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La differenza tra una viola e una cipolla

E' uno strumento sottovalutato e spesso oggetto di facile sarcasmo. Diventa sublime nelle mani di Kim Kashkashian, musicista armena che nel suo ultimo disco coniuga impostazione classica e suggestioni mediorientali


di Federico Capitoni


Tanti compositori contemporanei hanno cercato in tutti i modi di far recuperare alla viola il ruolo primario che aveva prima che violino e violoncello (e addirittura, grazie al jazz, il contrabbasso) la relegassero – tradendola giacché da lei presumibilmente derivano – a cenerentola degli strumenti ad arco. Durante il ‘900 il repertorio si è arricchito di numerose composizioni per viola, eppure ancora oggi certe battutine circolano: “Che differenza c'è tra una viola e una cipolla? - Nessuno piange quando fanno a pezzi una viola”.

Ma l’impresa di rivalutazione da parte di alcuni musicisti continua e Kim Kashkashian, violista di origine armena dalle superbe doti, porta da anni, e in ogni sua interpretazione, a compimento questa missione. Nel disco Neharót Kim ha una duplice occasione: riscattare appunto la viola e diffondere un repertorio di un oriente vicino. Ai tre compositori, e alla sempre attenta etichetta Ecm, va dato atto di contribuire alla conoscenza dei territori meno frequentati.   Il canto e le melodie armene ed ebraiche tornano dunque familiari, perché non sono mai state sconosciute, attraverso una scrittura non certo facile ma densa di messaggi stratificati. Neharót Neharót, della compositrice israeliana Betty Olivero, scaturisce dalle immagini di morte e sofferenza della battaglia con gli Hezbollah in Libano. Il lamento delle voci registrate su nastro, lieve e doloroso, è trafitto, ferito, dalle incursioni taglienti degli archi, e lo commenta la viola meditativa di Kim. Notevole, nella parte introduttiva che descrive il paesaggio magico prima del conflitto, è il dialogo, costruito su figure melodiche curde, tra la viola e la fisarmonica.   Tigran Mansurian è un autore caro alla Kashkashian; ha adattato per viola sola un’antica canzone armena, Tagh for the Funeral of the Lord, riempiendo le pause con delicati interveti di gong e vibrafono, e ne ha scritte tre nuove, Three Arias (Sung Out The Window Facing Mount Ararat), proprio per Kim: Mansurian è la voce della terra del Caucaso, Kim la voce di Mansurian, la viola la voce di Kim. Non è qui ricercata un’originalità di scrittura, lo stesso approccio è rintracciabile anche in composizioni del primo ‘900, bensì il tentativo di una fotografia sonora dei territori aspri e difficili, grandi serbatoi del passaggio degli uomini; posti in cui molti transitano e pochi si fermano. La musica scritta da Mansurian contribuisce a fissare questi luoghi dentro di noi. Più “contemporanea” suona Rava Deravin, che Eitan Steinberg scrisse nel 2001 e che la stessa Kashkashian suggerì di trascrivere per viola e quartetto d’archi. È una lunga preghiera che sfida la voce dello strumento solista a emanciparsi dal gruppo degli altri strumenti ad arco. E Kim Kashkashian non fa altro che asserire il sublime suono della viola, la quale non sta semplicemente “in mezzo” al violino e al violoncello, bensì ne rappresenta lo spirito di origine e congiunzione.



Tags: armenia, Betty Olivero, cipolla, ecm, Eitan Steinberg, Federico Capitoni, hezbollah, kim Kashkashian, medioriente, neharot, tigran mansurian, viola,
27 Novembre 2009

Oggetto recensito:
Kim Kashkashian, Neharót, ECM
giudizio:



9
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