Inutile inventare programmi giusti: ci sono già, ma trasmessi al momento sbagliato. E' la tesi di Roberto Alajmo, romanziere (e coautore della nostra Guida a 49 martiri d'Italia), che partecipa al dibattito sul palinsesto del futuro partendo da tre esempi di eccellenza nel presente. Mortificati da una collocazione che sembra studiata per emarginarli
di Roberto Alajmo
Troppo facile, così. Troppo facile immaginare una tv di pura fantasia mettendo assieme gli ingredienti più ricchi e fastosi. Come sanno le casalinghe di Voghera, il difficile è riuscire a far quadrare i conti con quel che passa il marito. Sviluppare cioè quella che potremmo definire l’Arte del Polpettone, ossia il dono di saper organizzare un piatto dignitoso adoperando gli avanzi di cucina. Il Polpettone, appunto, è il simbolo di questa dote che le donne di casa finiscono per sviluppare, specialmente in tempi di crisi.
Fuor di metafora, sarebbe già gran cosa riuscire ad adoperare quel che già c’è in maniera meno schizofrenica. Parliamo di servizio pubblico, aggrappandoci a quel sottilissimo crinale che ancora lo separa dalla concorrenza privata. Non è che le trasmissioni intelligenti non ci siano, anzi: sono anche molte. Il problema è che vengono nascoste. Sistematicamente nascoste. Spostate a tavolino in fasce orarie impossibili. Non solo a tarda ora: troppo facile insabbiare una trasmissione “culturale” alle quattro di notte. La strategia messa in atto si configura come un caso molto più complesso di sdoppiamento della personalità, che consiste nel realizzare le cose migliori e sprecarle buttandole via.
Qualche esempio. Le storie - Diario Italiano di Corrado Augias è una trasmissione che parla di libri. L’unica, per la precisione. Ha quindi un suo pubblico ideale composto da studenti e insegnanti. Ebbene: quando è che viene messa in onda? Al mattino, quando studenti e insegnanti per definizione non possono essere davanti alla televisione.
Oppure: L'Albero azzurro. Questa trasmissione amatissima dai bambini, fatta secondo tutti i crismi della più moderna pedagogia, andava in onda una volta alla settimana. Quando? La domenica. Alle sette di mattina. I bambini dovevano piazzarsi apposta la sveglia ogni domenica mattina, se avevano voglia di seguirla. Adesso è stata del tutto cancellata, comunque, per evitare qualsiasi discussione.
Ancora un esempio: qualche anno fa la seconda rete del servizio pubblico si ritrovò da un giorno all’altro con un buco nel palinsesto. Una trasmissione di culi e tette in prima serata era andata talmente male che era stata cancellata dopo le prime due puntate. (Quale sia il criterio per cui una trasmissione di culi e tette vada bene o male è un mistero insondabile, e che quindi qui si evita di sondare). Insomma, i dirigenti si trovarono in emergenza nella condizione di tappare il buco, e sul momento non si trovò di meglio che sfruttare La storia siamo noi, il format di Giovanni Minoli e Rai Educational. Per due settimane andarono in onda documentari sulla Seconda Guerra Mondiale con materiale di repertorio. Che, a costo zero, ottennero il doppio della audience media della rete in quella fascia oraria.
Trascorse le due settimane di buco, in quell’orario venne piazzato un altro varietà di tette e culi, che dimezzò nuovamente gli ascolti. Credete che qualcuno dei dirigenti si sia posto qualche domanda? Vi sbagliate.
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LA TV IDEALE
Quando si parla di Rai il dibattito è feroce, ma ci si limita a discutere sulla forma che deve avere la tv: libera o lottizzata, pubblica o privatizzata. Nessuno fa mai la domanda successiva: ora cosa ci mettiamo dentro? Allora lo facciamo noi, e provano a rispondere le nostre firme.
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