• Seguici su:
SPECIALE VENEZIA 2012

Superstar, dentro la rete

Dalla mostra del cinema di Venezia attualmente in corso un titolo sulla sindrome di Andy Warhol che affligge i nostri tempi. Xavier Giannoli racconta la vita di un uomo qualunque di nome Martin Kazinski, senza un vero motivo diventato prima idolo e poi bersaglio del pubblico di web e tv. Tanta paranoia ma poca ironia... 


di Giovanni Desideri

 


Se state leggendo questo articolo, difficilmente sfuggirete al tipo di critica portato avanti da The Supersta, tra i primi titoli ad essere proiettati alla 69esima mostra del cinema di Venezia.
 
In quasi due ore, e con appena qualche momento di ironia, la pellicola indica la fine della privacy di cui sarebbero responsabili internet, la televisione e di riflesso certa informazione giornalistica. Una tesi decisamente apocalittica ma scarsamente originale, secondo cui non soltanto internet e la televisione sarebbero cattivi maestri, ma avrebbero ormai fagocitato "la vita" stessa. E se tutto questo vi fa riporta al vecchio detto di Wahrol secondo cui in futuro ognuno avrebbe avuto il suo quarto d’ora di celebrità, non temete: il film cita direttamente l’aforisma e compie diversi sforzi per svolgere la tesi; i principali social network vengono nominati una volta soltanto, ma internet moltissimo, con l'abbondante presenza di telefoni cellulari e smartphone, a smantellare il confine tra vita e finzione.
 
Lo spettatore viene spinto ad identificarsi con il personaggio principale, l’uomo qualunque Martin Kazinski, interpretato da Kad Merad, single quarantatreenne, la cui esistenza ordinaria viene sconvolta una mattina dalla popolazione di un vagone di metropolitana, che incomincia a filmarlo, fotografarlo e chiedergli autografi, in un’esplosione di isterismo collettivo. Il Superstar-venezia-69.jpgmeccanismo è soffocante e la rete prima e la televisione poi lo amplificano a dismisura: Kazinski diventa famoso suo malgrado, addirittura fino a perdere il lavoro, in un'officina in cui un gruppo di disabili ricicla materiale informatico. (Se a questo punto la storia ricorda il personaggio di Roberto Benigni in To Rome with Love di Woody Allen, sappiate che il regista afferma di aver raccontato lui la storia al collega newyorchese, e a scanso di equivoci il film è ispirato al romanzo L’idole di Serge Joncour, del 2005).

Kazinski viene anche portato in televisione. Il produttore dapprima è scettico, poi alimenta la tesi che vuole la Società dello Spettacolo come una creatura onnivora e gli offre di condurre un programma, interpretando il rifiuto dell’uomo come quella "spontaneità" che farà il successo del format: il dialogo tra i due rappresenta una delle rare scene esilaranti del film -nell’altra si vede una troupe televisiva soffermarsi sul maglione del protagonista, in un eccesso di feticismo decerebrato.
 
L’ascesa e il declino del protagonista vengono illustrati secondo una fenomenologia articolata, con contorno di brutture varie, legate al fasullo mondo della tv e dello showbusiness, e relative conseguenze sociali: quando la vita di Kazinski viene definita "banale" in tv si genera quasi una rivolta da banlieue, il sollevamento dei diseredati della terra, orgogliosi della loro banalità. Segue il tentativo di reclutare il malcapitato in feste e siti hard, il che lo porta alla rovina: da osannato passa a essere insultato per strada, mentre egli vorrebbe sempre e solo essere lasciato in pace. Saltato il tappo della privacy, la vita è comunque un inferno.
 
Non manca una parte dedicata ai sentimenti (la protagonista femminile è Cécile De France), ma altrettanto fasulli, conformi all’ambientino. I personaggi secondari offrono forse le prove più convincenti, a partire dallo stesso produttore, impersonato da Stefan Wojtowicz, o il travestito cui presta il volto Alberto Sorbelli. Quanto al protagonista, d'accordo che deve risultare il meno interessante tra gli esseri umani, ma rischia comunque di convincere pochissimo per la sua piattezza, rinvigorita appena da un paio di scatti d’ira.
 
Il risultato complessivo appare modesto: il film è lungo e poco avvincente. Riguardo all’idea di illustrare una tesi, ci sembra una scelta a forte rischio esercizio di stile, non destinato ad andare a buon fine. Sulla sociologia di internet esistono ormai molti saggi. E per le opere d’arte sull’argomento, meglio Infinite Jest di David Foster Wallace, che questo film fin troppo ossessionato dal web.



Tags: andy warhol, festival, Giovanni Desideri, Kad Merad, martin Kazinski, Mostra Cinema Venezia, superstar, To Rome with Love, Woody allen, Xavier Giannoli,
03 Settembre 2012

Oggetto recensito:

Superstar di Xavier Giannoli, Francia/Belgio 2012, 112 m

 

giudizio:



0

Commenti

Invia nuovo commento

Il contenuto di questo campo è privato e non verrà mostrato pubblicamente.
 
CAPTCHA
Questa domanda serve a verificare che il form non venga inviato da procedure automatizzate
Image CAPTCHA
Enter the characters (without spaces) shown in the image.