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TEATRO

Martinelli, ai caduti in mare

Con Rumore di Acque il capocomico della compagnia del Teatro delle Albe recupera un titolo del 1985 e lo rende una trasfigurazione grottesca dell'attualità: l'ufficiale protagonista, un po' Gheddafi e un po' Charlot, "dà i numeri" e snocciola un elenco delle vittime del Mediterraneo. Un monologo difficile e, anche per questo, non riuscito fino in fondo


di Igor Vazzaz

 


Il Mediterraneo non è un mare, è un cimitero. La distesa d’acqua salata ricopre, nasconde, corrode i corpi, ne fa pastura ittica, stritola i legami cellulari dissolvendoli in una primordiale brodaglia organica. Lo stesso mare che è meta vacanziera agognata, talvolta esclusiva, a seconda del segmento di costa prescelto. Festa e tragedia convivono, nella mutua indifferenza. Ed è nell’ambito d’un progetto svolto nella sicula Mazara del Vallo, la città più araba d’Italia, che Marco Martinelli, capocomico, regista e autor di compagnia del Teatro delle Albe, riprende Rumore di acque, titolo storico del gruppo (all’epoca Albe di Verhaeren), per elaborare un testo (e uno spettacolo) nuovo, oratorio tragico dai toni inferici e grotteschi.
 
Una lastra marmorea è il podio che accoglie il tintinnio di medaglie d’un militare in decorata divisa. Ad attenderlo, un microfono montato su di un’asta: vi si para eretto, gambe divaricate, viso celato da un paio di occhiali scuri alla Gheddafi. Frontman rocchettaro o dittatorello chaplinano, l’uomo si fa interprete d’un monologo allucinato, aguzzo, che nel delirio numerologico trova motivo ritornante, ancoraggio drammatico ripetuto. La voce è granulosa, metallica, di pietra schiantata, un raschiar di gola con cui Alessandro Renda riempie il nero silenzio che avvolge la sala. La lugubre vocalità, dissonante, espressionista, risente della lezione di Ermanna Montanari, a sua volta responsabile, con Enrico Isola, della tetra e scientemente spoglia costruzione visiva.
 
rumore.jpgDà i numeri, quest’ufficialetto ridicolo e meschino, snocciola somme con tarlata sicumera a far del pelo d’acqua esiziale registro funebre: le cifre non corrispondono che ai morti, cadaveri inghiottiti dalle onde nell’angosciato guado in cerca d’una vita migliore dalle coste maghrebine a quelle della civile Europa. Vittima e carnefice al contempo, l’innominato custode è il carontesco tutore della macabra contabilità mortuaria: ogni numero una storia, ogni storia un nome, da mandare a mente con livorosa fatica, in un gesticolare spezzato da marionetta, non distante dall’indimenticato Peter Sellers nel finale di Il dottor Stranamore. Il Ministro dell’Inferno relega questo kafkiano antieroe sulle rocce di un’isola ignota, porta di un Ade improbabile, buzzatiano avamposto insidiato dai demoni, spettri terrifici per un delirio senza tregua.
 
Monologo solo apparente: contrappunto perfetto alla partitura verbale, gli atavici intrecci sonori dei Fratelli Mancus
o, aedi moderni che con voci e strumenti etnici, ricuperano armonie meticce a unir le infinite coste dell’antico Mare Nostrum. Il dettato ora si frantuma, ora s’impasta col melodismo arcaico di queste due mute e potenti maschere in enigmatico completo marrone, contrasto che dà profondità e respiro alla visione teatrale. Un solo vero cambio di luce, al di là della reiterata alternanza tra parole e musiche: il violento baluginio in cui l’ufficiale si rivolge schiumante agli squali divoratori di corpi, nel paradossale invito a essere umani.
 
Rumore di acque è un testo scenico composito, di risonanze poetiche potenti; nondimeno, soffre una certa rigidità, nel susseguirsi di storie dalla cadenza ridondante. E il rischio, a nostro avviso, è che la materia dolente e attuale finisca per prevalere sulla partitura scenica, in un gioco di rimandi che fuori dall’estetica trovi compiutamente ratio e cuore. In certi sintagmi, Renda ci ha rimandato al Paolo Rossi di Chiamatemi Kowalski, senza raggiungere, però, quella peculiare fusione tra dimensione tragica e comica, ubuesca, che avrebbe forse giovato alla messa in vita (meravigliosa immagine coniata dalle Albe) d’una drammaturgia ad alto coefficiente di difficoltà.



Tags: Igor Vazzaz, Marco Martinelli, Mazara del Vallo; Rumore di acque, mediterraneo, morti, recensione, Teatro delle Albe,
22 Marzo 2012

Oggetto recensito:

Rumore di Acque di Mario Martinelli

Il resto della locandina: Enrico Isola alla direzione tecnica; coproduzione Ravenna Festival, Teatro delle Albe-Ravenna Teatro, Circuito del Mito della Regione Siciliana, Sensi Contemporanei col patrocinio di Teatro delle Albe opera in Ravenna Teatro
 
Visto a: Pontasserchio (Pi), Teatro Rossini, il 16 marzo 2012

Prossimamente: Modena, T.delle Passioni, 22-24/3; Bari, Kismet, 13-15/4; Manfredonia, Comunale, 17/4; calendario completo sul sito della compagnia, www.teatrodellealbe.com
 
Il giudizio: è espresso considerando la statura artistica del Teatro delle Albe; un barolo si giudica con un diverso metro rispetto a una vernaccia
 
Rumore di acque/1985: ispirato a Philip K. Dick e a Bertolt Brecht, ambientato nella Ravenna postatomica del 2011, trae il titolo dall’antica foce fenicia Rhaama, da cui secondo alcuni deriva il nome del capoluogo romagnolo

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