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MUSICA JAZZ

Italian Instabile, precari a lungo termine

In tempi di tagli alla cultura, c'è anche chi riesce a fare di necessità virtù: l'orchestra fondata da Pino Minafra, sempre poco apprezzata in patria, festeggia vent'anni di attività "in bilico" tra jazz, tradizione colta e popolare. L'ultimo Totally gone, ce li restituisce un po' più italian e un po' meno instabili del solito


di Marco Buttafuoco


INSTABILE+Orchestra.jpg“L’idea - dice Pino Minafra, fondatore della Italian Instabile Orchestra – era di mettere insieme alcuni dei più creativi musicisti italiani, personalità che avessero nello stesso tempo una cifra stilistica originale e la capacità di elaborare un nuovo linguaggio nel rispetto delle nostre tradizioni e dell’attualità. Un pool di musicisti capaci di avere una sana distanza dal linguaggio americano a cui dovevamo rispondere per difendere le nostre identità e la nostra storia“. Quell’idea non è invecchiata. Eppure sono passati ventuno anni da quando questo gruppo eccezionale mosse i primi passi.
 
L’Instabile, ci mancherebbe altro, è molto più nota all’estero che non in Italia. Trascurata in larga misura dal circuito dei festival di casa nostra, è riuscita tuttavia nella sua lunga esistenza a coinvolgere personaggi storici dell’avanguardia afro-americana come Cecil Taylor ed Antony Braxton e ad attirare l’attenzione di prestigiose etichette internazionali come la ECM e la Enja. Ma è inutile tornare sulle annose questioni del provincialismo italiano e della superficialità delle nostre istituzioni culturali. Sono porte già sfondate. 
 
All’ascoltatore curioso ed esigente non resta dunque che scoprire l’Instabile ascoltando questo disco che il gruppo ha pubblicato proprio per celebrare i primi vent’anni di vita. Dopo le esperienze con i già citati maestri e il non esaltante London Hymns l’orchestra vira verso un suono più italiano. Totally gone inizia con tre leggere danze firmate da Giovanni Maier e termina con la sciroccata rivisitazione di uno standard come It had to be you, affidato al canto roco e improbabile di Sebi Tramontana. Fra questi due brani ne scorrono altri sei dove si sente di tutto; un mix ironico e clamoroso di musica napoletana antica, suoni di banda di paese, atmosfere alla Nino Rota, jazz propriamente detto, sequenze di improvvisazione libera e totale, novecento “colto”. 
 
Ma a differenza di precedenti incisioni (la straordinaria Skies of Europe, ad esempio) in questo disco la dialettica fra le radici freejazz dei musicisti del gruppo e la fedeltà ad una cantabilità italiana è meno aspra: la musica si raggruma di meno, scorre più leggera, non appicca incendi. Totally Gone è un disco intriso di una specie di lirica ironia, di un’allegria malinconica ("Folle saggezza" ha giustamente scritto Stefano Merighi). Certo, lungo tutti i settantadue minuti dell’incisione i solisti e il gruppo si divertono a sfregiare la tela musicale o, per esser più esatti, a gettare colori sempre nuovi e vividi sul loro affresco sonoro. Totally gone ricorda proprio le pitture murali dei writers, ricche di stratificazioni, di materiali disparati, di astrattismo narrativo. 
 
Insomma, l’Instabile questa volta graffia di meno, meno dissacrante del solito, meno visionaria, anche se il disco si ascolta ugualmente volentieri dal primo all’ultimo minuto, proprio per la sua “leggerezza”. Aspettiamo i nostri ad una prossima prova. Li salutiamo con una citazione da Nietzsche: “Si deve avere ancora del caos dentro di sé per generare una stella che danza. Io vi dico: avete ancora del caos in voi”.



Tags: Antony Braxton, Cecil Taylor, jazz, Marco Buttafuoco, orchestra, orchestra instabile, Skies of Europe, Totally gone,
06 Aprile 2011

Oggetto recensito:

ITALIAN INSTABILE, TOTALLY GONE, RAI TRADE 2010

giudizio:



8.01
Media: 8 (10 voti)

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