L'interminabile saga arriva al sesto capitolo, per la regia di Kevin Greutert. Questa volta è il detective Hoffmann a giocare nel ruolo dell'enigmista Jigsaw, mettendo a punto una terribile macchina mortale chiamata la Giostra. Abbiamo provato a vedere il film in anteprima, ma abbiamo resistito poco
di Andrea B. Previtera
Ormai è ufficiale: il ventunesimo secolo ha trovato la sua, uhm, gallina dalle uova insanguinate (che Dio mi perdoni), il suo Halloween o Nightmare che dir si voglia. Da mungere e mungere e mungere ancora - se mai una gallina può essere munta. Così, se pure il burattinaio dietro le quinte delle truculenze della saga è cadavere (e che cadavere) da un paio di episodi, ecco un altro appuntamento con questa serie che – rispetto ai corrispettivi degli anni 70 – 90, non concede alcuna parentesi umoristica e ci prepara al peggio fin dal sorriso della maschera staccabiglietti.
Ecco, io a dire il vero il biglietto non l’ho staccato. Con il passo spensierato e fischiettevole dell'accredito stampa me ne sono andato in una tiepida sera di fine maggio a vederlo in anteprima e senza esborso, ma se anche l’accesso alla sala mi fosse costato una coda e una banconota, vi garantisco che avrei fatto ugualmente quel che ho fatto: andarmene dopo una ventina di minuti. Seguono sdegno e sollevamento popolare – ma datemi la possibilità di arrivare al clic su Salva con nome e poi mettetemi pure alla gogna se ancora vorrete.
Dunque. C’è qualcosa, in questa nostra eccezionale natura, che ci guida ad apprezzare più o meno con gli stessi sommovimenti biochimici la Notte Stellata di Van Gogh e le Quattro Stagioni di Vivaldi, ma anche una scivolata spezzafemore di Rooney. Qualche volta ci fa fermare ad osservare un riccio reso bidimensionale dal passaggio di una macchina, e un paio di migliaia di anni fa ci portava in massa su degli spalti a commentare come questo o quel cristiano venisse sbranato da una qualche fiera.
E’ questo il morbido ripieno di Saw, un piede da 6 anni nella porta di quell’angoletto mediobuio dello spirito umano. Poi, certo, c’è la croccante panatura di una storia di complessità crescente, delle giustificazioni morali, della messa al muro dei confini tra bene e male e bla bla bla bla (era tanto tempo che volevo concedermelo).
Sei anni e sei titoli, non privi – sia detto – di alcuni meriti: Jigsaw, l’enigmista, è un cattivo complesso e profondo, destinato a rimanere nel firmamento dell’horror nei secoli dei secoli, e che come la Settimana sua quasi omonima, “vanta innumerevoli tentativi di imitazione”. Tuttavia venti minuti bastano.
Bastano ad esempio a ripercorrere la dinamica immutabile dell’apertura-shock, della descrizione – da parte della solita voce scorporata con volto di burattino dalle orbite cave – del funzionamento di raffinate macchine sventratrici. Poi si passa a conoscere le colpe delle vittime, in genere ree di aver sprecato la loro vita o leso quella degli altri. E dunque, come dicevano a Giochi Senza Frontiere: "attention, une, deux, trois"... parte il tempo, e per una manciata di minuti tratteniamo il fiato e il pranzo.
Bastano a rendersi conto che con Saw VI, la saga diventa in pratica una serie tv ad alto costo di produzione e lunghi tempi di gestazione, in cui ogni episodio dura un paio d’ore. I meccanismi sono tutti lì, in quel primo breve segmento: lo schema già esposto e reiterato, ma anche e soprattutto l’imprescindibilità dalla visione dei titoli precedenti. Le clip riciclate si sprecano, mancano davvero soltanto un “nella scorsa puntata...” in principio ed il saluto finale della conduttrice con rimando alla settimana successiva.
E così ho lottato con gli sforzi di stomaco per questi venti minuti, che bastano – credetemi – bastano veramente. Pur destreggiandomi con le crittografie e i monoverbi ogni settimana, sono riuscito a malapena a seguire le complicazioni della trama, che risulterà sì davvero un enigma per chi non abbia messo da parte almeno gli ultimi tre Jigsaw. Un dubbio, mi è rimasto: forse la produzione incatena a delle macchine assassine, in competizione per la vita, anche i responsabili degli effetti speciali e del montaggio: tanto l’impegno dei primi nel farci tornare a casa alleggeriti di qualche etto, quanto il tentativo dei secondi di rendere più tollerabile il carosello di mutilazioni iperrealistiche con tagli sapienti alle inquadrature.
Venti minuti bastano. Io ora clicco e salvo... salvate anche me, se potete. Non vorrei perdermi tra qualche mese i primi venti del già annunciato Saw VII, che a quanto pare si avvarrà della ripresa di fluidi e frattaglie con tecnologia 3D: ripensandoci meglio, sarà tanto arrivare al quarto d’ora.
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Saw VI di Kevin Greutert, USA 2009, 90 m
NB: questo articolo è totalmente opera di fantasia. Nel senso che il recensore, al contrario di quanto dichiarato (e desiderato), non ha interrotto la visione dopo i primi 20 minuti
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