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MUSICA JAZZ

Gabriele Coen, se la diaspora è musicale

La musica ebraica è nomade e inquieta come la storia del suo popolo: alla lunga relazione fra klezmer e jazz il gruppo del sassofonista romano dedica il suo ultimo disco, Awakening. Entrando nella scuderia del maestro di contaminazioni John Zorn
 


di Marco Buttafuoco

 


Uno dei primi esempi di incontro fra jazz e musica klezmer risale al 1920. L’ incisione si chiama Palesteena, la trovate su You Tube ed è un documento davvero prezioso e musicalmente affascinante. Dimostra come nel crogiolo caldissimo delle strade di New York dei primi decenni del secolo scorso emergesse quel fenomeno che oggi definiamo con varie e variamente inappropriate etichette: contaminazione, globalizzazione culturale, ibridazione eccetera. Per gli ebrei della diaspora queste pratiche culturali erano d’altronde largamente diffuse da secoli. La stessa lingua che gli ebrei usarono in tutta l’Europa centro-orientale, lo yiddish, fu un mix asistematico di russo, tedesco e svariatissime altre lingue. La musica detta klezmer affonda le radici in quella gitana, e via contaminando. 
 
Restando nello specifico, il rapporto fra jazz e cultura ebraica è stato sempre comunque intenso e fruttuoso. Si può fare il nome di George Gershwin, per citare solo uno dei capostipiti e fulgidi esponenti. L’ ultimo importante episodio di questa lunga vicinanza è stato la fortuna del fenomeno John Zorn, e della sua etichetta newyorkese Tzadik, che da anni esplora i confini mobili che delimitano tradizione giudaica (e non) e avanguardie jazzistiche (e non). Una delle collane del catalogo di Zorn si chiama proprio Radical jewish culture. Oggi un gruppo italiano, la Jewish Experience del sassofonista e clarinettista romano Gabriele Coen, è entrato nella scuderia del vulcanico autore della saga di Masada e ha inciso questo bel cd.
 
Awakening
si articola lungo dieci, complesse tracce. Solo due di loro sono riconducibili a materiale musicale dell’ Europa centrale (l’ultima, Koilen, ha una marcata e curiosa somiglianza con Bella Ciao). In ognuna Coen, supportato da un gruppo di grande valore, lascia gabriele_coen_03_roma.jpgrisuonare tutti gli echi, i sedimenti della cultura millenaria del suo popolo, oltre che della sua esperienza di musicista militante del jazz contemporaneo. Atmosfere mediorientali e mitteleuropei, tracce di Spagna, inserti di improvvisazione, ma anche musiche caraibiche e melodie mediterranee. Un violino e un violoncello che si muovono fra klezmer e brividi di free jazz, una deliziosa chitarra che supporta e abrade al tempo stesso il quadro musical disegnato dal leader. 
 
Tradizione e tradimento, come è di moda dire oggi. Il conflitto di questi due termini è però probabilmente molto più aspro e pregnante nella cultura del popolo della Torah
che non in quella in cui siamo immersi. Lo stesso Zorn nella presentazione dell’etichetta parla dei continui e violenti attacchi di cui la sua tormentata ricerca è costante bersaglio. Ma si potrebbero citare anche grandi scrittori come Isaac Singer o Chaim Potock per dimostrare la validità di questo assunto. Andremmo troppo lontano, però. Qui si tratta solo di segnalare un disco bello e interessante, ricco di spunti e suggestioni diverse che non diventano mai collage, accozzaglia di generi, citazioni superficiali e rimasticate della tradizione. E’ una musica, quella di Coen, sofferta e gioiosa al tempo stesso, scontrosa ed incantevole come la cultura di cui si alimenta.



Tags: Awakening, Gabriele Coen, George Gershwin, jazz, Jewish Experience, John Zorn, klezmer, Marco Buttafuoco, yiddish,
25 Novembre 2010

Oggetto recensito:

Gabriele Coen e Jewish Experience, Awakening, Tzadik 2010

 

giudizio:



3.06
Media: 3.1 (12 voti)

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