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RECENSIAMO TUTTO - UNIVERSITA'

Non è mai troppo tardi

L'università della terza età in Italia: centinaia di sedi, decine di migliaia di iscritti. E il sogno di una istruzione che ci accompagna per tutta la vita


di Franco Milanesi


Un sistema scolastico pubblico ma non statale, dove gli insegnati sono volontari e soprattutto lo sono gli alunni, dietro i banchi non per necessità ma per un solo motivo: la voglia di apprendere, ascoltare, partecipare. Migliaia di ore di insegnamento erogate nell’anno. Un sistema diffuso sul territorio, ramificato fin nei piccoli centri. Alcune cifre: più di sessanta Uni3 nella sola provincia di Torino (ma la distribuzione delle sedi è sbilanciata, poche in Emilia e Veneto, molte in Basilicata, Piemonte e Puglia); circa 80mila partecipanti che da settembre a maggio si infilano in locali prestati da comuni e istituzioni per affrontare varie ore di lezione. Questa è, in breve, l’Università della terza età, dove si insegna, si ascolta, si discute alla luce di pochi principi aurei: gratuità, volontà, interesse e piacere.
 
Prendiamo il programma di un Anno accademico 2009-2010 in un piccolo paese della provincia piemontese, Bricherasio, meno di 5000 abitanti (ma potrebbe essere una Uni3 di Pachino o di Mantova). Certo, abbondano i corsi con finalità pratiche: “piante d’appartamento”, informatica, pasticceria, le immancabili ore di medicina. Ma troviamo anche francese e storia, film e religioni orientali. Gli insegnanti provengono dalle scuole e dalle professioni e non ricevono alcun compenso.
Dati questi presupposti, tutti nel segno della mediazione, del servizio, del volontariato culturale, è evidente che l’atmosfera sia molto più rilassata di quella scolastica e molto meno formale di una conferenza tradizionale. Tutti i moduli sembrano svolgersi in un clima particolarmente garbato. Alle volte fin troppo: bene non urlare, bene non strafare e soprattutto uscire dalla logica del compra-vendi (che siano oggetti o sapere). Ma sorge il dubbio che alle volte anche un po’ di “tensione” intellettuale rischi di essere sacrificata al bon ton, ad una comunicazione che pare avere come obiettivo prioritario l’aggiramento di ogni possibile asperità.
 
Le lezioni sono seguite dalle domande degli uditori, che rappresentano, ovviamente, la vera ricchezza delle Uni3. Se la diversità è in sé un pregio, allora i meriti di questi incontri, che si radicano nella tradizione delle libere università medievali (di fatto volute e gestite dai discenti), sono veramente tanti.
Tutti possono iscriversi, basta che lo facciano alla luce dei suddetti criteri. Nelle aule ci sono laureati e chi non ha mai avuto occasione per stare sui libri, attempate signore e trentenni. Le donne sono comunque in netta maggioranza anche se, garantisce la presidente nazionale Irma Maria Re – orgogliosa della superiorità numerica e forse pure qualitativa della sezione italiana – la tendenza è quella al bilanciamento di genere. Prossima alla bella utopia di una formazione ininterrotta, che letteralmente accompagni l’intera esistenza, l’Uni3 è una realtà forte che dice qualcosa del meglio che c’è in questo paese.   


Tags: alunni, corsi, Franco Milanesi, insegnanti, scuola, uni3, università,
08 Gennaio 2010

Oggetto recensito:

l'università della terza età

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7.02
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