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DANZA

Un valzer di Levi-Strauss

Si può danzare sulle teorie di un antropologo? Tristi Tropici è l'esperimento del coreografo Virgilio Sieni, che sulle musiche di Francesco Giomi ha ideato uno spettacolo ispirato proprio all'autore de Il pensiero selvaggio


di Sergio Buttiglieri

 


Ritrovare la stessa emozione di quando negli anni ’70 si leggevano gli scritti di Claude Levi Strauss in questo ultimo visionario lavoro coreografico di Virgilio Sieni è stata una vera sorpresa. Qualche anno fa ci aveva stupiti con il suo viscerale assolo sulle Variazioni Goldberg di J. S. Bach (ancora in tournée), e già allora non credevamo possibile che attraverso il suo materico corpo di danzatore si riuscisse a transustanziare l’essenza del mitico lavoro che anticipò i minimalisti contemporanei alla Philip Glass - che a questa composizione è infinitamente debitore.
 
C’è un che di apparentemente primordiale nella danza con temi sacrali della coppia femminile che compie movimenti talvolta sinuosi, come delle manieristiche figure del Parmigianino, talvolta a scatti e disarticolati, tangenti alle riflessioni della danza contemporanea, tutta nata in qualche modo dalla coreografia del 1913 di Vaclav Nijinskij di Le Sacre du Printemps di Stravinskij.
 
Movimenti, quelli ideati da Sieni , tutti tesi a denunciare la sclerosi del balletto classico e nello stesso tempo a trascrivere sui corpi di queste due donne (e di una ragazza non vedente che interverrà nella terza parte) una tenera ma angosciante vicinanza. Apparizioni femminili, presenze “penultime” - come le chiamava Strauss - che alimentano il senso di quella che l’etnologo definiva "l’opportunità perduta dell’Occidente di restare femmina".
 
Ma ci sono anche gli ostensori di divinità solari, le suggestive musiche elettroniche elaborate da Francesco Giomi, dei fondali lattescenti da cui intravediamo le visioni opache di questi corpi dai gesti misteriosi, le nebbie amazzoniche, i i teli che crollano e poi finalmente svelano. Degli assoli strepitosi con voci sussurrate che sembrano ricordarci i complessi e al contempo semplici rapporti di coppia di una civiltà del Crudo anteposta a quella del Cotto (come ci ricordava Strauss nell’altro suo celebre testo, Il cotto e il crudo), che sembrano stringersi nella nostalgia di una perduta unità.
 
Ma ci sono anche gli animali sacrificali issati sulle spalle dei danzatori che avanzano lenti e inesorabili su un palcoscenico. I cambi impercettibili di colore mentre l’assolo di danza della non vedente interagisce con lo sguardo Tristi tropici virgilio sieni ridotta.jpgimpenetrabile di due mitici animali dal collo lunghissimo, immagine icastica che conclude lo spettacolo. A introdurlo era stata quella emblematica di un coloratissimo pavone che lentamente scompariva dietro i teli, come scomparse sono le civiltà aborigene che Levi Strauss studiò negli anni ’30 per rifondare il concetto di antropologia, contaminandola di dubbi e inquietudini estranee alle scienze umane del periodo coloniale, che vedevano tali popolazioni come “primitive e selvagge”.
 
Quello che ha intuito benissimo Virgilio Sieni mettendo in scena Tristi Tropici è che per Levi Strauss, come per noi spettatori, la musica come la danza ci appaiono nel ritmo, nelle melodie e nei comportamenti più elementari dell’uomo. Sieni ha utilizzato lo spartito degli scritti dell'antropologo per mostrarci come queste due forme d’arte possano aiutarci a comprendere meglio il "pensiero selvaggio” che dava titolo di un altro suo importante studio. 
 
Non a caso Levi Strauss riteneva il teatro come l’arte che più si fonda sulla relazione interumana. E per lo stesso motivo citava Zeami il creatore del teatro No giapponese, il quale era convinto che “per essere buoni attori bisogna saper guardare se stessi nello stesso modo in cui ci guardano gli spettatori”. “Guardare da lontano” diceva precisamente Zeami; e che cosa è in fondo Tristi Tropici, come ci ricorda molto bene Vito di Bernardi nel curatissimo testo del libretto di sala, "se non una lunga meditazione messa in moto da uno sguardo che proviene da lontano e che accomuna l’antropologo e i 'primitivi' in un confronto che li sottopone entrambi alle trasformazioni che il tempo fisico e quello della storia impone alle cose?“.
 
E non a caso l’epigrafe che Levi Strauss volle per il suo testo fu quella del De Rerum Natura di Lucrezio: “E dunque non meno di te le generazioni son cadute prima e cadranno”.
Il pensiero selvaggio infatti non è “il pensiero dei selvaggi” ma è qualcosa che ci appartiene. E’ una mentalità del pensiero dell’uomo: più che primitivo, è primario.



Tags: antropologia, Claude Levi Strauss, coreografia, danza, il cotto e il crudo, Il pensiero selvaggio, musica, primitivo, selvaggi, Sergio Buttiglieri, teatro, Vito di Bernardi,
12 Novembre 2010

Oggetto recensito:

Tristi Tropici, regia e coreografie di Virgilio Sieni

Debutto: in prima mondiale alla scorsa Biennale Danza di Venezia nel giugno 2010
  
Produzione: Biennale de la Danse de Lyon, Teatro Stabile di Napoli, Compagnia Virgilio Sieni
 
Cast:
Simona Bertozzi, Ramona Caia, Elsa de Fanti, Dorina Meta, Michela Minguzzi
 
Il resto della locandina: luci di Marco Santambrogio, costumi di Lydia Sonderegger, maschere ed elementi scenici di Chiara Occhini, allestimento di Francesco Pangaro
 
Date italiane:  fino al 28 novembre al Teatro Mercadante di Napoli, il 5 dicembre al Teatro alla Cavallerizza di Reggio Emilia, 11 gennaio al Teatro Bonci di Cesena, 3 febbraio al Teatro Secci di Terni, 11 febbraio al Teatro degli industri di Grosseto, il 26 e 27 febbraio al Teatro Palladium di Roma. 
 
Altre date e info: www.sienidanza.it  
   
Dove l'abbiamo visto: a Pontedera, all’interno del bel Festival del Teatro Era. Sabato alle 17 si terrà la Lectio magistralis di Luca Ronconi moderata da Gianfranco Capitta de Il Manifesto: la lezione sarà incentrata sull'esperienza di Ronconi sul suo Laboratorio di Prato alla fine degli anni '70. Alle 19 andrà in scena SALE, prodotto dall'Odin Teatret di Eugenio Barba e alle 21 il concerto The Sky Unwashed della cantante ucraina Mariana Sadovka
Tutte le informazioni su www.pontederateatro.it 
 
Dalla presentazione a Tristi Tropici di Vito di Bernardi: “Come nella pratica del bricolage il mito non cerca soluzioni al di fuori di quelle fornite dai materiali già disponibili all’uso, …così un bricoleur può essere considerato il danzatore contemporaneo che ha rifiutato il carattere unitario e organico dei codici della danza classica e moderna, accogliendone però nel suo corpo le “briciole”. Il danzatore infatti riusa quei frammenti, veri fossili preziosi, come dei segni. Li sottrae al loro significato letterale, ne fa materia significante, ricavandone nuovi significati per il gioco strutturale, antico, e in fondo sempre identico del teatro” 

giudizio:



7.02
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