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DISCHI

Quando il jazz torna a ballare

Come avrebbero suonato le big band degli anni Venti se, anziché a New Orleans, fossero nate sui colli del Mugello? In Una banda così i 15 musicisti dei Funk Off provano a immaginare una risposta. I ritmi afroamericani incontrano le marce popolari italiane: sempre a passo di danza


di Marco Buttafuoco


Nello slang americano "funk" è un termine di difficile traduzione: dovrebbe indicare principalmente l’odore che una persona emette quando lavora duramente o quando fa sesso. Nel linguaggio jazzistico sta a significare una musica ritmicamente rocciosa, che richiama le funzioni delle chiese nere e i canti di lavoro, il blues e il r'n'b. Riff marcati, sonorità ruvide, trance emotiva. In realtà “funk” è parola mobile: la si può applicare a Sly and the Family Stone quanto a James Brown e ai rapper dei ghetti. 
 
In ogni caso, niente nella parola "funk" sembra riportare la mente alle verdi colline del Mugello. Eppure in quel di Vicchio, poco lontano da Firenze, è nata nel 1998 (e opera tuttora, con ottimi consensi)  una band di fiati e percussioni particolare, con il nome di Funk Off. Quindici musicisti, in gran parte dilettanti, che conciliano a fatica lavoro, prove e concerti. La loro formazione ideale prevederebbe un trombone, ma in zona non ce ne sono molti disponibili e la band ne fa a meno. Ciononostante vanta 4 dischi, 500 concerti in tutto il mondo e l’ onore di aprire festival di rango come Umbria Jazz.
 
I Funk Off definiscono se stessi come marchin band. Il loro meglio lo danno dal vivo, quando tutto il gruppo si muove danzando agli ordini del leader, il saxbaritonista Dario Cecchini. Le loro street parade sono sempre divertentissime. Musicalmente parlando non sono inquadrabili in una corrente particolare. Suonano funk, ma anche jazz (Cecchini conosce perfettamente la scrittura orchestrale afroamericana, dal dixieland al free), ritmi latini, rock e, a volte, anche melodie bandistiche italiane.
 
Mescolare i generi è qualcosa che oggi fanno praticamente tutti i musicisti, e mettersi definire quali siano (o siano stati) i confini fra i linguaggi musicali è impresa veramente improba e di non grande utilità. Ciò che invece è importante dire di questa band è che vuole riportare il jazz in strada, dove era nato. E che la loro musica fa ballare, come faceva ballare il jazz delle origini. Tutto questo avviene senza che mai il gruppo scada nel revival, nel manierismo, nella gag sonora o teatrale.
 
Non è musica particolarmente innovativa quella dei Funk Off: ma è viva, vitale, entusiasta, corporea, naif solo in apparenza. E ha un suo sound particolare e corposo, che sa di e sole e spezie piccanti, con lontani ma consistenti odori da banda italiana di paese. Questo Una banda così è il loro quarto disco. Vi suonano ospiti illustri come Gianluca Petrella, Fabrizio Bosso, Antonello Salis, Horacio “El negro” Hernandez. Divertente, robusto, ruvido quanto basta: cattura, anche se, per forza di cose, non riesce a restituire la dimensione visiva delle performance.



Tags: bande, dixieland, firenze, funk, funk off, James Brown, jazz, marchin' band, Marco Buttafuoco, Mugello, My Favorite records, orchestra, Sly and the Family Stone, Toscana, Umbria Jazz,
08 Giugno 2010

Oggetto recensito:

Funk Off, Una banda così, My Favorite records 2010

giudizio:



7.400772
Media: 7.4 (13 voti)

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