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FILM

Animal Kingdom, sparatutto al ralenti

Un feroce romanzo criminale, ma girato con la lentezza tipica dello stile Sundance festival (dove è stato premiato). E' l'ottimo esordio di David Michod, cronista di nera in Australia 


di Simone Dotto

 


images.jpgBrutta storia quando una rassegna nata per premiare le nuove tendenze “indipendenti” finisce col diventare a sua volta uno standard, un marchio di fabbrica. E’ quel che è successo al Sundance Film Festival di Robert Redford, in passato eccellente trampolino di lancio per nomi quali Coen, Haynes e Solondz ma che da un po’ di anni a questa parte licenzia lavori che si rifanno a un’estetica dell’”indipendenza” omologata: quella fatta di set e sceneggiature scarne, di storie rigorosamente “intimiste” e di interminabili silenzi piazzati lì ad arte.
 
Vincitore del World Jury Awards all’edizione 2010, l’australiano Animal Kingdom è una (parziale) eccezione alla regola. Non foss’altro perché, trattandosi di un thriller (o, meglio, di un noir che non risparmia in ammazzamenti) ha poco tempo a disposizione per guardare all’ombelico ai suoi personaggi. Il primo cadavere ce lo troviamo già nella scena iniziale, pronto ad accoglierci dal divano: viene fuori che la madre di Josh, detto J, è morta di overdose mentre guardava la televisione accanto al figlio. Senza fare troppi drammi, il giovane si trasferisce a casa della nonna persa di vista da un pezzo: lì ritrova un’allegra congrega di zii, ancora attaccati alle sottane della mamma, malgrado le età mature e le carriere ben avviate nel campo della microcriminalità.
 
Comincia quindi uno strano susseguirsi di omicidi e scenari domestici: di regolamenti di conti nel supermercato all’angolo, di piani criminali progettati in pantofole, di appostamenti in cucina e inseguimenti nel giardino, di irruzioni della polizia accolte con annoiata indifferenza, quasi fosse un’altra visita di quel rompiscatole del vicino che viene a chiedere lo zucchero. Un particolare senso di “familiarità” e confidenza con le tempistiche della malavita, restituito da un ritmo che è tutt’altro che adrenalinico - ed è giusto qui che riemerge la vena “Sundance”. Scomodare il nome di Peckinpah, come qualcuno ha già fatto per indicare un paio di scene al ralenti, è un’esagerazione - considerando anche quanto lo stesso effetto sia sdoganato nel linguaggio delle serie tv. In un certo senso, poi, qui è l’intero film ad essere “al rallentatore”, indolente e quasi intontito di fronte alla tragicità degli eventi: uno sparatutto sotto sedativi.
 
Se una volta questa lentezza generale trova una giustificazione che non sia la solita scusa del “cinema di riflessione”, questa sta nei contenuti. La teoria che il regista David Michod sembra aver maturato, in tanti anni da reporter di cronaca nera a Melbourne, è che sia un pesante senso di fatalismo quello che consegna intere famiglie di malviventi al loro destino. A fare fede - come da titolo - è la legge del branco. I fratelli Cody si inseguono, si malmenano, si tradiscono e addirittura si uccidono l’un l’altro e poi tornano tutti a casa come se niente fosse: la camera ce li mostra mentre scappano dalla polizia, correndo per i campi come animali che fuggono da una battuta di caccia. Le persone stanno dove stanno e fanno quel che fanno, dice Josh, e non si pone altre domande. La cattiva coscienza non c’entra: può anche capitare di arrivare a uccidere qualcuno per questioni di abitudine, per inerzia.
 
Non è un film di denuncia, Animal Kingdom, almeno non di quelli che condannano la “famiglia media” come origine di tutti i mali: Michod non è il tipo che alza la voce e si guarda bene dal puntare il dito contro questo o quel colpevole in particolare. Eppure, quando per smarcarsi dall’ultimo lavoro sporco dei parenti, J dice al detective Guy Pearce che all’ora dell’omicidio lui “stava in casa”, le sue parole suonano come un’ammissione di colpa più che come un alibi.
 



Tags: animal kingdom, australia, cronista di nera, David Michod, romanzo criminale, Simone Dotto, Sundance festival,
11 Novembre 2010

Oggetto recensito:

Animal Kingdom, di david michod, australia 2010, 113 m.

 

giudizio:



8.01
Media: 8 (2 voti)

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