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TEATRO

Buio in sala

Tre storie infelici ispirate all'Italia di oggi si incontrano sotto la regia di  Carmelo Rifici. Sospeso tra colorati momenti di danza e scene di scuro realismo, lo spettacolo indaga su solitudini e frustrazioni del nostro tempo, ma non riesce a fare luce fino in fondo   


di Sergio Buttiglieri

(foto di Daniele Savoca)


Le intenzioni erano sicuramente buone, ma lo spettacolo di Carmelo Rifici che ha inaugurato in Prima Nazionale Assoluta la Stagione del Teatro Due di Parma non ci ha convinto del tutto .
Forse il testo di Sonia Antinori non è riuscito a legarsi appieno col malessere del nostro tempo, pur avendolo esplorato in tutte le sue dimensioni, quasi avessimo in mano un telecomando - strumento iconico del nostro essere multitasking, ossessionati come siamo dalla iper comunicazione per poi ritrovarci "scollegati" anche da chi ci sta accanto.
 
Saranno state le danze, saranno stati i dialoghi, ma quello che si percepiva non era precisamente a fuoco. Come se il linguaggio non bucasse la quarta parete, limitandosi a farci osservare da dietro a un velo. O forse era semplicemente questa l’idea registica che non abbiamo compreso.
 
C’è innanzi tutto la voglia di raccontare un buio che illumina la vita delle persone del nostro tempo, esemplificandolo nell’intreccio di esistenze dentro appartamenti metropolitani dove una tv rimane perennemente accesa a trasmettere il blob di se stessa.
 
Non è felice Teresa, che vive col compagno sempre via; non è felice la venditrice di libri antichi che casualmente la incrocia quando non trova il suo cliente al piano di sopra. Non è felice l’amico di Teresa, soldato in congedo, in fuga dalle immagini di orrore che lo tormentano e che lo portano a cazzeggiare tutto il giorno con giocattolini fatti con materiale di recupero, come di recupero è la sua vita. Ma le donne, si sa, non si arrendono, sono ottimi soldati e per questo lui si rannicchia contro Teresa quasi fosse ritornato bambino.
 
daniele savoca1-62.JPGIl racconto è inframmezzato da momenti corali di danza che spostano il registro verso visioni oniriche e sensazioni coloristiche. Come quei fazzoletti rossi estratti dal proprio corpo al rallentatore, vere e proprie ferite mai rimarginate; o come quelle foto di gruppo con tutti sul divano nella speranza di mostrarsi uniti e solidali e non, come scopriremo pian piano, tutti dispersi dentro se stessi. 
 
Neanche la coppia - lei che studia Georges de la Tour, lui che rincasa dopo aver accompagnato la madre ad acquistare una pelliccia - se la passa bene. Lui che non comprende il disprezzo che lei prova nei suoi confronti è in qualche modo paragonabile alla cecità del protagonista del quadro che, in piena luce, viene derubato dagli altri comprimari, perché lui in effetti non vede nulla se non se stesso.
 
Anche Selma (interpretata da Mariangela Granelli, sicuramente la più matura e la più convincente della compagnia) è cieca: eppure lei che viene da Sarajevo, estranea fra gli estranei, sarà l’unica ad ospitare una coppia romena che mente pur di essere accolta in casa, e partorirci pochi mesi dopo. Selma non vede, ma sente la compassione degli altri nei suoi confronti, e non la sopporta, come non sopporta l'invadenza delle persone sole. Preferisce queste coppie che arrivano come cani sciolti da polveriere saltate, più vitali delle coppie catatoniche che subito dopo vedremo immobilizzate fuori di fronte alla tv, in totale apatia.
 
Non basteranno le luci stroboscopiche a dare vita a questi personaggi, impegnati  in una danza priva di energia, dentro case che sono più delle prigioni che dei rifugi... Non serviranno neppure gli stereotipi della coppia, assisi come candeline ingessate sulla torta nuziale, a lenire i dolorosi ricordi di Selma o a ridare speranza a queste coppie scoppiate, cui il desiderio è irrimediabilmente calato. Occorre ritornare dentro di sè, sembra dirci Carmelo Rifici, per trovare un nuovo equilibrio che ci porti fuori da questo buio dell’anima.



Tags: Buio, Carmelo Rifici, Georges de La Tour, Mariangela Granelli, Parma, Sergio Buttiglieri, Sonia Antinori, Teatro Due,
02 Novembre 2010

Oggetto recensito:

Buio di Sonia Antinori, regia di Carmelo Rifici

Coreografie: Alessio Maria Romano
  
Attori: Ilenia Caleo, Alessio Giangiuliani, Tindaro Granata, Mariangela Granelli, Emiliano Marsala, Francesca Porrini, Alessio Maria Romano, Raffaella Tagliabue
 
Carmelo Rifici: pupillo di Ronconi, attivissimo in questi ultimi anni (premio nazionale della critica 2005 con Signorina Julie), ha sfornato svariate complesse regie cariche di salutari tensioni drammaturgiche
 
