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di Alessandro Spaventa

Buoni e cattivi


PIL. Se ne parla molto. C’è chi lo ritiene una delle massime invenzioni del ‘900 e chi uno strumento del demonio. C’è anche chi ha opinioni più moderate, ma i campi in generale sono ben definiti: o si è a favore o contro.
Questioni accademiche, direte. Mica tanto, se, per dirne una, Sarkozy ha deciso di istituire una commissione con dentro più premi nobel che commessi. E’ vero che probabilmente il presidente francese era in vena di grandeur e sognava una via francese nella statistica mondiale, ma qualcosa di politico ci deve essere. E in effetti c’è. Il PIL si propone, con più o meno fortuna, di misurare la ricchezza di una collettività, in genere uno stato. E’ stato elaborato nell’ambito di un corpus teorico che assume la crescita economica come elemento fondamentale. Elemento di fondo che rimane anche in tutte le versioni corrette dell’indicatore. Ed è qui che entra in gioco l’elemento di politica, o meglio, come direbbe un economista, di policy, che poi si trasforma però appunto in elemento di scelta politica. Assumere il PIL come indicatore fondamentale delle performance di una nazione significa che l’obiettivo perseguito da quella stessa nazione è la crescita economica. Più o meno condivisibile, ma il problema è che tale obiettivo spesso viene determinato per default. Lo si persegue perché così è e così si fa ma, in molti casi, non c’è stata una scelta vera e propria, sicuramente non da parte di chi dovrebbe farla, i cittadini; ma spesso e volentieri nemmeno dai governanti, che prendono la cosa come un dato di fatto.
Il problema quindi non è l’indicatore, perché per misurare la crescita economica il PIL è sicuramente il più efficace in circolazione, ma l’obiettivo che ci si pone come nazione: siamo sicuri che sia la crescita ad essere lo scopo principale che si vuole perseguire? Non potrebbe essere il rispetto dell’ambiente, o un welfare efficace ed efficiente, o un livello di istruzione elevato? Cos’è che determina un’elevata qualità della vita per un popolo? Per alcuni potrebbe essere la ricchezza, e allora ben venga il PIL, per altri però potrebbe essere qualcos’altro, magari più tempo libero. Non è il PIL ad essere buono o cattivo, può esserlo la scelta a monte, quando essa vi sia. Il problema vero è che al momento non c’è.


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Inserito da Alessandro Spaventa - 22 marzo, 2010 - 14:40


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