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ATTUALITA' - NON E' UN PAESE PER DONNE? / 3

"Farete la fine del varano"

Il corpo femminile ridotto a merce, dalla tv alla politica. Intervista a Lella Costa, che si definisce attrice militante, ma non quanto vorrebbe. Dice: "Il femminismo ha sbagliato a parlare di differenza, le donne sono superiori". E avverte i maschi troppo aggressivi...


di Remo Bassetti


Proprio un attimo primo di parlare con Lella Costa mi è venuto in mente che quando si critica il modo di presentare l’immagine pubblica della donna ci si riferisce sempre alla televisione, ai giornali, alla pubblicità, al cinema. Ma il teatro? E’ l’esibizione pubblica delle origini, eppure sembra un territorio incontaminato sotto quel profilo. O mi sbaglio? Provo a chiederlo alla grande attrice.
E’ proprio così. Ogni volta che qualcuno ha provato a giocare sul corpo femminile ci ha rimesso. Tipo Albertazzi che ha messo a recitare Valeria Marini, e non solo il riscontro non è stato un granché, ma alla replica del primo gennaio la Marini non si è presentata perché aveva fatto tardi al veglione… Il pubblico a teatro va a vedere altro, non gradisce quel tipo di sovrastruttura. E’ una fascia protetta, in realtà non tanto piccola ma che si ama definire di nicchia, e che certo più di nicchia diventerà con i tagli del governo. Ci sono teatri che non riusciranno a mantenersi nemmeno facendo tutto esaurito per trecento giorni all’anno. 
 
Allora si tratta di un discrimine culturale: quelli che vanno a teatro vs. quelli che guardano la televisione, cultura contro incultura e collegamento tra cultura alta e immagine della donna?
Un momento, un momento. I telespettatori prendono quello che trovano, è un luogo comune che sono loro a chiedere la volgarità, la mercificazione del corpo o l’ammiccamento sessuale, e non è per nulla confermato dagli ascolti. Chi ha fatto il botto a Sanremo? Antonella Clerici che, a parte l’ostentazione mammaria, non è certo il tipo della maliarda seduttrice. Persino quando è arrivata sul palco Jennifer Lopez l’ha trascinata a parlare di bambini e le diceva: “Noi siamo donne normali”. I grandi numeri li fa la Carlucci, con Ballando sotto le stelle, che non è quella roba dello stereotipo. Il limite è dei programmatori, non del pubblico: ed è una forma di ottusità imprenditoriale che, nel caso della televisione pubblica, diventa anche l’annullamento di quella che dovrebbe essere una funzione sociale.
 
Chiara Saraceno, su queste pagine, diceva che è un problema solo italiano.
Non credo che abbia torto. Se pensiamo alla vita pubblica in Germania, la Merkel non è solo un modello politico, è un modello femminile, rispettato come tale. In Italia se chiedi a una ragazza quel è il suo modello ti risponde: Belen Rodriguez e Rita Levi Montalcini, cioè non esattamente modelli con cui è possibile confrontarsi nella realtà. Però le stesse persone, chiamate a esprimere un desiderio per la vita, rispondono: un lavoro sicuro. Cioè autonomia, indipendenza, scegliere per se stesse. Sono ragazze attraversate da una confusione mentale che certi stereotipi, somministrati a dosi massicce dai media, contribuiscono a ingenerare.
 
Ma perché poi proprio in Italia? A chi lo vogliamo addebitare?
Non è per andare a sparare sempre sullo stesso bersaglio, ma siccome dobbiamo rispondere calandoci nel periodo storico in cui viviamo, ricordiamo che sono quasi vent’anni che la politica berlusconiana s’incarica di abbassare il livello di cultura e di consapevolezza individuale. Anzi, il livello di ogni cosa, della politica stessa. In tutti i campi si sdoganano comportamenti che, una volta, o facevano vergognare o neppure erano pensabili. L’ultima questione delle liste non ammesse alle elezioni è il paradigma perfetto di una classe dirigente dilettantesca e incapace, ma soprattutto insofferente alle regole, allergica a prenderle in considerazione. In questo senso la questione della forma rimanda a una sostanza. E sulla sostanza, del resto, non è che ci sia da essere felici nemmeno guardando a sinistra. Ma insomma, prendi il caso di Morgan: non guida uno scuolabus, la roba se la compra con i soldi suoi, e se i fiumi hanno uno spaventoso inquinamento da cocaina non dipenderà solo da Morgan che gira in tournée. E Bersani interviene in tempo reale, mentre sta zitto per dieci giorni dopo i fatti di Rosarno.
 
La mercificazione del corpo viene descritta ultimamente come il grande segnale di decadenza morale della politica.
Questo però non mi sta bene. E il grado di corruzione dei signorini? Se una giovincella piomba dal nulla nella politica si dice che alla base ci sono dei favori sessuali. Ma degli altri, normalmente più gravi, favori, che spalancano la strada non si parla, se non quando i magistrati riescono a scoperchiare il pentolone.
 
Tu sei definita un’artista militante. Quanta parte di questa militanza, nell’ambito della passione politica, viene spesa per la questione femminile?
Dovrei rispondere tantissima, specie ultimamente, considerando che l’ultimo spettacolo si chiama Ragazze e di quello si occupa. Eppure è ben poca cosa a confronto della militanza, come una volta s’intendeva la parola. Preferisco definirla una scelta professionale, che oltre tutto non ha esattamente valore di testimonianza militante in senso stretto, visto che si parte da Euridice. Peraltro allontanarsi nel periodo storico a volte si rivela il modo migliore di indagare l’età contemporanea.
 
Per quanto possa essere intesa con un senso diverso, o parziale, rispetto a quello di un tempo, mi sembra che la militanza ormai, quando c’è, riguardi solo le donne.
I problemi si risolvono dove, a fronte di un impegno diretto, le donne si vedono consegnata l’iniziativa. Se non fosse stato gestito dalle donne l’Aids avrebbe annientato il continente africano. E perché il microcredito di Yunus finanzia tanto le donne? Perché è sicuro che i soldi ritornano, come non sempre è nel caso degli uomini. Se un errore c’è stato nel discorso femminista è che invece di differenza dovevamo parlare di superiorità. Non sarà un caso se il cromosoma maschile si è dimezzato ed è destinato a estinguersi e quello femminile è capace di ripararsi. E vogliamo parlare del varano? Il varano maschio è un animale incontenibile, che non sa resistere al richiamo della libido e a causa di questa sua irruenza finisce per uccidere la femmina che assale. E che cosa hanno fatto le femmine? Hanno imparato a riprodursi da sole! Serva di monito…



Tags: 8 marzo, corpo della donna, emancipazione, femminismo, intervista, lella costa, Remo Bassetti, teatro, televisione,
09 Marzo 2010


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