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TEATRO

Travestimenti e canzonette, torna l'Italia di Paolo Poli

Cambia il testo di partenza - due racconti di Anna Maria Ortese - ma lo spettacolo è quello di sempre. Il mare rinnova l'irresistibile galleria di volti e personaggi novecenteschi disegnati dal maestro ottantunenne: storie talvolta drammatiche ma interpretate con il solito, affilato senso dell'ironia
 


di Anna Colafiglio

 


PaoloPoli11111.jpegArduo parlare di una leggenda del teatro contemporaneo come Paolo Poli. Arduo, soprattutto, racchiudere in poche righe lo strabordante estro creativo di uno dei maggiori protagonisti del teatro del secondo Novecento. 
 
Ottantuno anni suonati, di cui più di sessanta consacrati alle fulgide glorie del palcoscenico, Paolo Poli torna alla ribalta con il suo nuovo spettacolo Il mare, dai racconti scaturiti dalla penna di Anna Maria Ortese tra gli anni Trenta e Settanta. Dopo Sei brillanti giornaliste del Novecento (2006) e Sillabari (2008, leggi la nostra recensione), il celebre teatrante fiorentino porta ancora una volta sulla scena un testo fatto di racconti brevi, di squarci di realtà, piccole finestre semiaperte sull’Italia novecentesca e sulle sue inezie piccolo-borghesi.
 
Brevi parabole di quotidiana esistenza e di quotidiani malesseri, che Poli dona al suo pubblico con quella grazia e quella leggerezza che sono peculiari del suo fare teatro; irresistibili interpretazioni en travesti di marchese, signore d’alto bordo e malinconiche donnine in abito da sera, e poi ancora toreri e bersaglieri: una galleria di estrosi e tragici personaggi che si muovono sui fondali di Emanuele Luzzati, ispirati ancora una volta ai grandi temi e alla grande pittura del Novecento.
 
A fare da spalla al maestro, questa volta con un raggio d’azione di gran lunga superiore rispetto al solito, Mauro Barbiero, Fabrizio Casagrande, Alberto Gamberini e Giovanni Siniscalco; ironici e caricaturali nelle loro coreografie da varietà, magistralmente agghindati con gli eccentrici costumi ideati da Santuzza Calì, zampettano sulle note di italiche canzonette demenziali (Come prima, Mambo italiano, Amor amor amor, Legata a un granello di sabbia, solo per citarne alcune). Siparietti e quadri che, alternandosi, tratteggiano l’immagine di una realtà popolare, con i suoi svaghi e i suoi drammi: accanto alle chiassose coreografie troviamo storie di vite dolenti, come quella della piccola Eugenia quasi cieca che, quando indossa gli occhiali, non riesce a sostenere la bruttezza del mondo che la circonda; come quella dell’uomo malato terminale che, in punto di morte, scopre di essere il destinatario di una lauta eredità. Eppure, Poli riesce a tradurre il dramma in leggera e sognante malinconia; invece di insistere sul tragico, lo rende ilare.
 
Il-Mare.jpgNonostante l’estro travolgente del maestro, Il Mare risente però di una palese somiglianza con i citati spettacoli precedenti: somiglianza strutturale e scenica, di impianto narrativo e finanche di ambientazione. Perché è sempre la piccola e mediocre Italietta novecentesca ad essere messa sotto le luci della ribalta. Difficile riscontrare, ne Il mare, lo stesso vigore, la stessa verve turbinante e la stessa fulgida vitalità di uno spettacolo come Sei brillanti giornaliste del Novecento. Il mare sembra un piccolo duplicato dei suoi predecessori, che, ferma restando l’indiscussa maestria di Poli, possiede il difettuccio di tutti i duplicati: un inesorabile affievolirsi dei caratteri, che vanno a perdere quella vena viva e pulsante che, precedentemente, li aveva contraddistinti.
 
Tuttavia, Paolo Poli si conferma quella superlativa primadonna che è sempre stato; colui che, dal suo inattaccabile pulpito di grazia e raffinatezza, riesce ad affrontare la dimensione del tragico e del licenzioso assieme, senza scomporsi. Chiude Il mare in bellezza, omaggiando il suo pubblico con una Ballata del cavalier discortese (di Olindo Guerrini) impudica e scollacciata, venendone fuori incredibilmente composto e indenne. Il suo maggior pregio risiede proprio qui, in questa ironia tagliente, in questa capacità di attraversare il dramma e il politicamente scorretto con quel fare leggero e aggraziato che allibisce e diverte insieme. Un finale col botto, con cui sembra dire, ancora una volta, “rimpianti non ne ho, e neanche rimorsi. Io mi sono divertito”.



Tags: Alberto Gamberini, Anna Colafiglio, Fabrizio Casagrande, Giovanni Siniscalco, Il mare, Mauro Barbiero, paolo poli, recensione, Sei brillanti giornaliste del novecento, sillabari,
07 Gennaio 2011

Oggetto recensito:

Il mare, di e con Paolo Poli, da Anna Maria Ortese

Tourneè: Milano, Teatro dell’Elfo Puccini, fino al 9 gennaio; Roma, Teatro Eliseo, dallo 11 gennaio al 6 febbraio; Napoli, Teatro Bellini, dallo 8 al 13 febbraio; Reggio Calabria, Teatro Cilea Comunale, 18 e 19 febbraio; Livorno, Teatro Goldoni, 7 e 8 marzo; Imperia, Teatro Cavour, 10 marzo; Palermo, Teatro Biondo Stabile, dal 18 al 29 maggio.
 
Il resto della locandina: regia di Paolo Poli, scene di Emanuele Luzzati, costumi di Santuzza Calì; consulenza musicale di Jacqueline Perrotin; coreografie di Claudia Lawrence. Produzioni teatrali Paolo Poli
 
Testi di partenza: Angelici dolori (1937) e Il mare non bagna Napoli (1953), di Anna Maria Ortese
 
Citazione 1: “Senza tragedie, senza i cattivi non c’è storia. Prendi Tolstoj con Anna Karenina: una stupida, una puttana, lascia il bambino, lascia il marito…ma ti ci affezioni, la adori. Lo sapeva anche il Padre Eterno: quando si accorse che Adamo si annoiava gli creò la moglie, una rompicoglioni, che però ha fatto andare avanti la storia. Nei romanzi ci vogliono i cattivi. La bisbetica quando è domata finisce la commedia”.
 
Citazione 2: “La gente è abituata dall’orrenda televisione a vedere cassetti che si aprono, porte che sbattono, macchine che si rincorrono, oppure una poliziotta coi tacchi che sgomina la mafia in cinque minuti, un prete buonissimo che risolve tutti i casi di coscienza, un maresciallo bravissimo, una commessa deliziosa in mezzo a noi…e quello passa per la realtà. Allora meglio un po’ di parrucche di tutti i colori”.

giudizio:



8.505
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