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TEATRO

Orson Welles sulla graticola

Giuseppe Battiston si trasforma nel grande cineasta: la somiglianza è impressionante e la sua presenza scenica eccezionale


di Anna Colafiglio


Orson welles2.jpgL’audace è arrivato. Si può urlare al sacrilegio o brindare al coraggio: Giuseppe Battiston ha scelto di vedersela nientemeno che con lo spirito eccessivo e smisurato del grande Orson Welles. All’attivo ha un Premio Hystrio, un Premio Ubu, un Premio Olimpico del Teatro e una notevole somiglianza fisica con il celeberrimo cineasta. 
 
Diretto da Michele De Vita Conti, Battiston sembra aver trovato nella figura di Orson Welles un autentico alter ego: sigaro in bocca, accappatoio bianco e accento americano, si getta in pasto al pubblico con vaga indolenza mettendosi letteralmente al girarrosto, tessendo il proprio (?) antielogio. Quello che buca la nostra quarta parete è un omone cinico, beffardo e sghignazzante, che afferma di fare di tutto per rovinare la propria immagine, con un ego gigantesco e una verve vorticosa che non può non suscitare simpatia. Un Orson Welles che parla di sé e della propria carriera partendo dagli aspetti meno noti, che tutti sembrano aver dimenticato: il cinema c’è, ma passa un po’ in secondo piano. In avanscoperta si manda il “divino anacronismo” del teatro, con le wellesiane imprese da palcoscenico: dallo storico Voodoo Macbeth, con i suoi duecento attori neri, al Giro del mondo in ottanta giorni, con le rocambolesche imprese che ne hanno consentito la messa in scena (“Orson Welles, Jules Verne e Cole Porter…ma nessuno se ne ricorda più”). Un Welles che voleva fare il prestidigitatore ma si è ritrovato prima su un palcoscenico, poi dietro una macchina da presa. Si può dire che delle magie le abbia fatte ugualmente, soprattutto se si pensa a quel leggendario 30 ottobre del 1938, quando, simulando un’invasione aliena con un adattamento radiofonico de La guerra dei mondi, aveva gettato nel panico gli Stati Uniti d’America. Quanta attualità in quel “la gente crede a qualsiasi cosa, se lo dice la radio”! welles 3.jpg
 
Giuseppe Battiston attinge frammenti sparsi dal pozzo delle interviste, delle dichiarazioni, delle “perle di saggezza” rilasciate da Welles; assieme a Michele De Vita Conti, le frulla e le cuoce, per rimanere in tema, con una buona dose di apporti personali che vanno ad integrare e riempire l’inevitabile frammentarietà del discorso. Performance ottimale, chapeau alla strabordante presenza scenica di Battiston e alla sua versatilità estrema, capace di attenuare e, quasi, compensare le piccole lacune derivanti dal marcato citazionismo del testo. Scegliamo, dunque, di brindare al suo coraggio, alla sua rara capacità di portare un mostro sacro sulla scena senza inciampare nella trave della retorica e della mitizzazione. Per il resto, tante lodi al personaggio e alla sua sensazionale, teatralissima personalità. Come diceva Andy Warhol: “Orson Welles era veramente grande. Non i suoi film. Lui”.



Tags: Anna Colafiglio, cinema, giuseppe battiston, il giro del mondo in ottanta giorni, la guerra dei mondi, orson welles, premio hystrio, premio ubu, voodoo macbeth,
23 Marzo 2010

Oggetto recensito:

ORSON WELLES' ROAST, DI E CON GIUSEPPE BATTISTON, REGIA DI MICHELE DE VITA CONTI

Dove e quando: Milano, Teatro Elfo Puccini, fino al 1 aprile
Locandina: scritto da Michele De Vita Conti e Giuseppe Battiston; regia di Michele De Vita Conti; in scena: Giuseppe Battiston; musica originale di Riccardo Sala
Giuseppe Battiston: diplomato alla Civica scuola d’arte drammatica “Paolo Grassi” di Milano, lavora nel cinema e nel teatro. Vince due David di Donatello come miglior attore non protagonista per i film Pane e Tulipani e Non pensarci. In teatro è diretto, tra gli altri, da Alfonso Santagata, Gabriele Vacis, Nanni Garella, Cristina Pezzoli, Roberto Andò e Fausto Paravidino. Nel 2009, per lo spettacolo Orson Welles’ roast, è insignito del Premio Hystrio come miglior attore, Premio Ubu come miglior attore e Premio Olimpico del Teatro nella stessa categoria

giudizio:



7.02
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