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FILM

Boris, la serie continua. Al cinema

La fiction di culto che ha tenuto banco su Sky per tre stagioni approda sul grande schermo. Con lei la scalcagnata troupe guidata da Renè Ferretti, regista di soap opera ora alle prese con la realizzazione di una pellicola "di denuncia". Si ride tanto, ma ci si chiede anche: è un film, o l'ennesima puntata, solo un po' più lunga?


di Igor Vazzaz


Rassegniamoci: sebbene ci si possa vantare, non è detto ancora per quanto, d’essere un popolo di navigatori, santi ed eroi (cui aggiungiamo gli artisti), niente rappresenta noi italiani come la commedia o, nella migliore declinazione del ridicolo, la satira. Non lo affermiamo tanto per darci un tono e citar la prima cantica dantesca, quanto dinanzi a una pellicola che, pur non destinata alla storia, rappresenta in ogni caso un significativo paradigma della nostra attualità. 
 
Parliamo di Boris, il film, traslazione dal piccolo al grande schermo di quella che è, se non la migliore serie tout court, di certo la più efficace sit–com della nostra televisione (leggi la nostra recensione). Ed è curioso notare come pure l’altro prodotto monstre della recente serialità italiana, il celebrato (pure troppo) Romanzo criminale, abbia intrapreso, per quanto in modo inverso e su altri presupposti, il percorso migratorio tra cinema e tv: carenza di idee o paura di rischiare da parte dei produttori?
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Dilemma tutt’altro che secondario, specie in relazione al lungometraggio firmato, come la serie sorgente, Ciarrapico–Torre–Vendruscolo: non perché s’imputi a Boris le magagne d’un intero sistema produttivo, ma poiché, proprio dall’iper–rappresentazione resa in entrambi gli ambiti, la dimensione asfittica della cosiddetta “fabbrica dei sogni” viene restituita con implacabile spietatezza. Se prima il bersaglio polemico era il dietro le quinte d’una soap opera di bassa lega il cui principale indirizzo estetico era procedere "un po’ a cazzo di cane", adesso l’intera brigata di personaggi improbabili ma realistici si trasferisce nel più rispettato e radical–chic ambiente del cinema, quello dei maglioncini e degli occhialetti alla Gramsci. 
 
Il risultato non è dissimile dalle performance catodiche, mettendo in scena non solo un’intera antropologia di cialtroni, dal regista frustrato (l’ottimo Francesco Pannofino) al direttore della fotografia scansafatiche e cocainomane (un sornione Ninni Bruschetta), dall’attore cane e raccomandato (Pietro Sermonti) al quasi afasico capo elettricista (Paolo Calabresi), ma, anche qui, un mondo nel suo complesso, i suoi infingimenti, le sue ipocrisie, la sua colpevole sciattezza morale e creativa. Cambio di categoria, non di logica.
 
La lente satirica distorce, ma neppure troppo, ed è questa la cifra preoccupante del successo di Boris: fa ridere, moltissimo, di qualcosa che, se non è vero, è più che verosimile. Il rischio palpabile è l’effetto Sordi, l’implicita bonarietà assolutoria che innerva tanta comicità, anche d’ottima fattura. Le risate migliori sono infatti quelle in cui le verità più atroci vengono evidenziate nella loro desolante immutabilità, al di là di caratterizzazioni e tic di personaggi comunque ottimamente costruiti, tutti dotati d’una propria, ancorché comica, profondità. "La concorrenza non c’è!" afferma giulivo Lopez, cinico delegato di rete reso da un Antonio Catania perfidamente smagliante, burocrate riciclatosi al cinema che avverte: "La tv è come la mafia, non se ne esce che da morti". Si ride, a squarciagola o a denti stretti, ma si ride e il ritmo è ben tenuto, cosa nient’affatto banale. 
 
A fronte di un soggetto comunque esiguo, la domanda è una sola: stiamo vedendo cinema o televisione su schermo gigante? Propendiamo per la seconda ipotesi. Nonostante una sceneggiatura vivace e alcune brillanti trovate, Boris non fa che capitalizzare al massimoBoriscast.jpg, in termini narratologici, quanto accumulato in televisione. Là dove un lungometraggio ha la necessità di presentare i personaggi, fornire dettagli in termini informativi e psicologici, qui il lavoro risulta già svolto in quarantadue episodi pregressi. 
 
Difficile immaginare di vedere la pellicola ignorandone il precedente catodico. In questo senso, Boris, il film ci ricorda un poco, senz’offesa, i cartoon lunghi che portavano al cinema i vari Goldrake, Jeeg, e, in tempi più recenti, i Simpsons: esercizi di stile, in tempi più dilatati, di prodotti pensati per la fidelizzazione narrativa, la moneta in corso e più forte della fiction tv. Il grande schermo amplifica qualcosa avvenuto altrove: lo spettatore attende fremente di ri–conoscere i propri eroi, nella ricerca, più o meno conscia, di rassicuranti conferme, con margini di sorpresa ridotti al minimo, ed è questa la fragilità endemica di simili operazioni.
A fronte d’una visione comunque scorrevole e divertente, ci portiamo a casa i morsi d’una satira che fa male, i dubbi sulla sua reale efficacia e la netta sensazione d’aver visto, al cinema, un bell’episodio d’una serie televisiva: non poco, ma neppure troppo.



Tags: Boris, Carolina crescentini, Caterina Guzzanti, cinema italiano, Giacomo Ciarrapico, Igor Vazzaz, luca vendruscolo, mattia torre, occhi del cuore, Pietro Sermonti, satira,
07 Aprile 2011

Oggetto recensito:

Boris il film, di Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo, Italia 2011, 108 m

Cast: Luca Amorosino, Valerio Aprea, Carolina Crescentini, Massimo De Lorenzo, Carlo De Ruggeri, Alberto Di Stasio, Roberta Fiorentini, Caterina Guzzanti, Andrea Sartoretti, Alessandro Tiberi, Giorgio Tirabassi, Karin Proia, Massimiliano Bruno, Claudio Gioé
Chi (ci) mancava: Marco Giallini e Corrado Guzzanti, due attori (e due personaggi) fantastici
Chi abbiamo intravisto: Massimo Popolizio, Nicola Piovani (perde i soldi al gioco sulle note di Life is Beautiful)
Chi è Boris: il pesciolino rosso che il regista René Ferretti (Francesco Pannofino) tiene sempre con sé quando gira
Applausi: Rosanna Gentili, la sua nevrotica grand’attrice è una delle note migliori del film
La frase: "Dopo la tv c’è il cinema, dopo il cinema la radio e poi la morte", pronunciata da Diego Lopez – Antonio Catania e ripresa da Elio e le Storie Tese nella canzone dei titoli di coda Per veri fan: www.borisitalia.it, sito non ufficiale, ma completo di cast e rassegna stampa sulla serie e sul film
Il giudizio: tre soli all’episodio tv visto al cinema, due ombrellini (ma colorati e un po’ sfiziosi) al film come tale

giudizio:



8.669997
Media: 8.7 (3 voti)

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