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OPERA

Verdi all'americana

Cadillac scoperchiate e immagini proiettate sulle pareti, come un cinema all'aperto. L'allestimento di Un ballo in maschera diretto da Pier Luigi Pizzi per il festival dello Sferisterio (Macerata) unisce felicemente una grande inventiva scenica a un'inevitabile scarsità di mezzi economici


di Giovanni Desideri


Diremo poi dei cantanti, ma protagonista in primo luogo di Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi (andato in scena venerdì 22 luglio a Macerata in apertura della 47ª stagione lirica) è stato il suo direttore artistico, contemporaneamente scenografo, regista e costumista dell’allestimento. Factotum come spesso gli capita, Pier Luigi Pizzi è un grande vecchio del teatro d’opera, dove ha esordito nel 1951 (!) per divenire poi noto e applaudito ad ogni latitudine. Da sei anni, Pizzi ha trasformato la stagione con Sferisterio Opera Festival, dedicando la rassegna di quest’anno al tema Libertà e destino.
 
L’allestimento di Un ballo in maschera ha unito felicemente molte cose, ma tanto per cominciare nessuna delle indicazioni di scena presenti nel libretto è stata rispettata: capita. L’opera di Verdi è ambientata nel Seicento americano, qui siamo invece negli Stati Uniti del secondo dopoguerra, con tanto di Cadillac scoperta in scena. Il campo dove si eseguono le pene capitali (“campo abbominato (…) Ove la colpa scontasi Coll'ultimo sospir!”, canta la strega Ulrica), e dove il personaggio di Amelia è indotto dalla strega a cercare l’erba che le faccia dimenticare l’amore extraconiugale (anche se platonico) per Riccardo, diventa una pompa di benzina/officina/ricovero di tossici: un figurante si buca e rantola a più riprese, con tanto di commenti nel pubblico. Fino a dettagli meno plateali, come il colore delle maschere del ballo conclusivo, qui diverso da quanto declamato dai cantanti, o l’assenza della spada con cui Renato vorrebbe uccidere sua moglie prima di volgere la sua ira verso lo stesso Riccardo. Lo stesso entourage del governatore Riccardo è un apparato di militari, tra West Point e un tetro Politburo.
 
Il lungo palco dello Sferisterio di Macerata, celebre teatro all’aperto che ospita il più degli spettacoli della rassegna, è arredato in  stile minimale, felice unione tra inventiva e tagli alla cultura. L’aspetto più appariscente è che l’intera parete che chiude lo spazio scenico è stata sfruttata come schermo, per proiettarvi enormi immagini: di volta in volta la bandiera degli Stati Uniti (la “diletta America” che il governatore RUn ballo in maschera 2 (1).jpgiccardo saluta morendo alla fine dell’opera), ma più sovente i cantanti stessi, ripresi in bianco e nero da due operatori ai lati della scena. Abbinamento, a nostro giudizio felice, di teatro e televisione, uno spettacolo nello spettacolo. Vengono proiettati anche i sottotitoli su due punti per essere leggibili a tutti i 2500 presenti (sebbene senza traduzione inglese, che sarebbe stata opportuna per il livello di questa stagione e per l’alta affluenza di intere famigliole di varie nazionalità, ormai in pianta stabile nelle “Marcheshire”).
 
Come si vede (e coloro che non vi hanno assistito useranno l’occhio della fantasia), uno spettacolo molto suggestivo, realizzato con mezzi ridotti. Anzi: così suggestivo che il progetto non può in alcun modo essere tacciato di aver “rinunciato” ad alcunché “per causa tagli”.
 
Altro ancora si potrebbe e dovrebbe dire dell’allestimento, ma veniamo ai cantanti, ché pur sempre di teatro lirico si tratta, fatto di voci e suoni d’orchestra. Nel complesso una buona prova musicale da parte di tutti, il che non equivale al “tutti assolve il mio perdono” cantato da Riccardo prima di morire. Il tenore Stefano Secco che vestiva appunto i panni del governatore ha una voce non potente, ma senz’altro agile e pulita, buona presenza sulla scena e buon debutto nel ruolo. Lui e gli altri (coro compreso) hanno messo sempre più a fuoco tempi e concentrazione nel corso della serata, sicché il pubblico ha avuto la giusta impressione di un cast di buon livello, ripagandolo a fine spettacolo con grandi applausi.

Una ulteriore scelta di Pizzi è stata di mettere in abiti decisamente femminili il paggio Oscar, un’eccellente Gladys Rossi. E buona anche la prova del soprano ucraino Viktoriia Chenska nei panni di Amelia, di cui si è apprezzata la dizione, oltre che il patos drammatico. La Chenska è stata chiamata “all’ultimo momento” per il debutto, in sostituzione di Teresa Romano - quest’ultima in scena nelle repliche.
 
Elisabetta Fiorillo, nei panni (rosa shocking) della strega Ulrica, ha una presenza scenica magnetica, con voce sicura e bene impostata. Ruolo più dinamico, reso con staticità intermedia rispetto ai più agili Riccardo e Oscar, il baritono Marco Di Felice. Da notare che per la scena della gelosia con Amelia è stato messo in scena “l’unico figlio”, come cantano i due: un bambino di due anni che ha calamitato l’attenzione del pubblico. E buona la prova del coro lirico marchigiano Bellini diretto da David Crescenzi, con decine di figuranti sempre presenti in scena, parte in abiti militari, parte con vesti coloratissimi. Infine, la conduzione musicale di Daniele Callegari è stata di alto livello, con un suono brillante, non sempre energico, ma di gran mestiere nel concertare un testo così imponente.



Tags: Giovanni Desideri, Giuseppe Verdi, macerata, opera, Pier Luigi Pizzi, recensione, Sferisterio, Un ballo in maschera,
25 Luglio 2011

Oggetto recensito:

Giuseppe Verdi, Un ballo in maschera, diretto da Pier Luigi Pizzi

Repliche: il 26 e 29 luglio e il 5 agosto allo Sferisterio di Macerata
 
Sito del Festival: www.sferisterio.it

giudizio:



4.154211
Media: 4.2 (19 voti)

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