• Seguici su:
TEATRO

La merda siamo noi

Il Decalogo del disgusto studiato da Cristian Ceresoli è una dettagliata escatologia sulle faccende più immonde della nostra società. Affidato all'interpretazione della brava Silvia Gallerano, il monologo è stato pluripremiato e ben accolto dal pubblico: ma a cosa, di preciso, rivolgiamo il nostro applauso?  


di Igor Vazzaz

 


Si entra, buio in sala. Lattei fasci di luce lambiscono il centropalco. Un’attrice, microfono in pugno, rossetto sbafato d’intenso vermiglio, chiacchiera con le prime file, assisa sul trespolo dal quale non si schioderà per l’intera durata dello spettacolo. È nuda. È incinta. Ostenta il nitore abbacinato d’una pelle ampia e slabbrata, cadente di carni provate dalla gestazione, e la sfrontatezza caratteristica dei performer, ammantata marcatura di territorio mista a tenerezza da celare.
 
Il pubblico, bendisposto e plaudente, ascolta, studia la bizzarra presenza apparecchiato alla ricezione dell’ultimo (l’ennesimo) caso teatrale dell’anno. È La merda. Decalogo del disgusto #1, monologo di Cristian Ceresoli pluripremiato da Edimburgo a Roma e che ha messi d’accordo, si legge, critica e platee nella denuncia più estrema dello schifo imperante nel nostro paese (e non solo, data l’amplissima ricezione), tanto più che il lavoro è dedicato al 150° anniversario dell’Unità d’Italia.
 
Ha i tratti espressionistici e mostruosi d’una bambola plastificata in via di fusione (il pensiero va al video di Black Hole Sun, hit dei Soungarden a metà anni Novanta e canto del cigno del grunge) la fanciulla che Silvia Gallerano getta in pasto al palcoscenico, protagonista d’una drammaturgia tritatutto, flusso di coscienza feroce e senza pietà: un’attrice alle prime armi ripercorre le tappe, tra stomacato e miserabile, d’una carriera di seconda (anzi, terza) fila, ossessionata da adipe e successo, pressioni materne e rimembranze paterne (spettro scespiriano a solcarne mente e voce), confusi afflati patriottardi, abusi sessuali subiti da disabili, sino al paradossale happy (?) end coprofagico e una parte assegnatale in uno spot pubblicitario.
 
SILVIA_GALLERANO_LA_MERDA_16.JPGAltoforno cinico e pulsionale, senza appigli o soluzioni, il testo si modula in tre tempi e una coda, partitura sovrabbondante di rivoli e richiami, trampolino di lancio per un’interpretazione muscolare e dinamica, solo sorretta da lievissime colorature di luce nivea e l’innesco d’effetti sonori per sottolineature d’espressione. Dai toni nasali d’ironia viperina (il dialogo immaginario con la madre calca certi tratti della prima Valeri) si passa a crescendo d’inusitato vigore, nella puntuale deflagrante invettiva che chiude ogni sezione: liquami in rivolta, visionario orizzonte scatologico a fagocitare tutto quel che era stato in precedenza evocato, merdoso blob di reminiscenza dantesca.
 
È impossibile, però, solidarizzare col personaggio, pur nella sua palpabile fragilità: troppa la meschineria cattiva di fondo, il suo esser più carnefice che vittima, l’adesione aprioristica, ostentata a un mondo di valori, quelli sì, di merda: arrivismo, autoaffermazione violenta, cieca, volgare. Non c’è liberazione né carnevale, né riso né requie, né Rabelais né (primo) Benigni e neppure la moralissima difformità sadiana, variamente (ec)citata nei commenti a tirar in ballo, non troppo puntualmente, il compianto Pasolini. È cacca (come si dice ai bimbi per distoglierli da ciò che non devon toccare), fecalità borghese, materia inodore e inerte da rimozione schifata o discarica industriale, sterco incapace di restituir, un domani, i diamanti di un’ipotetica Via del Campo.
 
Vi è, in agricoltura, un punto oltre il quale un terreno sottoposto a prolungati trattamenti chimici si dice desertificato: questo, ci pare, il mondo tratteggiato dall’acre drammaturgia di Ceresoli, al quale non si può esser compagni, ché la catarsi mai arriva e, anzi, ci sembra perpetrar la merda stessa che vorrebbe denunciare. Al di là d’una scrittura minuziosissima, di perizia astuta, che risuona d’insistite eco poetiche, particolarmente densa ed efficace nella litania che prelude al finale, con l’inno di Mameli proposto a cappella dall’attrice, come quello americano prima del Super Bowl.
 
