Un'ambigua "storia d'amore" pesa sul passato di un uomo ormai anziano e della giovane donna protagonisti nel copione di David Harrower. Lluìs Pasqual dirige le magistrali prove d'attore di Massimo Popolizio e Anna La Rosa in una pièce mai completamente risolta, che lascia l'ultima parola allo spettatore
di Nicola Arrigoni
foto di David Ruano
"Con quante dodicenni sei andato a letto?", chiede la donna all’uomo, scovato dopo anni in un magazzino di una ditta farmaceutica dove fa il custode. E ancora: "Mi hai lasciata sola dopo avermi fatta innamorare". In queste due frasi c’è tutta l’ambiguità del racconto di Blackbird di David Harrower, la pièce diretta da Lluìs Pasqual e interpretata da Massimo Popolizio e Anna Della Rosa.
Il racconto vede confrontarsi, in una specie di sotterraneo che sembra un rifugio, un uomo quasi sessantenne e una donna con una storia alle spalle. Ray, questo il nome dell’uomo che però ora si fa chiamare Peter, ha avuto una relazione con Una quando questa aveva dodici anni. Un amore che ha portato in carcere lui e ha devastato la vita di lei. Da qui in poi, il testo di Harrower è un testo aperto. Recuperando le due frasi iniziali si può dire che frequenta una doppia prospettiva e non si concede ad un'unica soluzione interpretativa.
Il rapporto d’amore fra un uomo quarantenne e una ragazzina dodicenne può essere rubricato sotto l'aggettivo ‘pedofila’, ma al tempo stesso nel raccontarsi dei due, nel loro cercarsi, nel loro amarsi, in quella fuga che poi per entrambi fu abbandono si ritrova solo l’amore fra uomo e donna, senza la costrizione di una violenza, senza che l'uno soggioghi l’altra. C’è piuttosto la dipendenza assoluta di due innamorati che lasciano fuori il mondo e dipendono l’uno dall’altra.
E così Blackbird si muove in questa ambivalenza di fondo che lascia allo spettatore se non la soluzione stessa del caso, perlomeno la possibilità di una libera interpretazione. In questo gioco dai significati sospesi può rientrare pure la comparsa sul finale di una bambina che si scoprirà essere la figlioccia dell’uomo, il quale afferma: "Mi prendo cura di lei". Un'uscita forse un po’ pesante e fuoriluogo rispetto a quanto detto e visto in precedenza. Ma anche in questo caso si assiste all'ennesimo spiazzamento: poco dopo avviene infatti il tentativo di amplesso fra i due, in un improvviso ritorno di passione, tentativo suggellato dalla battuta di lei che lega il rifiuto al suo essere non più bimba.
Le interpretazioni di Massimo Popolizio — decisamente somigliante al Michael Douglas di Un giorno di ordinaria follia — e Anna Della Rosa riescono realistiche e credibili: i due attori sono un corpo unico, vivono di un’intensità del dire e del fare che offre all’occhio dello spettatore un senso di grande naturalezza. Non c’è un solo tono fuori posto, il rapporto fra i protagonisti funziona secondo un meccanismo ben oliato, senza una sbavatura. Due attori che sono una certezza, il giusto contr’altare a una narrazione così ambigua.
Tags: Anna Della Rosa, Blackbird, David Harrower, Lluis Pascàl, Lluís Pasqual, massimo popolizio, Nicola Arrigoni, recensione,
Blackbird di David Harrower, regia Lluís Pasqual
Traduzione: di Alessandra Serra
Produzione: Piccolo Teatro di Milano
Visto a: Teatro d’Europa, al Comunale di Casalmaggiore il 17 gennaio 2012
Prossimamente: fino al 26 febbraio al Teatro Carignano di Torino; dall'1 al 20 marzo al Teatro Studio di Milano
Commenti
Invia nuovo commento