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MUSICA - SPECIALE ESTATE

Nove dischi per l'estate

La nostra consueta proposta di vacanza musicale in un viaggio che attraversa i generi: dal pop all'etnica, dall'etnica al jazz e dal jazz verso nuovi orizzonti. Per recuperare tutto quello che non abbiamo avuto il tempo di ascoltare


di Dario De Marco


E la chiamano estate. Diciamo piuttosto che è una scusa per recuperare, per ascoltare quelle musiche passate sotto silenzio nei mesi scorsi, ma che non è il caso di dimenticare. Per vari motivi, e per tutti i gusti: dal pop-rock all’etnica, dal jazz all’indefinibile
 
POP-ROCK

Eddie Vedder, Ukulele Songs, Universal
copertinaEddieVedderUkuleleSongs.jpgIl leader dei Pearl Jam accompagnato dal solo chitarrino hawaiano, noto ai più per l’interpretazione di Marilyn in A qualcuno piace caldo. È una bella sorpresa: infatti da un lato il timbro dell’ukulele si sposa benissimo con il vocione baritono di Vedder, che rispetto all'impeto dei vent'anni ha perso un po' di potenza, pur restando singolarmente caldo e penetrante. Dall'altro il disco dimostra la vasta gamma di possibilità che uno strumento così piccolo offre: si va da schitarrate di impatto quasi rock a dolci arpeggini, da ballate sentimentali a un bell'uso degli accenti folk. L'album scorre veloce e intrigante, tra brani originali e rifacimenti di vecchie song (ma c'è anche una curiosa cover dagli stessi Pearl Jam), tra la maggior parte di pezzi in splendida solitudine e qualche duetto (intenso quello con Cat Power). Non è l’atteso vero disco solista di Vedder? Pazienza. Anzi, meglio così.
 
Naked Truth, Shizaru, Rare Noise Records
copertinanaked-truth-cover.jpgNuovo gruppo fondato su impulso del bassista Lorenzo Feliciati, sessionman di lusso per i migliori musicisti italiani, ma a formazione internazionale: gli altri componenti del quartetto sono infatti Roy Powell, tastierista inglese che ha lavorato tra gli altri con Anthony Braxton, Cuong Vu, trombettista vietnamita già a fianco di Pat Metheny, Laurie Anderson e David Bowie, e Pat Mastelotto, batterista dei King Crimson e di Stickmen, il trio di Tony Levin. E già si intuiscono le coordinate musicali: è un album strumentale, in cui molto del sound complessivo è definito dal poderoso percuotere di Mastellotto e dalle tastiere di Powell. Il quale, dall'ampia tavolozza che ha nella sua disponibilità, sceglie spesso armonie aspre e distorsioni più chitarristiche, riservando a momenti di passaggio dei voli di piano elettrico che citano la protofusion anni '70. Se è rock, è quel rock mentale e strutturato che non a caso ricorda Fripp e il Re cremisi. Se è jazz-rock, è però senza improvvisazioni megalomani e lunghi flussi di coscienza basati su un solo accordo o riff. È un jazz-rock controllato, con frequenti cambi di tempo e mood, in cui non c'è pericolo di annoiarsi o perdere il filo. E a rendere il tutto contemporaneo, una spruzzata di elettronica: dove l'ormai onnipresente dub è più che altro una suggestione che ricorre in certe parti basate sull’iterazione.
 
Raiz, Ya!, Universal
copertinaraiz-ya_jpg___th_320_0.jpgUn grande artista, un passo falso incredibile. E ancora più sconcertante se paragonato al precedente Uno. C’è l'ambizione di creare un suono globale, che appartenga a tutti i luoghi e a nessuno, come dichiara uno dei primi versi della prima traccia a mo' di epigrafe e manifesto, “tra Parigi Casablanca e il niente”. C’è l'intenzione di muoversi tra due poli: da un lato quello etnico mediterraneo frequentato nelle tante collaborazioni di questi anni, da Teresa De Sio a Luigi Cinque, per non parlare del sodalizio con i Radicanto (presenti in quasi tutte le tracce del disco); dall'altro l’elettronica, la dance e il dub, la Giamaica e l'anima moderna, da cui nasce la partecipazione dei Planet Funk. Insomma quello stare a metà tra la tammurriata dell'agro nocerino-sarnese e i Massive Attack, che è stata la cifra del Raiz a pensarci bene da sempre, fin dai tempi degli Almamegretta. Ma queste buone intenzioni si disintegrano dal primo ascolto. L'aspetto dance prevale di gran lunga, con una concezione elettronica antica: la grancassa assordante e implacabile che copre quasi tutto, certi effettazzi ed echi alla voce che non si sentivano più dalle discoteche degli anni '80. Certo la vena compositiva è sempre quella, certo la voce di Raiz resta profonda, affascinante e ricca di sfumature. Ma le canzoni sono annegate in questi arrangiamenti assurdi, e gli stessi testi (che siano in inglese, ebraico, napoletano o italiano) non evitano frequenti cadute nel banalotto. 
 
