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LE GUIDE

Guida per difendersi dal razzismo

Dal 20 maggio è in libreria la seconda Guida di Giudizio Universale. Per capire una delle questioni principali del nostro tempo. Ecco alcuni brani da leggere in anteprima


di Khaled Fouad Allam e Mimmo Calopresti

(Giorgio Montersino/Flickr CC)


copertina.web_.jpgDalla A di Antisemitismo alla Z di Zingari, passando per Balotelli e Scontro di civiltà: un volume informativo e caleidoscopico, un antidoto ai luoghi comuni, un manuale di autodifesa contro i virus dei nostri istinti peggiori
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 
 
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Per i nostri lettori una selezione da alcune delle voci
 
 
Altri
Mio padre, quando si trasferì a Torino, doveva dimostrare di avere una residenza ma non riusciva a trovare casa, aspettava un’assunzione ufficiale mentre lavorava clandestinamente per sfamarsi, per strada cercava di non dare nell’occhio e faceva finta di niente quando si sentiva apostrofare come terrone e napuli. Mio padre era un uomo buono, vestiva con eleganza anche quando andava a lavorare in fabbrica e mi diceva di non avere paura e di essere sempre gentile con gli altri. Mai mi sarebbe passato per la testa quando era un bambino di avercela con qualcuno solo perché era nato in un altro paese.
(Mimmo Calopresti)
 
Balotelli
Mario Balotelli ha vent’anni ed è unico per come gioca a pallone, è unico in tutto, è anche l’unico o per lo meno il più famoso italiano nero del campionato. Quindi le curve di tutte Italia lo accolgono con i “buu”, alludendo al fatto che le sue origini lo posizionano in contiguità con le scimmie. Lui invece è una pantera, si muove come una pantera, e crea seri problemi alle difese. I tifosi allora rispondono con riti voodoo e tutti insiemi saltellando ritmano Se saltelli muore Balotelli, ma su di lui non fa effetto, imperterrito calcia punizioni bomba che creano più sconquasso delle loro urla. Allora arriva l’Inquisizione, il monito, il tentativo di annullare la sua unicità: Non esistono negri italiani, e qui Mario si scatena, corre dribbla segna fa le linguacce verso il pubblico avversario e alza la voce nelle interviste a fine partita: “Questi sono dei razzisti”. A questo punto il coro di risposta diventa generale, ai tifosi juventini si uniscono quasi tutti: i tifosi romanisti e persino quelli del Chievo, squadra quartiere di Verona con tifoseria piccola e simpatica, qualche suo collega, le signore bene all’ora dell’aperitivo e perfino qualche immigrato nordafricano. “Non siamo razzisti è lui che è antipatico”: gli italiani non sono razzisti, odiano semplicemente gli antipatici, soprattutto se hanno la pelle nera. Bianconeri razza impura non ci fate più paura è quello che Mario Balotelli dovrebbe urlare a squarciagola verso la curva della Juventus quando gli gridano Non esistono negri italiani. Così finalmente un razzista ci sarebbe in questo paese. E noi ci sentiremmo tutti più sollevati.
(Mimmo Calopresti)
 
Banlieue
La crisi delle periferie è immagine dello sradicamento, della perdita di identità, che è anche solitudine e può tradursi in violenza autodistruttiva. Forse non abbiamo ancora capito che reinventare la periferia significa reinventare l’uomo per dargli speranza, affinché l’esperienza della divisione non sia un’esperienza della distruzione ma sia legata alla salvezza e alla condivisione. Il dramma delle periferie nasconde un dramma di vita, quando si tratta di interi gruppi rigettati ed emarginati, di culture considerate come subculture. Oggi il problema si pone in termini inquietanti, ma già negli anni ’70, quando non si parlava ancora di globalizzazione, Bruce Chatwin – ultimo dei grandi viaggiatori-narratori – descriveva in Che ci faccio qui? la condizione sociale e umana degli immigrati arabi in Francia, in un quartiere di Marsiglia: “Il quartier de la Porte d’Aix è veramente sordido: la sua povertà è tanto più indecente se la si paragona alla ricchezza che la circonda. Ma almeno è pieno di vita: lì gli algerini non si sentono estranei o minacciati, ed è uno dei pochi posti in Francia che siano riusciti a far propri. I marsigliesi, in realtà, non vedono l’ora di poterlo smantellare; perché ai loro occhi è un futuro terreno di coltura per il colera – o, peggio, per un’insurrezione”.
(Khaled Fouad Allam)
 
