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TEATRO

Molière in tv a sua insaputa

Dai trascorsi come cabarettista e comico televisivo, Paolo Hendel approda ai testi del teatro classico (o quasi) con la collaborazione di Leo Muscato. Il drammaturgo fustigatore dei costumi viene messo a sedere sulla poltrona di un talk show scandalistico, con tanto di citazioni dalle sue opere. Buon tentativo, ma non basta


di Igor Vazzaz


La comicità italiana ai tempi del governo dei professori: questione cruciale a proposito d’un intero panorama che, negli anni, parrebbe essersi incagliato nelle basse maree dell’antiberlusconismo, alla stregua del mesto centrosinistra cui è spesso organico. In tal senso assistiamo con curiosità al nuovo spettacolo di Paolo Hendel, comico per di più toscano, ormai attributo umoristico contemporaneo. 
 
Il glabro fiorentino muta spartito e, dalla versione di stand up comedian nostrale (in una linea che unisce, con diverse declinazioni, Benigni, Proietti, Grillo, il primo Verdone sino a Bergonzoni, Luttazzi, Bisio e altri ancora), giunge a un teatro, se non classico in senso stretto, indubbiamente concertato, non in stile one man show. E di classico si può parlare, dato l’esibito riferimento a Molière, autore amato e massicciamente riscoperto sulle nostre scene. Quello che s’apre con un Hendel a far da prologo, riflessione sul vizio dell’ipocrisia divenuto virtù in una società corrotta, è difatti uno spettacolo con una drammaturgia, un cast di altri tre attori, una regia vera e propria.
 
Tutto si svolge sul set d’una trasmissione televisiva, parodia dei programmi urlati ormai (passati?) di moda. Maria Pilar Pèrez Aspa è la presentatrice, scaltra e semplicistica, di A sua insaputa, format scandalistico sulla vita delle celebrità. L’invitato di turno è Jean-Baptiste Poquelin detto Molière, in un cortocircuito di piani temporali che è trampolino per comici paradossi. Hendel in costume, con tanto di parrucca, nei panni d’un personaggio: cosa non inedita, se ricordiamo Carcarlo Pravettoni, sapida macchietta parodica della tv anni Novanta. Lui è il solito: tempi precisi, un procedere di buffi falsetti e strizzate d’occhio in sala, appoggiato d’astuzia sul credito preventivo che il pubblico sempre accorda al già noto. Gigioneggia su una scatologia che, purtroppo, invece d’esser grassa materia volgare (fertile e ambivalente, alla Benigni d’antan), appare piuttosto iterazione trita d’uno scontato senso dell’interdetto. A corredo dei due caratteri principali, i multiformi Laura Pozone e Mauro Parrinello, bravi a mutar d’abito, ora valletti televisivi, ora personaggi da commedia, nella sovrapposizione storica che è la chiave dell’intera messinscena.
 
hendel2.jpgIronia della morte, il Molière fustigatore, abile ad aggirare le regali censure d’un Roi Soleil con velleità di danzatore, dopo una vita passata mettendo alla berlina i vizi di un mondo intero, viene catapultato, malgré lui, in un’iperreale modernità strillata a recitar l’infausto ruolo di bersaglio. La soirée celebrativa si muta in un colossale tiro al piccione: l’esistenza di Poquelin è setacciata in ogni modo, rispolverando le accuse, vere o tendenziose, che la gloria d’un successo imperituro aveva saldamente messe a tacere. Gli stessi personaggi comici, Argante, Orgone, Tartufo, si rivoltano contro il loro creatore che, da derisore, si trova deriso. A mali inediti, inediti rimedi: nei panni di Don Giovanni (lui, che nel Convitato di pietra era Sganarello) recita il monologo sull’ipocrisia e chiude la messinscena, guadagnandosi il commiato e dal fittizio studio tv e dal palcoscenico reale.
 
Troppo poco, per la verità: toccar Molière non è facile e se, da un lato, s’apprezza il coraggio con cui Hendel si cimenta in un excursus ad alto rischio (suo il progetto, con Leo Muscato che firma testo e drammaturgia), dall’altro, non ci si deve esimere dal valutarne la riuscita. Troppo poco: la satira sulla tv è deboluccia, scontata. Il collage molièriano non graffia; nonostante la statura indiscussa del modello, il pubblico non risponde ai riferimenti colti: trattandosi di spettacolo comico, è un problema. L’impressione è che, pur affrontando una sfida encomiabile, la si faccia troppo semplice e la scatologia puerile di cui s’è detto ne costituisce una prova.
 
Non abbiamo niente contro la merda, di per sé, tutt’altro. Ma v’è merda e merda: quella grottesca ha senso (circolare, nella concezione arcaica del tempo) e scopo (la rinascita, successiva all’inevitabile morte), quella piccoloborghese è mero rifiuto da smaltire, sterile materia a provocar ribrezzo o risolini, ipocriti e pervertiti. Questo purtroppo è il caso che, ci pare, infetta lo spettacolo e la comicità, un tempo rotonda ed efficace, di un attore che non per un infortunio, almeno secondo il nostro ininfluente parere, smetteremo di apprezzare.



Tags: a sua insaputa, Igor Vazzaz, Maria Pilar Pèrez Aspa, moliere, Paolo Hendel, recensione,
11 Gennaio 2012

Oggetto recensito:

Molière a sua insaputa, da Molière, un progetto di Leo Muscato e Paolo Hendel

Il resto della locandina: Carla Ricotti, scene e costumi; Alessandro Verazzi, luci; Alessandro Sironi, musiche originali 
 
Produzione: A.Gi.Di.
 
Prossimamente:  Grottazzolina (Fm), T.Novelli, 14/1/12; Bolzano, T.Cristallo, 20/1/12; Nembro (Bg), T.San Filippo Neri, 21/1/12; Riva del Garda, Palazzo dei Congressi, 25/1/12; Lodi, T.alle Vigne, 26/1/12; Finale Emilia (Mo), T.Sociale, 27/1/12; aggiornamenti al sito ufficiale della produzione

giudizio:



5.04
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