 
ETNO-WORLD

Nando Citarella e i tamburi dal Vesuvio, Magna Mater, Alfamusic
copertinanandocitarella.jpgDa più di quindici anni Citarella parte dalle tammurriate di area vesuviana per incrociare i ritmi di ogni luogo, e ogni tempo. Nell'ultimo cd ogni traccia, breve o lunga che sia, è una vera e propria suite, che contiene almeno due brani diversi - allineati o incastrati – insieme a inserti recitati e a passaggi strumentali. Di solito si tratta di un accostamento tra una canzone più o meno tradizionale, più o meno nota, a marchio Sud Italia, e un brano “altro”. La selezione della prima categoria è originale e gustosissima: una Carpinese da brividi, una tipica tammurriata a doppio senso, una Tarantella di San Michele, un canto a fronna, una più classica Palummella zompa e vola, una stupefacente E vui durmiti ancora. Ma è nella scelta degli accoppiamenti che il disco fa il salto di qualità: l'antica villanella Sta vecchia canaruta uno se la può pure aspettare, anche se è un recupero da applausi, ma poi vengono la Serenata di Mascagni, Reveille-toi dalle 5 melodie popolari greche di Ravel, La canzone di Marinella. Il tutto senza effetto compilation, ma anzi benissimo amalgamato dagli arrangiamenti e dalle composizioni originali di Citarella. C’è anche un dvd, con molte altre canzoni riprese da una magnifico spettacolo dal vivo. 
 
Mafalda Arnauth, Fadas, Autoproduzione/Egea
copertinamafalda_fadas.jpgNonostante in Portogallo negli ultimi anni siano uscite molte splendide voci che partono dalla musica tipica di Lisbona per allontanarsene, anche il fado tradizionale continua a produrre degnissime interpreti. Mafalda Arnauth è una di queste, e Fadas è un ottimo esempio di come una musica possa essere attuale e classica. “In Fadas - spiega Mafalda - ho deciso di cantare alcune di quelle voci, donne uniche, magiche”. Sono le colonne portanti della musica portoghese, Hermínia Silva, Fernanda Baptista, Celeste Rodrigues e Beatriz da Conceição, oltre ovviamente ad Amália Rodriguez. L'omaggio parte sin dal nome del disco: fadas sembra una versione femminile del fado, ma significa "fate". I brani d'epoca, la voce piena d'incanto, le corde che disegnano armonie delicate. Tutto contribuisce a creare l'atmosfera magica di una musica che non ha tempo. E gli innesti di strumenti "moderni" come la fisarmonica o il sassofono non stonano, perché lasciati discretamente sullo sfondo, amalgamati al resto. Come pure sembra un passaggio del tutto naturale quello che non solo è un cambio di genere ma persino di lingua, nel brano finale: Invierno Porteño di Astor Piazzolla. Magia del fado. 
 
Riccardo Tesi e Banditaliana, Madreperla, Viavai/Materiali Sonori
copertinariccardotesi_madreperla.jpgÈ il traghettatore dell'organetto diatonico dalle polveri del liscio alla modernità dell'etno-jazz-eccetera. Suona questo strumento genuinamente popolare con impeccabile perizia tecnica (pistoiese, in fondo al suo sound si percepisce sempre un po' di appennino tosco-emiliano) e insieme audacia interpretativa negli accostamenti. Nella sua carriera ha incrociato i generi e gli artisti più vari. Ma ciclicamente, Tesi ritorna nella casa di Banditaliana, il superlativo quartetto da lui fondato nel 1992, e che al formidabile esordio eponimo (del 1998) fece seguire Thapsos nel 2000. Ora è uscito Madreperla, che ripropone in modo puntuale tutte le migliori frecce all'arco del gruppo. Innanzitutto il bell'impasto di sonorità, dovuto all'incontro dello strumento del leader con i sassofoni di Claudio Carboni, la chitarra e la voce di Maurizio Geri, le percussioni di Gigi Biolcati: tutti musicisti accomunati dal una formazione sospesa fra tradizione montagnina e jazz, repertorio da balera e improvvisazione. Consueta è anche l'alternanza tra sbilenchi strumentali e pezzi cantati. A farsi sentire sono un coacervo di riferimenti e suggestioni, che fanno di Banditaliana una delle colonne portanti della musica etnica contemporanea in Italia, un gruppo “naturalmente” world.
 
