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ARTE

Giorgio Morandi come non l'avete mai visto

Il maestro bolognese è noto perché stava sempre in casa a dipingere nature morte e bottiglie. La mostra L'essenza del paesaggio ad Alba ci fa riscoprire la sua produzione "all'esterno", governata dalle stesse leggi intimiste


di Mirko Nottoli

 


morandi, paesaggio 1935.jpgChe ci sarà mai ancora da scoprire su Giorgio Morandi? Morandi, il pittore delle nature morte, il pittore delle bottiglie, il pittore dei quadri tutti uguali, il pittore noioso per definizione, quello che non esce mai da Bologna, quello che non esce mai dalla sua stanza di via Fondazza, circondato dai suoi vasi, dai suoi piattini, dai suoi bicchieri, dalle sue cianfrusaglie. Che dipinge e ridipinge in loop continuo.
 
E invece. Invece, la mostra Morandi – l’essenza del paesaggio, organizzata dalla Fondazione Ferrero, ci rivela un Morandi diverso, inedito, un Morandi che, a dispetto dei preconcetti, muta, cambia stile, ricerca, (di)vaga. E non è tanto per il tema proposto, già evidenziato nel titolo, visto che lo si sa che a fianco delle innumerevoli nature morte l’unico altro tema indagato da Morandi - se si escludono alcuni, pochi, ritratti - è proprio il paesaggio, genere che di per sé, al pari della natura morta, non costituisce certo una novità che consenta chissà quali spregiudicatezze.
 
Eppure, attraverso la selezione compiuta dalla curatrice, Maria Cristina Bandera (una delle massime esperte in materia, già artefice un paio di anni or sono della grande retrospettiva che il Metropolitan di New York ha dedicato al maestro bolognese) si scopre un artista dalle molteplici sfaccettature. Un artista che, seppur a suo agio chiuso all’interno della confortevole e ordinaria intimità domestica, fatta di rituali, monotonia, arie uggiose, gesti ripetuti e riflessioni lente e necessarie, non ha mai smesso di guardare fuori, di confrontarsi col mondo, di guardare oltre. 
 
A cominciare dalla piccola Nevicata del 1910 che apre la rassegna in cui un pittore appena ventenne realizza un quasi monocromo grisaille dalle atmosfere vagamente impressioniste. Per passare alle sintesi volumetriche proprie di Cézanne citato praticamente alla lettera nelle due tele del 1934 dove il monte Vigese nei pressi di Roffeno si staglia alla stregua del ben più famoso Mont Sainte-Victoire. Arrivando ad un’ opera come il Paesaggio del 1925 dai cui forti accenti chiaroscurali emerge un realismo affine a Corot. 
 
E poi c’è la vicinanza al gruppo Novecento: Ottone Rosai, Achille Funi, Ardengo Soffici, fino a raggiungere esiti quasi astratti che richiamano alla mente alcune diafane rappresentazioni di Maurice Denis dove gli oggetti e le loro ombre diventano un tutt’uno. Le ombre diventano oggetti e gli oggetti macchie di colore che si compenetrano e si giustappongono in una sorta di arabesco paratattico (Paesaggio,1935, sopra a sinistra). La mostra, che si avvale di prestiti provenienti da prestigiosi musei e collezioni private come la collezione Longhi o la collezione Brandi (cioè i maggiori interpreti e studiosi dell’artista), viene valorizzata al meglio da un allestimento elegante ed essenziale che esalta la purezza dei dipinti e si conclude acutamente con una natura morta. Perché sia evidente che per Morandi non è importante il cosa ma il come. Perché sia evidente che i paesaggi per Morandi sono nature morte e le nature morte sono paesaggi e tutto è comunque pittura, frutto di osservazione, meditazione e introiezione. Il modo di guardarli e renderli sulla tela è il medesimo.  
  
viafondazza.jpgOsservare una natura morta precedentemente e scrupolosamente composta su un tavolo e guardare un paesaggio così come si presenta incorniciato da una finestra sottostanno al medesimo procedimento. Non a caso i paesaggi di Morandi sono immobili, sospesi, inanimati, rigorosamente privi di qualsiasi essere vivente. Come le nature morte anche i paesaggi sono sempre gli stessi: la campagna di Grizzana dove si recava d’estate, i dintorni di Roffeno sull’Appennino emiliano e, ovviamente, il cortile di via Fondazza a Bologna (1956, a destra). Come nelle nature morte, le bottiglie e i soprammobili rimangono sempre gli stessi ma i quadri sono sempre diversi perché diverso è il modo ogni volta di guardare, diverso lo stato d’animo, diversa la percezione, diversa la domanda da rivolgere per tentare di penetrare l’eterno mistero che avvolge la cosiddetta "sicurezza degli oggetti".



Tags: alba, bologna, Fondazione Ferrero, Giorgio Morandi, Mirko Nottoli, nature morte, paesaggi, pittura, recensione,
30 Novembre 2010

Oggetto recensito:

Morandi - l'essenza del paesaggio, Fondazione Ferrero, Alba (CN)

Curatore: Maria Cristina Bandera
Fino a: 16 gennaio 2011
Orario: dal martedì  al venerdì dalle 15 alle 19; sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 19. Lunedì chiuso.
Ingresso libero
Info: www.fondazioneferrero.it
Catalogo: M. C. Bandera (a cura di), Morandi – l’essenza del paesaggio, 24Ore cultura, p.223, euro 25

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