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RECENSIAMO TUTTO

L'inno al Signore

Non si dice ma soprattutto non se ne parla. Eppure la bestemmia ha avuto e ha molti esponenti illustri dalla storia della letteratura, del cinema e della tv. Dal medioevo fino ad oggi, una lunga tradizione (tutta cattolica) di "scambi confidenziali" con l'Altissimo


di Igor Vazzaz

 


In un paese in cui ogni dettaglio viene ingrandito a dismisura secondo convenienze politiche, vi sono fenomeni che, negli ultimi anni, hanno acquisito visibilità e centralità inusitate sugli organi di stampa. Tra questi, la bestemmia. Che a prorompere in esclamazioni blasfeme sia un concorrente più o meno famoso di un reality, un comico toscanaccio, un calciatore o, addirittura, il Presidente del Consiglio, il copione è sempre il medesimo: improperio – costernazione pubblica – scuse di prammatica. 
 
Mai che qualcuno si attenti a proporre una riflessione, pure minima, sul fenomeno, rintracciandone forme, cause, significati; cosa, per altro, che darebbe risultati interessanti. Innanzitutto, perché la pratica dell’insulto alle figure divine è, nella cultura occidentale, abitudine in gran parte italiana e tutta cattolica. Improntata al puro nomadismo linguistico, la bestemmia, che in toscana adotta come sinonimo il gustoso epiteto di moccolo (tipico cero presente in qualsiasi chiesa), ha una diffusione capillare nel “paese reale” e, seppur meno usata in alcune regioni, costituisce un tratto essenziale della nostra oralità popolare, al punto che gli immigrati la adottano immediatamente. Con una non secondaria particolarità: non ne assumono il contenuto religioso, l’aggressività rispetto a dio visto come causa di accidenti piccoli o grandi, ma la mera forma linguistica, l’esplosiva espressività verbale.
 
È l’espressione che conta, non il significato. Si vada in Istria, Dalmazia, terre irredente ove l’italiano è stato prima praticato e poi abbandonato, adesso utile solo a scopo turistico: ascoltando una comune conversazione tra persone di una certa età in un bar non si faticherà a riconoscere, incastonati nella peculiare eufonia dell’idioma autoctono, veri e propri bestemmioni di casa nostra che, a mo’ di obici, punteggiano il discorso, sottolineandone le crasi, i momenti salienti, le cesure.
 
L’aspetto esclusivo, in senso religioso, del moccolo ne è, forse, il tratto più sorprendente: si bestemmia in Italia, in alcune regioni della Francia, della Spagna e, a quanto pare, nel Quebec, regione francofona canadese. Tutte zone rigorosamente cattoliche: grande esclusa l’Irlanda, su cui pesa un imprinting linguistico di marca anglosassone e, quindi, del tutto estraneo al rapporto “verbale” tra uomo e dio implicato nell’imprecazione blasfema.
 
cioni.jpgIl punto, però, è lo statuto linguistico della bestemmia: nella storia dei processi per tale reato, molto diffusi in Italia sin dal medioevo, le accuse spesso non venivano dimostrate perché gli accusatori si rifiutavano di portare prove dell’avvenuta infrazione. L’accostamento di due semplici lemmi, dio e un animale, o un insulto, per chi ci crede ha un valore magico, formulare, indipendentemente dall’intenzione di chi le pronuncia, mentre per chi non ci crede sono solo due parole, uno sfogo linguistico e nulla più. Non è detto, infatti, che i bestemmiatori siano miscredenti o blasfemi, anzi: il moccolo non è una petizione teologica, un’affermazione filosofica, ma solo esplosione verbale, al limite, per alcuni studiosi, una rivolta contro un sistema di valori linguistici. 
  
È passato un trentennio dalla prima “comparsa” pubblica del moccolo: Leopoldo Mastelloni, estenuato dalle insistenti domande di una giornalista importuna, non resse e, in una domenicale diretta tv, segnò un punto fermo della nostra storia televisiva. Da lì, silenzio, e solo nell’ultimo decennio un’intensificazione che potrebbe far preoccupare, se non ne fossero abbastanza chiare le motivazioni: i mass media campionano direttamente il parlato, avendo perso l’abitudine di filtrare i messaggi, e queste ne sono le prevedibili conseguenze.
 
Ovvio che un’abitudine mai smessa come la bestemmia (ci si rechi in qualsiasi bar popolare o campo da calcio, specie in Toscana o nel Triveneto) sia affiorata, alla stregua di indesiderato ma innegabile fenomeno esistente. Pochi anni prima del porco mastelloniano, un giovane e vitalissimo Benigni, nei panni dell’indimenticabile Mario Cioni, proponeva, come prologo improvvisato del suo primo monologo teatrale, un’irresistibile fenomenologia del moccolo alla toscana, con spiegazioni, esempi, analisi tecniche: performance indimenticabili in cui, con fulminante comicità, s’invitava il pubblico a non prendersela a male per le bestemmie, segno di confidenza con dio, specie in ambito contadino. In fondo, diceva il Cioni, non senza ragione: “Sono inni al Signore”, con tutto il rispetto per chi se ne sente offeso. Di certo, dio, se esiste, ha parecchio senso dell’umorismo e ben altre cose cui pensare.



Tags: bestemmia, blasfemia, cattolicesimo, Igor Vazzaz, moccolo, recensione, religione, Toscana,
19 Novembre 2010

Oggetto recensito:

La bestemmia

Etimologia: dal greco blasphemia, discorso ingiurioso, oltraggioso
 
Diffusione: popolare in ambiti cattolici tra Italia, Francia, Canada e Spagna
 
Tradizione letteraria: dal Dante della Comedia al Divin Marchese de Sade, da Rabelais a Pier Paolo Pasolini, da Giovanni Testori sino a Jorge Amado che, in Dona Flor e i suoi due mariti, mette un’italianissima imprecazione in bocca, ovviamente, a un nostro connazionale
 
Tradizione mass-mediatica:
Mastelloni come pioniere, Francesco Baccini, Massimo Ceccherini e altri ancora come successori; da segnalare Guido Genovesi, concorrente di un’edizione del Grande Fratello, che esplose in una serie di bestemmie, fenomeno linguistico che in Toscana viene comunemente definito, non senza ironia, "rosario". Al cinema è celebre il caso di L’ora di religione (Marco Bellocchio, 2002), mentre a teatro si ricorda il gruppo Babilonia Teatri con il premiato spettacolo Made in Italy (2007)
 
Ultime acquisizioni: la Lega Calcio che, in mancanza di problemi più importanti, si occupa dei labiali di giocatori e allenatori. Rivolgere, invece, lo sguardo a curve e tribune sembrerebbe troppo impegnativo
  
Fenomenologia geografica: Triveneto e Toscana quali regioni leader del fenomeno. Restando in ambito linguistico, si può dire che se il Triveneto è la Germania del moccolo (tutto giocato su frequenza e ripetitività), la Tuscia ne è il Brasile
 
Fenomenologia limitata: la redazione e il direttore impediscono all’autore dell’articolo, per motivi legali, di fornire un’adeguata crestomazia antologica dell’oggetto analizzato

giudizio:



8.142003
Media: 8.1 (15 voti)

Commenti

buongiorno inge! sono i

buongiorno inge! sono i soliti cinquanta euri? ... maial!

Anche in Baviera si

9

Anche in Baviera si bestemmia.

dio tassista

dio tassista

Dio Vazzaz!

9

Dio Vazzaz!

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