Cibo
Tratto caratterizzante della società multiculturale è anche il cibo chiamato erroneamente “etnico”, ma che è già in sé il prodotto di una serie di contaminazioni culturali prodottesi nel tempo. Ad esempio la cucina siciliana è il risultato della fusione di apporti diversi stratificatisi nei secoli, come dimostrato da Tommaso D’Alba nel suo saggio La cucina siciliana di derivazione araba. Le cucine spesso si integrano prima dei popoli; e anche se sono il risultato di conflitti, esse possono contribuire alla formulazione di nuove identità. Ad esempio la cucina indonesiana è ormai parte integrante della cucina olandese, il gazpacho della cucina degli Stati Uniti, il cous cous e le merguez (salsicce di montone) della cucina francese.
(Khaled Fouad Allam)
 
Etnia
Dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, il termine etnia si estende dal lessico delle scienze sociali (antropologia, etnografia, sociologia) approdando nel discorso pubblico. Questo fenomeno corrisponde al fatto che il crollo del muro di Berlino conclude un ciclo storico in cui la conflittualità sociale e politica si era sviluppata su basi ideologiche: la società era divisa in classi e il mondo in blocchi. Le guerre e le violenze che esplodono dopo quella data – nell’ex Jugoslavia, in Ruanda e nell’Africa dei grandi laghi – e l’esplosione dell’immigrazione dai paesi 65 dell’est Europa, dall’Asia e dall’Africa, nel discorso pubblico non sono più interpretati in funzione di categorie ideologiche, ma di appartenenze etniche. Si nota dunque che a partire dagli anni ’90 del secolo appena trascorso, sia nei mass media che nei discorsi dei politici, la guerra nell’ex Jugoslavia diventa un conflitto etnico, come quella in Ruanda; e anche il discorso sull’immigrazione è ricalcato su una griglia di lettura etnica. Tutto ciò mostra come la dimensione etnica fornisca un modello interpretativo a un nuovo ciclo storico che sembra sfuggire alle categorie usate sinora e alla logica pregressa.
(Khaled Fouad Allam)
 
Merda
Cliccate merda e aggiungete un’etnia un paese o semplicemente il vostro nome, e sarete invasi da forum blog siti e altro fino a farvi coprire dalla melma galleggiante e dal vomito collettivo che il popolo del web esprime su tutti gli esseri umani.
13° ex aequo “Lussemburghesi di merda” e “Assiro-babilonesi di merda” (1 risultato su 1 pagina su google)
12° “Esquimesi di merda” (3 pagine su google)
11° ex aequo “Pakistani di merda” e “Bengalesi di merda” (7 pagine su google)
10° “Maya di merda” (215 pagine)
9° “Ebrei di merda” (6.200 pagine)
8° “Cinesi di merda” (7.300 pagine)
7° “Romeni di merda” (14.000 pagine)
6° “Marocchini di merda” (22.600 pagine)
5° “Indiani di merda” (31.900 pagine)
4° “Arabi di merda” (40.200 pagine)
3° “Italiani di merda” (86.900 pagine)
2° “Zingari di merda” (111.000 pagine)
1° “Africani di merda” (150.000 pagine)
(dati aggiornati al 22 marzo 2010)
(Mimmo Calopresti)
 
Norme restrittive
Il dibattito politico e giuridico sull’immigrazione pone oggi un inedito problema di ordine filosofico; perché le misure restrittive – come ad esempio le misure di espulsione – oltre a creare un contenzioso giuridico fra norme nazionali, norme internazionali e Carta dei Diritti dell’Uomo del 1948, pongono un problema morale sull’impossibilità per l’essere umano di potersi spostare nel mondo e di scegliere il luogo della sua esistenza. Qualche anno fa vidi una scritta nel metrò di Parigi: “Sporco arabo, torna nel tuo paese”; e più sotto la risposta: “Il mio paese è la terra”.
(Khaled Fouad Allam)
 
