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POLITICA

Mettiamoci una croce sopra

Prendiamo sul serio la battuta del leghista Castelli: ecco come sarebbe la nuova bandiera italiana. E quali sarebbero le altre inevitabili conseguenze


di Massimo Balducci


Come ha fatto notare ieri il nostro ministro degli Esteri Frattini, ci sono già nove paesi europei (veramente sarebbero dieci, ma vabbè) che hanno una croce sulla bandiera (veramente lui ha detto “crocifisso”, ma vabbè) e dunque cosa ci sarebbe di strano se l'Italia diventasse il decimo o l’undicesimo?
Sta bene dunque: facciamo per un momento il grosso sforzo di prendere sul serio la simpatica provocazione di Roberto Castelli, e dimenticare la valanga di insulti con cui è stata ricoperta dai suoi stessi colleghi di governo (concorderete peraltro che ultimamente stanno girando proposte assai più gravi, pur se di minore impatto simbolico).

 

Troppo comodo infatti rinfacciare l’incoerenza leghista (Bossi che invitò a pulircisi  il culo), o ribattere che “il tricolore non si tocca” e che “ogni bandiera ha la sua storia”. Perché in realtà è proprio la Storia a dimostrare che i vessilli mutano di pari passo ai sistemi politici: così fu ad esempio per la comparsa del tricolore (Francia 1789), della bandiera rossa (Unione Sovietica 1917), e della svastica (Germania 1933-35).
Mica cose che capitano tutti i giorni, insomma. La bandiera non si cambia certo per caso, né per la suggestione di un referendum (altrui) sui minareti: ad ogni effetto simbolico corrisponde sempre un’adeguata causa politica.

Chiediamoci dunque cosa significherebbe davvero questa ipotetica croce sulla bandiera. Un richiamo alla cristianità? Certamente, ma sembra difficile che questo possa spaventare o scandalizzare nessuno. Non perché ci debba per forza piacere, sia chiaro, ma perché siamo già da un pezzo il paese più clericale d’Europa: e la croce sulla bandiera, noi, mica ce l’abbiamo. I padanisti vorrebbero forse ispirarsi alla Svizzera, ma se vogliamo cercarne le radici – perché è di quelle che parla una bandiera – bisogna piuttosto andare in Danimarca: è infatti il Dannebrog (“panno danese” appunto) il vessillo crociato originario, adottato ufficialmente e ininterrottamente fin dal XIV secolo; e secondo la leggenda addirittura opera diretta dell’Altissimo, che l'avrebbe fatto piombare dal cielo durante la battaglia di Reval (1219). Divina o umana che ne sia l'origine, il Dannebrog ha pochi rivali e da esso derivano la maggior parte delle bandiere “crociate” del nostro continente: Svezia, Norvegia, Finlandia, Islanda (nonché moltissimi vessilli locali).

 

Ben venga, a questo punto, anche per noi il panno danese (la bandiera del piccolo villaggio olandese di Aldtsjerk, raffigurata qui sopra, potrebbe forse essere un buon punto di partenza).
Ovviamente adottare la croce nordica sul nostro simbolo nazionale più importante avrà le sue conseguenze. Non vorremo mica fermarci ad un cambiamento puramentente superficiale, vero? Dateci anche lo stato sociale più avanzato, la legge sul fine vita, le adozioni per le coppie gay e tutto il resto. Non è fantastico che sia proprio l'ala più xenofoba del governo più reazionario d’Occidente a fornirci questa occasione su un piatto d'argento?



Tags: bandiera, castelli, croce, crocifisso, danimarca, frattini, Massimo Balducci, minareti, norvegia, radici cristiane, svezia, svizzera, tricolore,
01 Dicembre 2009

Oggetto recensito:

LA CROCE SULLA BANDIERA ITALIANA

giudizio:



8.505
Media: 8.5 (4 voti)

Commenti

Pienamente d'accordo

7.02

Pienamente d'accordo

Bene per la croce. Però

Bene per la croce. Però voglio anche la recita del rosario sei volte al giorno (per battere il nemico, che prega cinque) obbligatoria, collettiva, con indicazione prima e dopo che il merito è dello sponsor Lega.

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