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TEATRO

Con la stessa rabbia

Gli angry young men delusi e irrisolti di John Osborne tornano a teatro grazie alla regia di Luciano Malchionna. I monologhi rancorosi che diedero scandalo la Londra del '56 vengono esaltati da un'interpretazione che li esplicita forse troppo, mettendo a rischio l'attualità ancora notevole del testo


di Igor Vazzaz

 


"Cosa è cambiato da quel lontano 1956? Tanto, sicuramente, ma non la rabbia". Si fa una domanda, si dà una risposta Luciano Melchionna dal libretto di sala che accompagna la sua ultima regia, Ricorda con rabbia di John Osborne, in prima nazionale sulle tavole del Teatro Verdi di Pisa. Non si può dire che l’allestimento non desti interesse, a partire dal testo, sino al cast e allo stesso regista: Melchionna, infatti, è metteur en scéne eclettico, talentuoso, protagonista sia di trasmigrazioni formali sia d’un autentico “caso” quale Dignità autonome di prostituzione, spettacolo che, dal 2007, non manca di registrare e successo di pubblico e puntuali polemiche.
 
La scena fissa, ampio interno di magazzino riadattato alla bell’e meglio come abitazione, ci catapulta in una realtà sospesa tra i riferimenti originali (la provincia inglese di metà anni Cinquanta) e una qualche modernizzazione: la vicenda è fedele all’aspro dettato osborniano, sghembo triangolo che vede protagonisti Jimmy (Daniele Russo), sua moglie Allison (Stefania Rocca) e la di lei miglior amica Helena (Angela De Matteo), con l’aggiunta di Cliff (Marco Mario De Notaris), spettatore attivo delle angustianti dinamiche dell’intreccio. La vita dei quattro è un grumo rovente di frustrazioni sociali, pulsioni irrisolte, rivendicazioni fuori tempo massimo che l’imperativo furore di Jimmy traduce in estrema battaglia verbale, a travolgere qualsiasi punto fermo, foss’anche la maternità della consorte. È il ritratto d’una  enerazione che rifiuta i modelli ereditati senza riuscire a individuare forme sostitutive in grado di regger l’urto dell’applicazione. Anarcoide, confuso, disperato, Jimmy è riflesso d’un Osborne incazzato col mondo, un personaggio emblema d’una gioventù che, di lì a poco, avrebbe provato davvero a cambiar tutto.
 

ricorda2.jpgRusso interpreta con energia il carattere motore della pièce, con funesta e aggressiva fragilità: la recitazione pecca però di slabbrature, tradendo una difficoltà nell’individuare la centratura tonale sino a neutralizzare il portato d’un testo ad altissimo rischio. La crisi palpitante di quest’uomo contro è del tutto esplicitata, forte d’un abbondante arsenale di battute (i detrattori, al debutto presso il Royal Theatre di Londra nel 1956, tacciano il testo di verbosità), non di rado illustrative rispetto alle pulsioni, alle motivazioni interne al personaggio. Un tale apparato, ora più che mai, necessita un’estrema calibratura interpretativa, aureo equilibrio tra toni, gestualità e forza, pena l’esaurimento del testo nella sua dimensione logorroica.
 
Allo stesso modo, ci paiono discutibili certe soluzioni registiche - la visionaria levitazione di elettrodomestici e mobilio al tradimento consumato ha i tratti della trovata - talvolta prive, a nostro parete, di poetica necessità. Il tutto finisce per depauperare un testo che avrebbe da risultar incendiario, urgente, derubricandolo invece a rabbiosa schermaglia sporca di malinconia. Contribuisce, in chiave negativa, un apparato musicale gestito con ingenuità, specie nella seconda parte, comunque più scorrevole della prima.
 
Naturale interrogarsi sulle ragioni di quel che parrebbe un esperimento mal riuscito o, almeno, con un equilibrio sbilanciato sulle criticità più che sui punti di forza. Da un lato, plausibile risposta all’interrogativo iniziale di Melchionna, si può pensare a un invecchiamento del testo, forse poco incline a parlarci, ora che i giovani (categoria oleogrammatica che rifiutiamo d’identificare quale insieme omogeneo, nonostante in Italia ci si consideri tali sino ai quasi cinquanta) invece di gridare, sembrano ripiegati su sé stessi, in forme sempre più difficili e impenetrabili. Dall’altro, ci pare che, in questo caso, sia proprio la realizzazione a giovarsi, in bene, d’un testo complesso, ricco di spunti quanto d’insidie per la traduzione in scena, senza però riuscire a ricambiare il favore, rianimando, attraverso un’incarnazione d’adeguata potenza espressiva, il dettato iniziale. Non di meno, si spera che le repliche contribuiscano a sciogliere i punti critici e trovare un assetto che la rabbia di Look Back In Anger merita assolutamente.


Tags: Igor Vazzaz, John Osborne, Look back in anger, luciano melchionna, recensione, Ricorda con rabbia,
23 Gennaio 2013

Oggetto recensito:

Ricorda con rabbia, di John Osborne, regia di Luciano Melchionna 

Visto a: Pisa, Teatro Verdi, 12 gennaio 2013, prima nazionale
 
Il resto della locandina:
Fracesco Ghisu, scene; Michela Marino, costumi; produzione Teatro Bellini, Fondazione Teatro di Napoli, Teatro Nazionale del Mediterraneo
 
Prossimamente: Cagliari, Teatro Massimo, fino al 20 gennaio; Pescara, Circus, 22-23 gennaio; Casera, Teatro Comunale, 25-27 gennaio; Campiglia Marittima (LI). Teatro Concordi, 29 gennaio; Colle Val d’Elsa (SI), Teatro del Popolo, 30 gennaio; Trieste, Politeama Rossetti, 1-3 febbraio; Moncalieri (TO), Limone Fonderie Teatrali, 5-10 febbraio; Borgomanero (NO), Teatro Nuovo, 11 febbraio; Brindisi, Nuovo Teatro Comunale Verdi, 15-16 febbraio; Padova, Teatro Verdi, 19-24 marzo; Castelfiorentino (FI), Teatro del Popolo, 26 marzo; Roma, Ambra Jovinelli, 4-14 aprile
  
Durata: circa due ore, con intervallo

giudizio:



6.03
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