Pullman
Che bello, hanno aggiunto una linea di pullman. Così per andare fin lì non dovremo prendere la macchina. Ah no, su quel percorso c’era già un’altra linea. Beh, meglio: vuol dire che passeranno più spesso, e poi potremo viaggiare più comodi, più larghi. Ma veramente, non possiamo prenderli tutti e due, i pullman: possiamo salire solo su uno. Quale? Dipende. Se siamo italiani, possiamo prendere il vecchio 24. Se siamo stranieri, dobbiamo utilizzare il 24/1. Successo davvero, non trent’anni fa nel Sudafrica dell’apartheid, ma nel 2009 in Italia. Precisamente a Foggia, dove l’azienda dei trasporti ha istituito una seconda linea tra la città e la borgata Mezzanone, che ospita un Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara): la linea nuova parte dalla stazione (posto bazzicato dagli immigrati, si sa) e arriva davanti al Cara; la linea vecchia parte dal centro città e arriva al centro del borgo. Il problema era il solito: gli stranieri fanno casino danno fastidio rubano, gli italiani sopportano non sopportano passano alle vie di fatto al mi difendo da solo se non c’è nessuno che mi difende. La soluzione è la classica: una bella recinzione metallica, tu di qua, tu di là, state ognuno con i suoi simili e fate i bravi tutti quanti. Ma dal sedile di un autobus si potrebbe scrivere una storia dell’immigrazione, e della discriminazione.
(Mimmo Calopresti)
 
Razza
In quali condizioni si sviluppa oggi il razzismo? Si può affermare che allo stato attuale delle cose esistono due forme di razzismo: uno di tipo universalista o sociale, l’altro di tipo differenzialista o culturale. Il razzismo universalistico parte dall’idea dell’inferiorità biologica di alcune razze per promuovere lo sfruttamento e la diseguaglianza dei diversi gruppi umani; il fenomeno della schiavitù, e per certi versi il sistema delle caste, si basano sul principio di gerarchia fra gruppi, negando così il principio di eguaglianza fra gli uomini. Il razzismo di tipo differenzialista afferma l’irriducibilità delle differenze culturali, in una visione che gerarchizza le culture degli esseri umani in posizioni dominanti e dominate, e conduce alla marginalizzazione, all’espulsione o alla distruzione dei gruppi minoritari, accusati di mettere in gioco l’ipotetica omogeneità culturale del gruppo maggioritario o predominante. La storia del XX secolo è segnata dal razzismo di tipo differenzialista, che è stato spesso legato allo sviluppo di forme di totalitarismo. Dall’antisemitismo alla deportazione di interi gruppi umani fino al recente fenomeno della pulizia etnica nell’ex Jugoslavia, il razzismo di tipo differenzialista rappresenta uno dei problemi più drammatici delle nostre società.
(Khaled Fouad Allam)
 
Zingari
Un giorno, vedendo una giovane rom con una fascia al collo con dentro il suo piccolissimo bambino che si stava preparando ad andare in centro per chiedere l’elemosina, preso da uno scrupolo di attenzione ai diritti dell’infanzia mi venne normale chiederne il motivo: “Che bisogno c’è di portarti con te la tua bambina?”. Secca e decisa la risposta: “Porto sempre con me mia figlia perché i gagé (cioè noi, gli altri) vengono a rubarci i bambini”. Davanti al mio sguardo perplesso: “I gagé hanno fame di figli, non sono capaci di farne tanti come gli zingari e così ce li rubano”. Andò via senza tanti convenevoli, lasciandomi lì solo ad osservare un vero e proprio nugolo di bambini mezzi ignudi al freddo che giocavano senza problemi. Che spreco di vite, mi venne da pensare. Ed è a quei bambini così eccessivamente vitali e così numerosi che va il mio pensiero quando sento ripetere quella falsa e inutile nenia: “Gli zingari rubano i bambini”.
(Mimmo Calopresti)
 
 

copertina.web_.jpgKhaled Fouad Allam e Mimmo Calopresti
Guida per difendersi dal razzismo

 
 
 
 
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20 Maggio 2010

Oggetto recensito:

 

 

giudizio:



7.085997
Media: 7.1 (15 voti)

Commenti

E' un libro davvero

E' un libro davvero interessante, spero che serva di lezioni a tutti quelli che dico basta immigrati, e altre crudeltà simili. Voglio solo ricordare che anche gli italiani hanno immigrato e ancora oggi lo fanno. Non capisco tutto questo accanimento sugli immigrati...sconvolgente!!

prendetevela in casa voi la

prendetevela in casa voi la merda immigrata

basta immigrati

basta immigrati

E per difendersi dai

E per difendersi dai criminali immigrati? Italia agli italiani.

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