Nostalgia per l'estetica dei clip degli anni '80 nel nuovo spettacolo del coreografo Daniel Ezralow: sulla base di brani celeberrimi della storia della musica colta rimette in scena quella modern dance che divertiva i giovani di tre decadi fa. Corpi atletici e tinte che sembrano travasate dal video al palcoscenico
di Nicola Arrigoni
C’è voglia di conferme e leggerezza, c’è voglia di ‘tradizione’ e disimpegno al tempo stesso, e per un’ora e mezza ci si ritroa guardare un gruppo di danzatori che colorano di fantasia e di déjà vu lo spazio scenico con video e videoclip e qualche concessione alla sensibilità ecologista.
Open di Daniel Ezralow è il nostalgico centone di quella danza visiva che ebbe alla fine degli anni Ottanta i suoi capofila nei Momix e negli Iso – non è un caso che il coreografa abbia militato in entrambi i gruppi - e nell'Alan Parsons Dance, autori della cosiddetta coreografia atletico/contemporanea. Tutto ciò confluisce in Open, uno show multicolore che strizza l’occhio allo spettatore, frequentando un linguaggio coreografico neoclassico ma senza per questo rinunciare ad una modern dance che alla fine esce prepotentemente allo scoperto, nei saluti finali e nelle prove solistiche dei singoli Chelsey Arce, Dalila Frassanito, Santo Giuliano, Stephen Hernandez, Kelsey Landers, Re'Sean Pates, Marlon Pelayo, Anthea Young.
I quadri si costruiscono su un’antologia di pezzi celeberrimi della tradizione classica dai Notturni di Chopin, al Romeo e Giulietta di Prokovief, da Ponchielli a Beethoven, ad una Carmen giocata con pupazzini e ballerino en travesti. Questa colonna sonora fa da sostegno a una serie di situazioni: dalla palestra, alla vita frenetica di una sorta di commesso viaggiatore, dalla sfida pugilistica di due promessi sposi all’ecologica condanna dello spreco di energie e materie prime.
C’è di tutto in Open, ma soprattutto c’è la nostalgia di una vitalità dello stile degli anni Ottanta che qui pare un po’ raggelata, che rappresenta un puro svago, senza poesia ed emozione. Si avverte in un gioco stanco, a tratti ripetitivo che non scatta mai e, quando va bene, fa apprezzare al limite l'atletismo dei danzatori in scena. Ma in sala il pubblico risponde, si ritrova e "ululante" segue quei danzatori il cui corpo non fatica a trasfigurarsi nella proiezione video: la loro fisicità e la loro plasticità sono alla fin fine bidimensionale, ologramma di sudore e corpo prestato alla danza dell’occhio che Daniel Ezralow ha costruito e affinato negli anni in favore di telecamera, gestendo le coreografie di grandi show dello sport universale.
In tutto ciò l’occhio dello spettatore riposa e si accasa, trova l’anestetico di una bellezza colorata e che vuole stupire con effetti speciali che ricordano il tempo che fu; a tratti fanno anche tenerezza, confortati dal bisogno presente di sicurezza e conferme, che si possono recuperare negli anni in cui eravamo giovani e carini e spensierati.
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Open di Daniel Ezralow
Il resto della locandina: scritto da Daniel Ezralow e Arabella Holzbog, con DEConstructions Dance Company: Chelsey Arce, Dalila Frassanito, Santo Giuliano, Stephen Hernandez, Kelsey Landers, Re'Sean Pates, Marlon Pelayo, Anthea Young, costumi American Apparel, produzione Bags Entraintment, Cremona, Teatro Ponchielli
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