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TEATRO

Hip hop e suore in topless, così Molière dà ancora scandalo

Sono sempre in tanti a portare in scena i lavori del commediografo francese, ma solo qualcuno sa conservarne intatta la forza provocatoria. Con musiche di ogni tipo e scene hard, il regista torinese Valter Malosti riaggiorna La scuola delle mogli, cogliendo in pieno l'ironia grottesca che nel 1662 scandalizzò Parigi
 


di Giulia Stok


Un enorme armadio rosso, casa prigione, che ricorda quegli orologi a cucù in cui sono delle statue a battere le ore. E così, come due personaggi meccanici, si muovono incrociando spade e frasi il protagonista Valter Malosti e il suo amico mascherato Mariano Pirrello, in uno scambio di battute feroce e arguto, prima scena all’apertura del sipario e una delle migliori di tutto lo spettacolo.
 
Arnolphe, inventatosi “Signore del Ceppo”, ossessionato dal timore delle corna (ben chiarito a tutti da un cervo che domina la scena), ha deciso di costruirsi una moglie perfetta, abbastanza povera e stupida da essergli eternamente fedele e grata. Così si appresta a sposare Agnès-Giulia Cotugno, trovatella che ha cresciuto ed educato lontano dal mondo, protetta da due servi ottusi. Ma quando dalla casa prigione esce questo incrocio tra bambina innocente ed entrêneuse, con sgomento di Arnolphe la bambola rosa balla la sua danza di ingenuo entusiasmo per un giovane appena conosciuto, raccontando del felice incontro con ritmi hip hop.
 
“Stabilito il fatto che La scuola delle mogli non è una semplice farsa sostengo che la farsa naturalmente debba conservarsi. Se non si fa ridere con questo testo si fallisce”, dice Valter Malosti. E in effetti lo spettacolo è di un raro grottesco: raro perché condotto senza paura, e veramente provocatorio, proprio come dovette risultare all’epoca. Il 26 dicembre del 1662, quando Molière lo mise in scena per la prima volta a Parigi, peraltro ispirandosi a un episodio autobiografico, “mise in allarme un sistema costituito d’idee” racconta Cesare Garboli.
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Malosti, oltre allo spirito, di Molière cerca di conservare la lingua, che nell’originale scoppietta con rime e versi alessandrini, e qui è reinterpretata con metri liberi che giocano sulle assonanze e con un francese maccheronico. L’insieme, seppur a volte, come nelle parole dei servi, un po’ greve, è spassosissimo. Il tutto è accompagnato da una colonna sonora multiforme, che dal melodramma verdiano arriva a Giorgio Gaber, passando per John Lennon, Lully, David Lynch, Morricone, Edith Piaf, Puccini e Fantomas.
 
Il grottesco è farsa, ma anche tragedia: il rapporto vittima-carnefice che fa da sottofondo a tutta la trama è molto inquietante, benché alla fine venga ribaltato e, grazie alla bravura di Malosti, si provi persino una stretta al cuore per Arnolphe disilluso, beffato e solo. La soluzione del dramma è la cosa meno moderna: un coup de théâtre che risolve tutto, retaggio di uno schema rinascimentale. Assolutamente rivoluzionaria, invece, la scena in cui Valentina Virando (nello stesso spettacolo anche serva e vecchia ruffiana), in abito da suora che nasconde biancheria hard, incarna le massime del Manuale della buona moglie. Pur figurandoci la scena senza topless, non si stenta a immaginare lo sgomento che provò il pubblico di Palais Royal.



Tags: commedia, Giacomo Puccini, giorgio gaber, Giulia Cotugno, Giulia Stok, La scuola delle mogli, Mariano Pirrello, moliere, recensione, Teatro Stabile Torino, Valentina Virando, Valter Malosti,
07 Febbraio 2011

Oggetto recensito:

La scuola delle mogli, di Molière, regia di Valter Malosti

Visto a: Torino, Teatro Carignano
Prossimamente in scena: 9-13/2/2011, Cagliari, Teatro Massimo; 15/2, Siena, Teatro dei Rinnovati; 17/2, Grosseto, Teatro degli Industri; 18 e 19/2, Campi Bisenzio, Teatro Manzoni; 20/2, Bagnone, Teatro Quartieri; 22/2-6/3, Roma, Teatro Valle; 11-13/3, Pesaro, Teatro Rossini; 16-27/3, Napoli, Teatro Mercadante; 29-30/3, Cremona, Teatro Ponchielli; 31/3, Mantova, Teatro Ariston; 2-3/4, Iesi, Teatro Pergolesi; 13-17/4, Brescia, Teatro Sociale
Produzione: Teatro di Dionisio, Fondazione del Teatro Stabile di Torino
La locandina: al suono Gup Alcaro, costumi di Federica Genovesi, scene di Carmelo Giammello, luci di Francesco Dell’Elba, maschere di Stefano Perrocco di Meduna, scelte musicali di Valter Malosti
Valter Malosti: torinese, regista e attore, ha vinto il premio Ubu per la regia dello spettacolo Quattro atti profani di Antonio Tarantino
L’originale secondo Cesare Garboli: “in tutta la storia del teatro moderno non esiste documento di più lucida ed oscura provocazione”

giudizio:



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