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TEATRO

César Brie recita a memoria

Il corpo e la voce dell'attore-regista, assieme a pochi oggetti di scena, ricordano i quindici campesinos boliviani uccisi nel 2008 durante una manifestazione politica. Un monologo che è una vibrante testimonianza civile


di Sergio Buttiglieri

 


cesar_brie_albero_senza_ombra_1.jpgDi questo esemplare monologo che César Brie dedica alla memoria degli ultimi della terra, eliminati senza tanto clamore mediatico nella giungla boliviana nel 2008, quello che rimane impresso - oltre alla ineludibile indignazione verso ciò che nessuno altrimenti ci avrebbe detto - sono alcuni segni teatrali di grande efficacia: a cominciare dal semplice tracciato rettangolare di foglie secche che delimitano la scena e che l’attore percorrerà più volte raccontandoci l’eccidio dei contadini stanchi di essere sfruttati, senza più la loro terra, caduta in mano a chi voleva impossessarsi del caucciù.
 
Per mostrarci la brutalità dei killer brasiliani (assoldati a 20 dollari per massacrare i contadini che manifestavano a favore del candidato Evo Morales) basterà un piccolo secchio pieno d’acqua, dal quale vengono estratti  i vestiti zuppi delle donne stuprate e dei bambini violati come se grondassero ancora sangue. 
 
Brie, originario dell’Argentina e Fondatore de Il Teatro de los Andes, dopo una lunga collaborazione europea con Iben Nagel Rasmussen nel Gruppo Farfa e la significativa formazione con l’Odin Teatret di Eugenio Barba. All'inizio del racconto ci ricorda che c’è un limite sottile tra la prudenza e la codardia. Un limite che spesso ci porta all’omissione. E questa omissione è quella che lui intende evitare nella sua vita di teatrante nomade, sempre alla ricerca di luoghi e persone a cui raccontare, attraverso il teatro, storie legate al territorio.
 
A dare il giusto ritmo al racconto è la sua voce dal forte sapore sudamericano, carica di un’epica degna del Garcia Marquez di Cent’anni di Solitudine; è il suo corpo dinamico che vedremo roteare con un semplice fazzoletto rosso, quasi a ricordarci la ciclicità dei massacri a cui abbiamo assistito e a cui assisteremo, prima di dimenticarceli di nuovo. Tutto il suo lavoro è riassunto efficacemente dal sogno che il suo personaggio ad un certo punto racconta:“ero sdraiato sull’amaca mentre risalivo il fiume. C’erano due bambini. C’era un pantano e in quel pantano si perdevano le loro voci. Cosa volete?“
 
Per tutta la vita l'attore ha fatto in modo che quelle voci non si perdessero nel fango, che attraverso il teatro tornassero ad urlare per non venir dimenticate. Lui, che come quei contadini si ritrova sempre nel posto sbagliato, sempre fra i piedi di qualcun altro, in tutti questi anni ci ha raccontato storie cesar brie.jpgindimenticabili usando semplicemente il suo corpo, l’arte della parole, assieme qualche luce e pochi oggetti scenici. Ad esempio, in questo Albero Senza Ombra, un sacco che penzola diagonalmente per il palcoscenico pronto a squarciarsi e disseminare la fertile farina, metafora perfetta per il teatro più umile e necessario.
  
Brie sostiene che “il grido bisogna cantarlo, il dolore bisogna mediarlo, perché arrivi in tutta la sua intensità e possa aprire la porta della percezione”. Il paradosso del teatro consiste nel far percepire ciò che nella vita reale non si percepisce. Quest’ultima lo attraversa mentre il teatro rappresenta altro. E' il grottesco la chiave che usa per entrare nel cuore del suo pubblico, anche quello meno acculturato. Una recitazione che riesce a rappresentare la realtà più profonda, tra cronaca e abissi dell’anima, tra mejerchold’diane memorie e reminescenze gogoliane, che scardinano il concetto rassicurante di realismo.
 
Un teatro, quello di César Brie, marginale alle istituzioni, abituato a sopravvivere grazie al solo pubblico e senza sovvenzioni. Come avviene tutt’ora in Bolivia dove lui ha a lungo lavorato, fondando una nuova idea di recitazione basata su un’istanza etica fondamentale.



Tags: 11 novembre 2008, Albero senza ombra, bolivia, Cesar Brie, genocidio, massacro, memoria, monologo, recensione, Sergio Buttiglieri,
01 Marzo 2011

Oggetto recensito:

L'Albero senza Ombra, di e con César Brie

Prossimamente in scena: 4 e 5 marzo, Teatro al Parco di Parma
Humiliados y ofendidos: Su quelle stesse vicende, Brie nel 2009 ha prodotto anche un documentario, scomodo e pericoloso ma che si ostina a diffondere anche dopo aver ricevuto minacce ed essere stato picchiato da chi vorrebbe che tutto rimanesse insabbiato. Ma aveva promesso ai parenti sopravvissuti di raccontare il massacro, di serbare la memoria. Memoria che troppo spesso in tutti noi, bombardati da tante futili notizie, diventa labile

giudizio:



5.699997
Media: 5.7 (18 voti)

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