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TEATRO

Dopo le spettacolari riletture di Annibale Ruccello, Arturo Cirillo si sposta oltreoceano con Lo zoo di vetro di T. Williams. Le claustrofobiche dinamiche familiari del testo sono sempre angoscianti, e gli attori strepitosi, ma un'interpretazione forse troppo letterale dà un risultato un po' didascalico


di Sergio Buttiglieri

Seguo da tempo Arturo Cirillo ed è, a volte, di una carica irresistibile, specialmente quando mette in scena i testi di Annibale Ruccello, come il recente strepitoso Ferdinando o il mitico Le cinque rose di Jennifer. Questa volta, alle prese con Tennessee Williams, uno dei suoi primi celeberrimi lavori, Lo Zoo di vetro, non ho ritrovato la stessa intensità cui ci aveva abituato. Il testo del '44 è noto, e tutti ci aspettavamo una rilettura più coraggiosa di questa famiglia imperfetta, zoppicante, piena di rimpianti, che sopravvive con il fantasma del padre inopina
18 Gennaio 2014