  
JAZZ E OLTRE

Cyminology, Saburi, ECM
copertinaciminology.jpgCyminology. Così, facendo il verso a un leitmotiv jazz (le varie Ornithology, Bluesology ecc.) si chiama il gruppo di Cymin Samawatie. Lei è nata, nel '76, in Germania da genitori iraniani. La affiancano, in quello che ha tutta l'aria innocente di un piano trio più voce, il tedesco nato in Francia Benedikt Jahnel (piano), il tedesco Ralf Schwarz (contrabbasso) e l'indiano Ketan Bhati (batteria). L'ensemble è già al quarto album, e con Saburi raggiunge vette sublimi. La svolta, come la stessa Samawatie ha raccontato, c'è stata quando ha deciso di cantare in farsi, il nobile idioma persiano. Questa semplice idea si è portata dietro a cascata una serie di conseguenze: sul modo di comporre innanzitutto, ma anche su quello di cantare e interpretare i pezzi. Senza essere filologia classica, i testi sono ispirati a poesie di Rumi e Hafiz. Senza riproporre pedissequamente gli stilemi di una tradizione musicale rigidamente codificata come quella persiana, i brani conservano qualcosa di quell'imponenza, di quel fascino allo stesso tempo esotico e severo (tanto diverso ad esempio dagli accenti così estroversi e sensuali della musica araba). È un fascino che cattura subito, fin dalle prime note di piano di Sibaai, un sereno midtempo in 7/8. Ma è una musica che lasci spiazzati, privi di riferimenti: gli strumenti sono del jazz, ma non è jazz; le canzoni sono in una lingua esotica, ma non è world; le melodie e gli arrangiamenti sono contaminati, ma non è fusion. Che cos'è? È musica, basta.
 
Baap!, Sweet Dreams baby, Monk Records
copertinabaap.jpgÈ in verità uscito addirittura alla fine dell’anno scorso, ma vale la pena parlarne sia per fare ammenda del fatto che ci fosse sfuggito, sia perché l’etichetta è piccola ma bella e merita sostegno. Il leader del quartetto è il trombonista Tony Cattano gli altri sono Giacomo Ancillotto alla chitarra, Roberto Raciti al contrabbasso e Maurizio Chiavaro alla batteria, componenti di un misterioso collettivo romano detto Franco Ferguson. Quest'ultimo particolare, insieme agli insoliti movimenti che si racconta compiano durante le esibizioni live, agli ironici riferimenti nel booklet, al titolo e a tutta la grafica di copertina che rimandano al mondo dei fumetti, connotano il progetto con una certa aria di dadaismo. Manco a dirlo però, tutto questo scherzare poggia su solide basi musicali, pur se intrise di un umore coerente con l'impostazione detta: e allora vai con i rimandi alla musica per film, all'improvvisazione radicale europea; e vai col citazionismo al quadrato, come nel caso delle gravi marce da funerale che affiorano ogni tanto, dove il richiamo non è tanto a New Orleans quanto a Mingus ed Ellington che richiamano New Orleans.
 
Ricardo Villalobos e Max Roderbauer, Re: ECM, ECM
copertinareecm.jpgL'operazione si presenta come storica già dalle premesse. È noto infatti che le registrazioni della casa tedesca, benché ormai si contino nell'ordine delle migliaia e abbiano da due anni festeggiato addirittura il quarantennale, rappresentano comunque un discorso coerente e armonico, una sorta di corpus mistico, per una serie di motivi: il fatto di essere tutte prodotte dal dominus Manfred Eicher, il sottostare a una certa estetica minimalista e “nordica”, sia come grafica che come sound. Sottoporre questo corpus alla revisione di un dj è un'idea che da un lato sa di autocelebrazione, dall'altro di coraggiosa messa in discussione, quasi autoironica. Ancora più curiosa è la scelta dei pezzi da remixare, che evita le hit Ecm per dare ampio rilievo a pagine cosiddette minori, se pur notevolissime. Su 17 brani (ebbene sì, è un cd doppio) ben 5 sono di Christian Wallumrød e 4 di Alexander Knaifel, e spunta persino il neoclassicismo contemporaneo di Arvo Part, anche se poi ci sono ispirazioni più schiettamente jazzistiche (Sclavis, Abercrombie, Rava/Bollani/Motian, Vitous). Chiaramente il giochino sarebbe recuperare gli originali e fare il confronto, vedere quanto rimane, quanto è rimasticato e quanto è aggiunto ex novo. Invece la vera sfida è ascoltarli “come se fossero” pezzi autonomi, per apprezzare fino in fondo un vero capolavoro



Tags: baap!, Cyminology, Dario De Marco, ecm, Eddie vedder, mafalda arnauth, Max Roderbauer, Naked Truth, Nando Citarella e i tamburi del vesuvio, Raiz, Rcardo Vilalobos, recensione, Riccardo tesi e Banditaliana,
27 Luglio 2011


giudizio:



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Media: 7.7 (44 voti)

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