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TEATRO

L'assurdo teatro quotidiano

Un bel ricordo d'inizio stagione, Il viaggiatore onirico di Emanuele Conti, dove un impiegato fantozziano prende il bus sbagliato e finisce in un universo parallelo. E' un mondo surreale eppure tanto vicino al nostro, con un consiglio d'amministrazione impegnato a varare "grandi opere" decisamente famigliari


di Sergio Buttiglieri


Chi a teatro in genere ama andare a vedere testi tormentati, in cui si mette a nudo la fragilità umana, come il sottoscritto, di fronte al Viaggiatore Onirico in scena al Teatro della Tosse di Genova potrebbe pensare di non restare troppo coinvolto.
 
E invece: si comincia dai tre semplici teli bianchi stropicciati, su cui viene proiettato un iconico orologio a pendolo prima e poi rimesso in moto da un buffo omino lungo lungo, issato con i suoi scarponi da clown, e la sua mascherina fiabesca, su una precaria scaletta con tanto di iperboliche rotelle che fuoriescono dal pendolo inondando lo spazio di tutte le complicazioni che il tempo ci regala ogni giorno. Già da questo prologo immaginifico, l’improbabile storia colpisce subito. Anche merito della raffinata scenografia di Luigi Ferrando, ricca di invenzioni grafiche e di animazioni sullo sfondo, e di un palcoscenico che è un’urbanistica isolati e sportelli da cui spesso zompano fuori gli strampalati personaggi del “consiglio di amministrazione”, che indossano i costumi di grande bellezza ideati da Bruno Cereseto.
 viaggiatoreonirico.jpg
Dal proverbiale megadirettore ultragalattico, alla procace segretaria, dai due scafati consiglieri con le mani in pasta negli appalti, all’irremovibile ristoratore dai baffi come l’omino bialetti, eravamo di fronte ad una “probabilissima” società, tutta intenta a leccare il grande capo.
La storia è presto detta: un impiegato metropolitano annoiato dalla vita che ad un certo punto sbaglia autobus e si ritrova in pieno deserto a fare i conti con un mondo parallelo
, in cui tutti ritengono indispensabile costruire un’enorme strada ferrata nel deserto senza nessuna meta. Il teatrino della delibera di questa grande inutile opera faraonica era spassosissimo e al contempo piacevolmente inquietante.
 
Tratta molto liberamente da un testo di Boris Vian, eclettico scrittore e musicista francese degli anni ’50, questa storia surreale diventa drammaticamente simile a tutto quello che ci scorre davanti nella nostre vite reali, a cominciare dalle grandi opere - grandemente inutili - che ogni tanto qualcuno tira fuori come priorità per il paese. Al contrario di quello onirico di Vian, il nostro stato è devastato dalla mancanza di tutta una serie di prosaiche esigenze che rendono accettabile una società che si vuole definire avanzata. In Vian il paese onirico è sempre un sogno in cui la realtà farà capolino subito dopo al risveglio. Noi purtroppo questo risveglio non abbiamo più la capacità d’immaginarcelo davvero.
 
Meno male che perlomeno c’è il teatro che ci scombussola e ci diverte come in questa piccola preziosa coproduzione del Teatro Della tosse e del Festival della Scienza di Genova, con la intelligente regia di Emanuele Conte a permetterci d’intuire altri possibili scenari fuori dalla monotonia, e a farci augurare di salire anche noi su qualche “bus sbagliato”.

 
 


Tags: Autunno a Pechino, Boris Vian, Emanuele Conte, genova, Il teatro della tosse, Il viaggiatore onirico, recensione, Sergio Buttiglieri,
22 Giugno 2011

Oggetto recensito:

Il viaggiatore onirico, di Emanuele Conte, ispirato a Autunno a Pechino di Boris Vian

La storia del Teatro della Tosse: il Teatro da Sant’Agostino nasce nel 1701 ed è il primo teatro pubblico della città: vi debutta nel 1795 Niccolò Paganini. Nel 1916 – il nome è allora Teatro Nazionale – Gilberto Govi vi fonda la sua compagnia.
 
Ugo Volli: ha così riassunto per La Repubblica lo spirito dell’ avventura teatrale del Teatro Della Tosse: “Se nel nostro mondo teatrale, così pieno di premi, di concorsi, riconoscimenti, bilgietti aerei e altre futili solennità si assegnasse finalmente un premio al divertimento teatrale, al puro divertimento di fare teatro, cioè al teatro come diversione, deviazione, stravanganza, gioco rispetto al quotidiano....Se un premio così davvero patafisico ci fosse, saprei benissimo a chi assegnarlo: al Teatro della Tosse"

giudizio:



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