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MOSTRE

Quando il pittore ci mette la faccia

Cento ritratti per cento personaggi: eroi di guerra e uomini comuni visti dagli occhi di artisti italiani e internazionali. Tra un Ingres in soggiorno romano e il Modigliani andato a scuola da Cézanne, la mostra padovana Il volto dell'Ottocento riscopre un secolo in cui la nostra arte era tutt'uno con quella del mondo


di Francesca Castellani

 


Amedeo_Modigliani_Young_Woman.JPGCorreva l’anno 1911. A Firenze Ugo Ojetti, critico e storico di punta, inaugurava a Palazzo Pitti una mostra sul Ritratto italiano dalla fine del ‘500 al 1861. Ai connazionali di allora, un po’ smarriti un po’ depressi tra il chiasso futurista e l’innegabile predominio straniero emerso dalle prime Biennali, si offriva un riscatto dal provincialismo. A segnare la via d’uscita era proprio il ritratto: genere “socievole” in cui gli artisti del nostro ottocento, con l’aiuto di cotanto passato (ecco perché partire dal ‘500), erano riusciti a disfarsi di molta polvere e qualche retorica, tenendo il passo della modernità… “se i giovani pittori italiani - argomentava Ojetti - li conoscessero tutti, potrebbero far a meno di andare in Francia ad adorare Cézanne”.
 
Fortunatamente i giovani pittori italiani non gli hanno dato ascolto, come si può notare dal bellissimo Modigliani che a Padova chiude la rassegna su Il volto dell’Ottocento: una Madame Modot (1918, a destra) che ricorda molto la signora Hortense Fiquet, coniugata Cézanne, trasformata in una madonna gotica senese dall’arabesco del lungo collo. Uno dei tre Modì presenti alla mostra a Palazzo Zabarella, che si allunga anch’essa sul Novecento di Balla, Boccioni, Severini e altri italiani di Parigi per dimostrare, in definitiva, la tesi contraria di Ojetti: è sulla scena internazionale che i nostri vanno collocati, per riconoscergli il loro giusto ruolo.
 
Dunque cent’anni, e tante mostre, studi, rivalutazioni, viavai di mercato dopo, il ritratto sembra ancora un buon punto di osservazione per riflettere sulla posizione del nostro Ottocento. Ce lo permette anche il percorso preparato dai curatori, come al solito eccellente. Opere importanti (molte mai uscite dai luoghi che le ospitano, beate loro), rappresentative dei diversi momenti dello stile, dei climi affettivi, sociali, culturali, persino dei generi del ritratto: dalla testa ideale che Canova regala a Napoleone, naturalmente più grande del vero, alle miniature che addomesticano l’ideale in formato “ago e filo”; dai gruppi di famiglia, antecedenti dei dagherrotipi, ai manifesti estetici degli omaggi tra artisti. 
 
Guriev.jpgI “ritratti in scena” travestono i personaggi in modelli etici o estetici (non senza involontari effetti comici): ma dalle carnalissime natiche di Carlotta Chabert, l’amante che Hayez riprende (s)vestita da Venere, non è l’ideale che traspare, bensì qualcosa di molto tangibile… Armato di moderno, il desiderio di “realtà” si insinua, incrina e muta le ambizioni.
 
Forse è un peccato: se dovessi tentare un bilancio, nel primo Ottocento, col neoclassicismo, coi puristi, si respira meno aria di provincia. Non a caso per un po’ siamo tutt’uno con la Francia; Roma attrae gli stranieri, ed Ingres dipinge qui lo strepitoso Ritratto del conte Guriev (1821, a sinistra), un capolavoro di snobismo psicologico e pittorico, con quel colpo di teatro del mantello rosso che letteralmente rintocca sui colori freddi del resto del quadro. 
 
Dopo cominicia una rincorsa all’aggiornamento (fatta anche di comprensibilissime occasioni, soldi, mercato) probabilmente inevitabile: cambia lo scenario della politica culturale, cambiano le referenze e i committenti, con la fine dell’Ottocento siamo alla prima globalizzazione. Non è un caso se la madonna in gotico toscano Modigliani la dipinge a Parigi.
Ha torto Ojetti: di Cézanne non si può fare a meno. Ma alle sue spalle c’è anche la lezione dell’altro livornese Fattori. La mostra serve a ricordarcelo.



Tags: Amedeo Modigliani, Antonio Canova, arte italiana, Francesca Castellani, Il volto dell'Ottocento, Jean auguste Dominique Ingres, mostra, ottocento, padova, palazzo zabarella, recensione, ritratto, Ugo Ojetti,
13 Ottobre 2010

Oggetto recensito:

Da Canova a Modigliani. Il volto dell'Ottocento, Palazzo Zabarella, via S. francesco 27, Padova

Fino al: 27 febbraio
Orario: tutti i giorni dalle 9.30 alle 19.30
Ingresso: 10 euro, ridotto 5 euro
Info: www.zabarella.it
Curatori: Francesco Leone e Maria Vittoria Marini Clarelli
Tra i molti pregi: nel proliferare di mostre che schiamazzano grandi nomi nel titolo per offrire poi opere minori, questa mostra mantiene tutte le sue promesse e non promette ciò che non mantiene
Un difetto: l’allestimento. Il dipinto di Ingres (uno dei prestiti più importanti e, ahinoi, il pezzo più bello della mostra) è praticamente invisibile sotto un vetro – la prossima volta, vi prego, mettete un antiriflesso!
Immagine in homepage: Ritratto di Carolina Grassi e Bianca Bignami, sorelle Gabrini, 1835

giudizio:



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