Una grande mostra a Palazzo Reale sottolinea per la prima volta il fondamentale legame fra il capoluogo lombardo e l'autore delle "teste composte", che lavorò gran parte della sua vita alla corte degli Asburgo
di Cristina Geninazzi
Primavera
Milano si regala una mostra di straordinaria bellezza, dall'accattivante profondità artistica e culturale, potente come lo sfarzo che esige l'evento: riaccogliere in patria un grande artista tutto milanese, ma poco valutato come tale dalla critica precedente.
Giuseppe Arcimboldo infatti, pittore del '500 dall'estro geniale e ironico, è un artista formatosi nelle botteghe lombarde ma chiamato presto alla corte asburgica dal futuro imperatore Massimiliano, presso la quale restò in servizio per 25 anni. A Palazzo Reale, per la prima volta, la curatrice Ferino-Pagden (del Kunshistorisches Museum di Vienna) propone l’ipotesi che la serie delle famose "teste composte" (qui accanto, Estate) conservata a Monaco di Baviera sia precedente, e pertanto di origine lombarda, a quella realizzata presso la corte austriaca. Quest’innovativa analisi rinsalda il legame artistico dell’artista con la sua città: le sue bizzarrie sono frutto e rielaborazione delle influenze dell’arte lombarda e quindi probabile causa, non conseguenza, della sua chiamata oltralpe.
In questo senso la mostra sottolinea il ruolo di Milano come culla della raffigurazione naturalistica rinascimentale: dal filone delle teste grottesche di Leonardo, alle preziosità delle arti applicate e degli arazzi, le prime quattro sezioni dell’esposizione sono uno spaccato della bellezza florida dell'arte cittadina del '500, che contestualizzano e creano un corridoio di aspettative per introdurre teatralmente i capolavori di Arcimboldo. Enciclopedie scherzose, cataloghi naturali convertiti in chiave artistica, le Stagioni e gli Elementi sono paradossi visivi che creano volti dalle sembianze umane attraverso composizioni di piante e animali. La cura minuziosa del particolare e lo studio compositivo della struttura sfidano la prospettiva ottica di chi ammira le opere.
Le "pitture ridicole" si arricchiscono poi di raffinatezza formale e programmatica divenendo panegirici pittorici della potenza e stabilità dell’impero degli Asburgo, come nel Vertunno, celeberrimo ritratto dell’Imperatore Rodolfo II, dipinto come dio delle trasformazioni. Oppure attraversano l’eccesso e il grottesco nelle innovative allegorie critiche (Il Bibliotecario, qui accanto), spingendosi fino alle scioccanti composizioni delle "teste reversibili", che qui si suppone abbiano ispirato il genere delle nature morte.
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ARCIMBOLDO, PALAZZO REALE, MILANO
Fino al: 22 maggio
Dove: Palazzo Reale, piazza Duomo 12, Milano
Orari: lunedì 14.30-19.30; giovedì e sabato 9.30-22.30; tutti gli altri giorni 9.30-10.30
Biglietti: intero euro 9.00, ridotto euro 7.50
Informazioni: www.mostrarcimboldo.it; infoline 02/92800375
In collaborazione con: Kunsthistorisches Museum, Vienna; National Gallery of Art, Washington Mostra e catalogo Skira a cura di: Sylvia Ferino-Pagden
Comitato scientifico: Giacomo Berra, Giulio Bora, Chiara Buss, Silvio Leydi, Robert Miller, Giuseppe Olmi, Caterina Pirina, Francesco Porzio, Lucia Tongiorgi Tomasi
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