Gli applausi scrosciano come sciacquoni (parafrasando È sabato di Gaber, già aleggiante in precedenza: "mi son fatto tutto di merda" chiudeva un’altra canzone, L’odore), il che pone inevitabilmente delle domande: chi applaudiamo e cosa? E perché? Se la performance (pure valida, non discutiamo i meriti di un’estenuata Gallerano che raccoglie il battimani drappeggiata nel tricolore) come denuncia, la troviamo ambigua. La sua innegabile carica energetica (scriviamo a due giorni dalla visione) denota, per contro, un decadimento assai rapido, perché di tutto quest’affannarsi, doloroso, furente e “scandaloso”, la mattina dopo resta ben poco.
 
Applaudiamo perché ci rappresenta? Nemmen per sogno e, anzi, vien da riprendere il Moretti di Caro diario, quando, dinanzi al compiaciuto reducismo di Italia-Germania 4 a 3, si ribella, da solo al cinema, inveendo inutilmente contro lo schermo. Applaudiamo l’attualità? Manco per idea, perché se una cosa s’ha da chiedere al teatro (e qualsiasi teatro è politico, sia detto per non aizzar dubbi risibili), non foss’altro per eleganza, è quello d’ignorar l’attualità o, quantomeno, non pretendere di fondar su di essa la totalità dei propri meriti. Applaudiamo lo scandalo? Quello, lasciamo farlo ai giovani (cui qualche temerario, sbagliando, vorrebbe tuttora apparentarci) e agli sprovveduti che ignorano come la storia dello spettacolo abbia già ospitato ogni tipo di performance estrema (inutile negare d’aver rimembrato la figura e l’opera di GG Allin, rispetto al quale La merda è praticamente un testo di Rodari).
 
Sorge, alla fine, il sospetto che l’applauso rappresenti debordianamente il paradosso ultimo e definitivo d’una società incapace di fare i conti con sé stessa, rassegnata, scientemente o meno, all’ovazione, da tributare a qualsiasi performance ben ideata (il battage promozionale è ottimamente architettato, denotando lo spettacolo e i suoi derivati come veri e propri prodotti di consumo), foss’anche la più terribile e (anti)politica, che si ponga in qualità di spettacolo. Forse, un modo anche questo, dopotutto, di far del teatro quel che il teatro troppo spesso non è, ossia il cuore pulsante (e malato) di una comunità. Quasi a dire: questo passa il convento.



Tags: Cristian Ceresoli, decalogo del disgusto, Igor Vazzaz, la merda, Pasolini, recensione, Silvia Gallerano,
07 Marzo 2013

Oggetto recensito:

La merda/The Shit. Decalogo del disgusto #1, di Cristian Ceresoli

Il resto della locandina: Cristian Ceresoli e Marta Ceresoli, produzione; Silvia Gallerano
 
Prossimamente in scena: Sesto Fiorentino (FI), T.Limonaia, 9-10/3; le date della tournée (che arriverà pure in Scozia e in Australia) sono costantemente aggiornate al sito www.cristianceresoli.it
 
Visto a: Cascina, La Città del Teatro, sabato 2 marzo 2013
 
Il libro: acquistabile presso http://oberonbooks.com/the-shit
 
Il dettaglio imprevisto: la gravidanza (circa la quale porgiamo i nostri migliori auguri) di Silvia Gallerano, particolare impossibile da celare e che, comunque, risulta del tutto plausibile in una performance che fa della nudità esibita e ostentata tratto espressivo fondante
 
Suggestioni: oltre a quelle citate nell’analisi, ci è sovvenuto uno spettacolo del 1976, scritto e interpretato da Lucia Poli, Liquidi; un monologo, protagonista una fotomodella impegnata in una serie di quattro pose fotografiche, confessione a far cadere vesti e inibizioni mediante l’espulsione di altrettanti liquidi: saliva, lacrime, latte materno e sangue mestruale; alla progressione deiettiva corrisponde la regressione linguistica, slittamento dall’italiano standard al toscano, “lingua” madre dell’artista che, mediante questo spettacolo a suo modo “scandaloso”, si liberò definitivamente e acquisì una definita autonomia teatrale per divenire una delle migliori teatranti italiane
 
Se pensate che la recensione appena letta sia lunga: vi risparmiamo la lista dei premi e dei commenti sullo spettacolo sciorinati in ogni dove; li potete comunque vedere al sito sopracitato

giudizio:



0

Commenti

Invia nuovo commento

Il contenuto di questo campo è privato e non verrà mostrato pubblicamente.
 
CAPTCHA
Questa domanda serve a verificare che il form non venga inviato da procedure automatizzate
Image CAPTCHA
Enter the characters (without spaces) shown in the image.