produzione: il prezzo per l’acquirente, cioè il cinema, oscilla tra i 100 ed i 200 euro al pezzo. Cifre che rendono evidente la natura non-monouso e di conseguenza l’impossibilità di adempiere alle norme ministeriali. La terza tecnologia, Real D, al contrario scarica la maggior parte dei costi sull’impianto di proiezione, e impiega per lo spettatore quegli occhiali stile Pet Shop Boys anni 80 costituiti da una monoscocca di plastica e lenti speciali ma pur sempre plasticose: di “p.e.t.” (con i puntini in mezzo) però non si tratta, ed ecco dunque un altro bel carico di materiale difficilmente smaltibile. Perché in questo caso la regola del monouso dovrebbe essere rispettata, giusto? Non è sempre (leggi: “quasi mai”) così.
 
Siamo andati in alcune sale cinematografiche della capitale, chiedendo lumi sulla gestione delle apparecchiature sia di tipo attivo che passivo. I costosi dispositivi Dolby ed Xpand 3D non vengono, come si diceva, buttati dopo il primo uso, però sono regolarmente disinfettati. Ma attenzione: si tratta di una manutenzione quotidiana, non di procedure eseguite tra una proiezione e la successiva. Spiegano i gestori dei cinema che i tempi non lo consentirebbero, soprattutto per le sale più ampie, che sono poi quelle in genere utilizzate per le pellicole 3d: “Sarebbe forse possibile se sfruttassimo anche il tempo morto degli spot e delle anteprime, e in qualche modo potessimo rifornire gli spettatori subito dopo e prima del film vero e proprio. Ma ora anche molte anteprime sono in 3d: come si fa?”.
 
Per quanto riguarda invece gli occhiali Real D, constatare il rispetto delle norme è relativamente semplice: in alcune strutture li riceverete in una bustina di plastica sigillata, e all’uscita non vi sarà chiesto di restituirli. Ecco la risposta al problema dello smaltimento: lo si scarica sui singoli spettatori, con un sollevamento di responsabilità ecologiche e cassonetti debordanti di alta tecnologia (uhm). In altre sale invece il materiale viene recuperato, ed in questo caso persino costantemente sottoposto a disinfezione: “Costano poco e non si rompono mai. Ne abbiamo una scorta enorme e quindi mentre ne diamo una certa quantità ai clienti, intanto possiamo disinfettare gli altri. Lo facciamo praticamente tutti a turno, ormai è routine”.
 
Molto più difficile ottenere risposte per quanto concerne l’onnipresente dubbio dell’uomo di fronte alle nuove tecnologie: “Mi farà male?”. Tanti sono i modi di frodare la vista, tanti quelli di (potenzialmente) danneggiarla; tuttavia, evitando spigolosi tecnicismi, è possibile affermare che tutte le tecnologie in gioco hanno come comune denominatore la pratica di alternare o scomporre fotogrammi opportunamente prodotti all’origine con lievi sfasature di prospettiva. Questi “frammenti” sono poi convogliati separatamente all’occhio destro e sinistro dell’osservatore tramite varie metodologie di polarizzazione. L’opinione degli oftalmologi a riguardo è semplice e serena: si tratta di un tipo di stimolo che non mette sotto stress il nervo ottico né, ovviamente, agisce direttamente sulla superficie dell’occhio. Lesioni o interazioni negative di qualunque natura sono da escludere, al contrario accusare disturbi durante la visione in 3d può essere indice di un difetto della vista già presente.
 
Resta dunque da dirimere la più intangibile delle questioni, quella su cui non è possibile ricorrere al supporto di alcun cinelavoratore, oculista, o tecnico video che tenga. Filosofi ed esteti, a noi: “Ne vale la pena?”. L’opinione di chi è chiamato a redigere questo articolo è che non la valga affatto. La natura stessa di questa non-novità è quella di un trucco di prestigio, un gambetto concepito per stupire, e tant’è quello che è in grado di aggiungere ad una produzione cinematografica: un “ooooohhh” a bocca aperta. Qualcosa che può durare qualche minuto prima di sfiatare, non un paio d’ore. Qualcosa che sorprende al primo incontro e fa fare spallucce già al secondo. Non si commetta l’errore grossolano, ad esempio, di porre l’aggiunta di una terza dimensione percepita (che appare peraltro solo come uno sfalsamento di profondità di campo) sullo stesso piano della computer graphic tridimensionale. Avataristi, è la grafica tridimensionale che vi ha portato su altri mondi, non la stereoscopia.
 
In conclusione, ecco il 3d su una curiosa bilancia 3p, tre piatti su cui mettere in delicato equilibrio costi, impatto ecologico e implicazioni sanitarie. Il tutto per sostenere quello che è fondamentalmente un doppio inganno, commerciale prima e sensoriale poi. Vari i tentativi di inoculare questa particolare tossina, nei cento e più anni di storia del cinema, un cavallo di Troia riproposto finalmente con successo (per chi ne trae un vantaggio economico) grazie alla sempre vincente strategia della suddivisione in classi. Ecco la fila di chi paga qualche moneta in più per la visione infiocchettata, ecco la fila dei fuori moda. Presto disponibile anche nel proprio salotto grazie all’avvento delle tv “tridimensionali”: come rinunciare del resto a vedere in forma di sagome di cartone sfalsate anche l’intervista a Totti o un bel Fabrizio Frizzi che si sbraccia in qualche quiz a premi?



Tags: 3d, Andrea B. Previtera, Avatar, cinema, computer graphic, film, occhialini, tre dimensioni,
18 Maggio 2010


Mentre attendiamo l’era in cui ci verranno propinati Roma Città Aperta o Il Sorpasso 3d, una lettura vaccinante che non c’entra nulla e in qualche modo c’entra del tutto: Flatlandia, di Edwin Abbott (Adelphi)

giudizio:



7.485885
Media: 7.5 (17 voti)

Commenti

"Roma Città Aperta o Il

9

"Roma Città Aperta o Il Sorpasso 3d" GENIALE

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