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MUSICA

Wilco, America ieri

Oggi sono passati esattamente dieci anni: il 23 aprile 2002 usciva Yankee Hotel Foxtrot, il primo disco in cui una bella band di power pop americana diventava qualcos'altro. Ma anche un disco sinistramente profetico: basi pensare che in un primo momento era programmato per l'11 settembre dell'anno prima. E non è stata l'unica volta in cui il gruppo ha incrociato (e simboleggiato) la Storia degli Usa: come quando un semisconosciuto senatore...


di Simone Dotto

Barack Obama e i Wilco nel 2005


I would like to salute
The ashes of American flags
And all the fallen leaves
Filling up shopping bags

 
Qualsiasi cosa ma non chiedetelo a Jeff Tweedy. Lui, che pure dei Wilco è la voce e la mente da prima ancora che si chiamassero così, la fa semplice: “Chi crede nei simbolismi perde di vista la realtà delle cose”. Buon vecchio pragmatismo americano o falsa modestia da intellettuale ritroso? L’ardua sentenza ai posteri, che poi saremmo noi, dieci anni dopo la pubblicazione di quello che, secondo molti, non è solo il capolavoro di una grande band ma una fra le colonne sonore più rappresentative di un decennio, iniziato col botto e corso troppo in fretta perché ce ne rendessimo conto.
 
Certo è che, per quanto si possa giocare a scoprire le carte degli artisti quando parlano del proprio lavoro, attribuire doti profetiche a uno che di mestiere fa l’autore di canzoni è comunque impresa dura. Tanto più che Yankee Hotel Foxtrot era bello e pronto già nove mesi prima dell’uscita effettiva. Sulle scrivanie ai piani alti della EMI ci era arrivato proprio così come l’avremmo ascoltato, e con una data già nel listino: 11 settembre 2001.
 
Skyscrapers are scraping together
your voice is smoking
last cigarettes are all you can get
turning your orbit around

   
Ora, i discografici non saranno più i cani di tartufo di una volta ma un certo fiuto per le disgrazie lo tengono ancora. Così qualcuno sente puzza di bruciato, il disco viene rispedito ai mittenti e la pubblicazione rimandata. Troppo “difficile”, dicono, soprattutto per la norma di quello che fin’ora è stato fondamentalmente un gruppo di power pop e (belle) chitarre.
 
yankee-hotel-foxtrot---wilco-7.jpgA pensarla col senno di poi, con buona pace di Tweedy, tutti i simbolismi diventano leciti: i grattacieli della grande industria discografica che chiudono la porta all’Ultima Profezia per andare incontro, di lì a poco, al proprio Ground Zero. Non serve invece lanciarsi in interpretazioni troppo spericolate per immaginare che fine avrebbe fatto una copertina come quella se fosse stata resa pubblica un giorno come quello in un paese come quello: così sotto shock da mettere al bando dalla programmazione di 1400 stazioni radio persino In the Air tonight di Phil Collins, non esattamente quello che si dice un autore “dinamitardo”…
 
There's a war on
You're gonna lose
You have to lose
You have to learn how to die
 
Ma non è solo una questione di copertina o di sfortunate coincidenze. E’ che in questo disco tutto sembra già parlare di un impero in rotta di collisione, a cominciare dalla musica. I suoni della tradizione elettrica americana arricchiti di una sfumatura sinistra, brani che nascono classici e vengono poi dilatati e scomposti dalla mano del produttore Jim O’ Rourke - musicista avantgarde prestato all’occasione al pop e al rock alternativo. I titoli, che vanno da War on War al saluto di congedo rivolto a una bandiera a stelle e strisce ridotta in cenere (Ashes of American Flags). Tutte impressioni che appartengono esclusivamente all’orecchio dell’ascoltatore, americano e occidentale, ancora fresco del trauma. In fondo, a sussurrare di “alti edifici che tremano” non è un episodio di terrorismo sonoro ma una canzone che sotto il nome cinico (Jesus Etc) porta un suono dolcissimo, disegnato apposta per un arrangiamento d’archi.
 
Quando Yankee Hotel Foxtrot vedrà finalmente la luce - su marchio indipendente – l'autunno e l'inverno seguente sono già passati, ed è da poco tornata la primavera: chi lo ascolterà potrà guardarsi indietro e scegliere di leggerci il volto di un’America(na) sfregiata e irriconoscibile oppure una nazione che, ancora con il ronzio nelle orecchie, cerca di leccarsi le ferite e rimettere insieme i pezzi. Anche in questo caso, tutti i simbolismi sono leciti.



Tags: 11 settembre, barack obama, Nonesuch, Simone Dotto, Wilco, Yankee Hotel Foxtrot,
23 Aprile 2012

Oggetto recensito:

Wilco, Yankee Hotel Foxtrot, Nonesuch 2002

Il Precedente: con una coincidenza che farebbe la gioia di quelli di Voyager, nel 2005 il futuro Presidente Barack Obama presentava i Wilco al pubblico del Farm Aid in Illinois. Il titolo della canzone in scaletta è Airline to heaven
 

giudizio:



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