Produzione: Teatro Due di Parma
 
Repliche:
lo spettacolo è in replica fino al 6 novembre al Teatro Due di Parma all’interno dell'InContemporanea Parma Festival;sarà in scena anche al Tieffeteatro di Milano dal 9 al 17 novembre e a Fiorenzuola d’Arda in provincia di Piacenza al Teatro Verdi il 27 novembre
 
Info:
www.teatrodue.org

giudizio:



5.953842
Media: 6 (13 voti)

Commenti

Gentile Sergio Buttiglieri,

8.01

Gentile Sergio Buttiglieri, ho visto già due volte lo spettacolo che ha recensito e ho avuto modo di informarmi e confrontarmi con i ragazzi che lo stanno facendo. Non voglio discutere sul suo giudizio personale, perché ad ognuno arriva dell'arte quello che può accogliere, mi permetto però di farle notare delle imprecisioni nel suo scritto. Innanzitutto l'"amico" di Teresa non è un amico ma suo fratello, e la ragazza che lavora in una libreria è la rappresentante fisica del Buio, presenza oscura e inquietante che intreccia la sua vita con quella di Teresa e quella di Carlo, il lui della coppia, scrittore, come si evince dal testo (mentre lei, Piera, è insegnante d'arte in una scuola). Piera non prova disprezzo per Carlo, anzi ne è innamorata, se amore si può chiamare il sentimento tra i due, quello che non capisce è come lui, uomo colto, intelligente, che sta vivendo una lotta con un cancro, al posto che affidarsi ai medici si affidi all'utopica possibilità che un guru e una pozione allucinogena lo possano salvare, e sia disposto a buttare possibili 10 anni di vita insieme per un "maestro". I momenti di danza sono momenti onirici, sono i veri e propri sogni dei personaggi (come si vede nei video di pubblicità/presentazione messi fuori dalla sala del teatro), trasformati in suoni luci colori e movimenti proprio per distaccarli dal buio della realtà. E perchè almeno in sogno, una cieca può tornare a vedere. Credo che la forza di questo spettacolo sia la vicinanza che c'è in ognuno di noi con questi personaggi: niente paroloni, niente voci impostate, ma semplicità e leggerezza anche dove tutto sembra finito. Perché anche dopo un lutto, quello che la natura umana ci costringe a fare è mettere dell'acqua sul fuoco e buttare la pasta. In scena si vede la direzione diversa che la compagnia ha deciso di prendere rispetto alla via maestra che ha il teatro italiano, una direzione in cui anche gli attori stessi e non solo il pubblico si mettono in gioco: non è solo un proporci dei personaggi, è viverli, e per farlo ci vuole coraggio. Forse è per questo che si sente che lo spettacolo può dare ancora molto, dipende da quanto oseranno con le loro vite gli attori. Ultima nota: nel riquadro più piccolo accanto a coreografie c'è scritto Sonia Antinori. Sonia Antinori è l'autrice del testo, scritto apposta per la compagnia, e le coreografie sono di Alessio Maria Romano; inoltre lo spettacolo sarà dal 9 al 17 novembre al Tieffe Teatro Menotti di Milano, prima di Piacenza. Grazie per l'attenzione. Antonella

Cara Antonella, ti ringrazio

Cara Antonella, ti ringrazio per aver letto con così tanta attenzione il mio pezzo e per aver corretto il racconto della trama dello spettacolo. La tua interpretazione dei personaggi è certamente fondata ma per me la sostanza non cambia: quello che ho percepito al di là che lui non sia l’amico ma il fratello, ma l’incontro fra i due ha, per come è raccontato in scena, a parer mio più di un ambiguità, che secondo te Piero ama Carla, e che quindi ci sia un buon rapporto fra di loro, ma a me francamente non sembra, che la venditrice di libri antiquari sia nient’altro che la metafora del buio, può sicuramente essere una possibile lettura, ma la mia percezione rimane sostanzialmente immutata: un testo e una regia, pur dense di argomenti, che non bucano completamente la quarta parete pur avendo a disposizione un gruppo di giovani attori estremamente motivati nel loro viscerale interiore percorso teatrale. In questo buio non ho sinceramente ritrovato la forza interpretativa che altre volte mi ha fatto sobbalzare per l’emozione a teatro e questa percezione di “non conclusione” della rappresentazione mi è stata confermata da altri miei amici spettatori. E’ certamente un problema di sensibilità individuali che ognuno si porta dietro. Ma ci sarà sicuramente un'altra occasione per rivederlo anch’io in un'altra replica e magari riscoprirne qualità inizialmente nascoste ai miei occhi. Dopotutto il teatro è prezioso perché ogni sera cambia e si rapporta con gli spettatori trovando ogni volta nuovi equilibri interpretativi. Un caro saluto a te e a tutti i lettori di giudizio universale che con i loro commenti contribuiscono a rendere vitale il nostro sito. sergio

Gentile Antonella, sulle

Gentile Antonella, sulle (libere) interpretazioni dello spettacolo, se vorrà, entrerà nel merito l'autore della recensione. La ringraziamo invece per le utili segnalazioni: come vede abbiamo già provveduto a correggere le sviste in scheda.

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