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SPECIALE FINE ANNO - BUONE MANIERE

Povera bestemmia

Lippi difese il suo utilizzo in campo, suscitando la reazione indignata di monsignor Ravasi


di Giampaolo Rugarli


L’inizio del 2009 è segnato dalla disputa sulla sorte della infelice Eluana Englaro: così passa quasi sotto silenzio altra disparità di opinioni che si accende presso i campi di calcio, ma che in realtà investe tutta la società civile o sedicente civile. Mi riferisco alla bestemmia, dal volgare porcoqui e porcolà alle fiorettature riservate ai maestri del genere. Sembra che, negli stadi, giocatori e tifosi spesso e volentieri imprechino contro la Divinità, ritenuta colpevole di un gol mancato o segnato o comunque di una aspettativa delusa. E smoccolano. Chi è vicino può ascoltare con le proprie orecchie, chi guarda sullo schermo televisivo legge sulle labbra del sacrilego.
 
Tutto morirebbe in una ordinaria storia di maleducazione, se il C.T. della Nazionale, Marcello Lippi, non si schierasse in difesa della bestemmia. Dichiara: “Chi impreca lo fa più per istinto e per rabbia che per mancanza di fede o per offendere Dio… in Toscana la bestemmia è quasi utilizzata come un intercalare, ma è (stato) un attimo e non per astio verso Dio. Perciò io non trasformerei in un dramma le bestemmie di un giocatore o di un tecnico, c’è di peggio (Claudia Voltattorni, Corriere della Sera, 21 gennaio 2009, p. 25). Ovviamente monsignor Gianfranco Ravasi respinge questa spiegazione, parla di imbarbarimento della società moderna, e condanna sempre e comunque l’offesa a Dio.
 
Eviterei i toni accesi, e ne farei anzi tutto una questione di buona educazione. Non si inveisce e non si usano voci plebee, si va al bagno e non al cesso. Purtroppo l’eleganza è merce rara. La legge penale punisce le imprecazioni contro la Divinità e contro i morti, ma la regola è ignorata, e meno male che va così: la tanto reclamata riforma della giustizia dovrebbe cominciare dallo sfoltimento delle incriminazioni inutili. Calandomi nei panni del Signore (mi si perdoni questa eresia natalizia), non solo non mi offenderei, ma mi divertirei follemente se ascoltassi un povero verme della terra inveire contro di me, giudicato responsabile degli errori e delle insufficienze del medesimo verme. All’opposto, non mi sentirei lusingato da preghiere e invocazioni: non avrei evidentemente alcuna necessità di essere incensato, e mi preoccuperei molto più della sostanza che della forma. Vorrei gente buona più che gente devota.
 
Lasciando perdere il galateo, Marcello Lippi sa che le vere bestemmie oltrepassano le parole e scivolano via inosservate. In un mondo dove un miliardo e passa di infelici deve aggiustare i conti con la fame, i compensi di allenatori e giocatori del calcio sono un oltraggio, una orribile offesa a Dio. E così pure le omissioni, le menzogne, le ruberie, gli sprechi, incluso tutto ciò che si ammanta di orpelli col pretesto di sancire un primato, fosse pure quello del Padreterno. Non so se Lippi, il più tardi possibile, verrà sprofondato nell’inferno dei bestemmiatori, però sono sicuro che lo precederanno in molti, a dispetto di parole vacue quanto ossequienti.


Tags: bestemmie, buona educazione, calcio, chiesa, fame, Giampaolo Rugarli, marcello lippi, nazionale, poveri, ravasi, tifosi,
30 Dicembre 2009

Oggetto recensito:

CONDANNA DELLA BESTEMMIA SUI CAMPI DI CALCIO

giudizio:



8.01
Media: 8 (2 voti)

Commenti

Un articolo chiaro,

Un articolo chiaro, interessante e totalmente condivisibile. Credo che la voce come ogni altra azione umana abbia un'influenza nel mondo e la bestemmia non è certo una bella influenza, viene a mancare il rispetto. Non tanto alla divinità quanto a se stessi e a quel valore umano che si vuole superiore alla natura e all'istinto. Certamente, se lo sfogo può essere utile in un primo momento, diventerà inutile se dopo non ci sarà la comprensione del perché della propria rabbia. Non soffermandoci su quanto c'è di superficiale e legato al contesto, quanto a quel disagio interno che ci è salito da dentro e che nasconde spesso una paura o un dolore. Il fatto è che non siamo abituati a scavare dentro di noi per cercare le risposte di quanto ci accade, perché fa paura. Se poi le cose nel mondo non cambiano è perché non impariamo dalla storia, perché non abbiamo memoria, perché ripetiamo senza capire, perché guardiamo sempre fuori e non dentro, perché non usiamo l'intelligenza ma solo l'arroganza, perché ci riteniamo furbi e sopra ogni legge, perché ... la crescita interiore è una cosa strettamente personale e nessuno può farla per noi. Nemmeno dio. Già, fa paura. ;)

in qualità di concittadino di

in qualità di concittadino di Lippi comprendo meglio di altri la bestemmia in Versilia e condivido in pieno sia la spiegazione di Lippi sia, in parte, la critica del monsignore. Preciso infatti che "l'imbarbarimento della società civile", quì rappresentato dalla bestemmia, in Versilia ha radici storiche documentate che risalgono al '700. L'imbarbarimento a quanto pare è un processo in atto dalla fine dell'Impero Romano. Dove andremo a finire? Mala tempora currunt. Personalmente non bestemmio, mai.

Concordo pienamente,

7.02

Concordo pienamente, purtroppo c'è un imbarbarimento della società civile(?) anche per colpa di questo.

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