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TEATRO

Il contrario di Zio Vanja

Ne Le signorine di Wilko del lettone Alvis Hermanis un uomo indeciso è corteggiato da una schiera di ragazze


di Sergio Buttiglieri


interna.jpgLe signorine di Wilko, del regista lettone Alvis Hermanis, visto in prima assoluta al Teatro Storchi di Modena, tratto dall'omonimo romanzo del polacco Jaroslaw Iwaszkiewicz, è una sorta di Zio Vanja all'incontrario: invece che tanti galli attorno a una gallina qui abbiamo tante galline attorno ad un gallo. Solo che in Cechov c'era la giusta ironia per rendere ridicola anche la voglia di uccidere, facendone miseramente fallire la sparatoria, qui invece ci ritroviamo come epilogo una delle ragazze che si impicca dentro l'armadio. E va bene che l'armadio contiene tutti i ricordi, tutti i fantasmi del protagonista, ma che una ragazza si spezzi l'osso del collo per un farfallone ormai più che maturo, che non si decide a volerla, dopo aver riassaporato, a distanza di quindici anni di assenza, tutte le sue amiche, questo proprio non regge.
 
Era iniziato bene: lui che lentamente e con fatica si rialzava dal letto e mentre si rivestiva si raccontava (splendida citazione di Long Life, un indimenticabile lavoro di Hermanis del 2003 che vedemmo al Teatro Festival Parma ) e più si vestiva più si svelava. Dietro di lui una specie di testiera sacrale piena d'immaginette che alla fine della vestizione si rivelava, ruotando, come il grande armadio contenitore dei sogni di Wictor Ruben. E una alla volta entravano in scena le sei signorine di Wilko, che per tutte le oltre due ore e quaranta non avrebbero fatto altro che vestirsi e svestirsi, o fare marmellate, tutte innamorate dell'eternamente indeciso Wictor.
Le teche di vetro che diventavano tombe, o prigioni in cui dimenarsi forsennatamente, o sale da ballo in cui condurre una sveltina assieme a Wictor, erano una piccola efficace invenzione poetica, come la polvere che ad un certo punto le ragazze soffiavano addosso a lui per fargli assaporare la fugacità della percezione. Così come egualmente poetica era la scena con cui tutte, in fila indiana, procedevano leggendo un libro per poi a turno lasciarsi cadere fra le braccia di lui.
La ragazza sepolta nella teca ricoperta di una corazza di pentole, che ad un certo punto esplodeva in un moto parossisitico, era di grande fragore emozionale. Ma le emozioni erano troppo diluite per reggere questo tentativo poetico, che voleva rifarsi al Mastroianni della felliniana Città delle donne o, ancora più ambiziosamente, a Proust, per la sua capacità di decifrare la memoria delle percezioni sensoriali. interna2.jpg
 
Chissà perchè i registi lituani come Nekrosius, o come in questo caso lettoni come Alvis Hermanis, una volta che fanno recitare i loro lavori ad attori italiani perdono in potenza espressiva, lasciando dietro di sé quella preziosa capacità di comunicare senza parole, attraverso precisi, semplici quanto implacabilmente travolgenti, segni scenici. Paradossalmente più entrano nella nostra lingua e diventano narrativi e consequenziali, più perdono la capacità di emozionarci visceralmente.



Tags: alvis hermanis, amore, le signorine di wilko, morte, nekrosius, Sergio Buttiglieri, teatro lettone, zio vanja,
08 Febbraio 2010

Oggetto recensito:

LE SIGNORINE DI WILKO, DI ALVIS HERMANIS

Prossimamente in scena: Napoli, Teatro Mercadante, dal 10/02 al 21/02; Rimini, Teatro Novelli, dal 26/02 al 28/02; Roma, Teatro Argentina, dal 2/03 al 14/03; Lisbona (Portogallo), 19 e 20/03; Prato, Teatro Metastasio, dal 24/03 al 28/03; Pordenone, Teatro Giuseppe Verdi, 30 e 31/03; Brescia, Teatro Sociale, 6 e 7/04; Cesena, Teatro Bonci, dall’8/04 all’11/04; Perugia, Teatro Morlacchi, dal 14/04 al 18/04; Correggio, Teatro Asioli, 20 e 21/04; Chiasso (Svizzera) 22 e 23/04; Rennes (Francia) dal 27/04 al 29/04; Liegi (Belgio) dal 4/05 al 6/05; Catania, Teatro Ambasciatori, dall’11/05 al 23/05; Berlino (Germania), dal 28/05 al 30/05; Tampere (Finlandia) dal 6/08 all’8/08

giudizio:



8.505
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Ottimo pezzo

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