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ritratto di Antonella Giani
di Antonella Giani

E' scomparso Michel Houellebecq


Tuona per qualche ora l’allarme sul web. È giallo e la fantasia corre alla ricerca di indizi, di tracce sulla Carta e il Territorio e, a chi ha letto questo suo ultimo libro, corre anche un brivido su per la schiena.
L’arco di tempo che lo fa riapparire - il mistero si scioglie in fretta, la semplice telefonata dell’agente Cremisi rassicura il mondo, lui è a Parigi ed è a casa - è una particella di tempo utile per pensare.
 
Scriveva Houellebecq nella Ricerca della felicità: "Se c'è qualcuno che mi ama, sulla Terra o tra le stelle, / Dovrebbe immediatamente darmi un segnale / Sento avvicinarsi il disastro".
C’è in questi giorni nelle sale dei cinema L’ultimo terrestre, il film di Gian Alfonso Pacinotti, il Gipi illustratore e fumettista che debutta nel cinema con una favola amara, romantica e decadente insieme. Come colpita da un déjà vu alieno ho immaginato, in quello scampolo di tempo, lo scomparso Houellebecq tra i protagonisti di quest’opera prima. In viaggio per un altro mondo - è un mondo di extraterrestri animati da una coscienza che sa distinguere il bene dal male senza dubbi - l’autore de La possibilità di un’isola e di Piattaforma nel mio miraggio viene salvato e amato da una delle graziose marziane che l’inedito e poliedrico regista ha disegnato su una pellicola che non è soltanto di fantascienza, anzi, è specchio di una realtà spietata e molto umana.
  
Apriva l’edizione francese delle Particelle elementari: "Ce livre est avant tout l'histoire d'un homme, qui vécut la plus grande partie de sa vie en Europe occidentale...".
Gipi come Houellebecq. Uomini che scrivono storie dettate da una vita spesa finora nella stessa Europa occidentale, narratori acuti e taglienti che sferrano lucidi attacchi a questa devastata civiltà materialista oggi in palese rotta di collisione con il durissimo asfalto della resa dei conti.
Ben arrivato Pacinotti, ben ritrovato Houllebecq! E ben tornata anche a me dopo mesi di silenzio.



Inserito da Antonella Giani - 15 settembre, 2011 - 10:59


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Fatto a Posta


“Ma sopra tutte le invenzioni stupende, qual eminenza di mente fu quella di colui che s’immaginò di trovar modo di comunicare i suoi più reconditi pensieri a qualsivoglia altra persona, benché distante per lunghissimo intervallo di luogo e di tempo? Parlare con quelli che son nelle Indie, parlare a quelli che non sono ancora nati né saranno se non di qua a mille e dieci mila anni? E con quale facilità? Con i vari accozzamenti di venti caratteruzzi sopra una carta”.
 
Così Galileo Galilei, a cavallo del 1600. Circa 200 anni dopo Gutenberg e 400 malcontati prima di Scritture a perdere. La letteratura negli anni zero di Giulio Ferroni. Eppure, al Salone del Libro di Torino la macchina del tempo mischia le Carte, le emozioni. Trionfa Galileo e impera Ferroni. Vincono quei venti caratteruzzi accozzati in vario modo, fa poker il Libro.
 
Allora, concediamo una menzione alla piccola editoria. A quella che, a dire il vero, si fa un mazzo così, e non son tutti cuori e quadri. Un applauso a quelli che hanno in mano buoni caratteruzzi, sì, ma giocano su un tavolo, il verde mercato, molto duro, per loro spietato.
 
Se questo è il Salone della memoria svelata, voglio allora spifferarne subito una: l’ultima, anzi, una delle prime dell'attuale Governo, è il Decreto interministeriale del 30 Marzo 2010 che ha modificato la normativa delle spedizioni postali relative al settore editoriale: dal 1 aprile 2010 alle spedizioni editoriali non sono più applicate le tariffe agevolate, ma quelle normali previste per ciascuna tipologia di spedizione.
Grazie.



Inserito da Antonella Giani - 15 maggio, 2010 - 11:48


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Bondage alla nicotina


Sta facendo il giro di tutti i quotidiani internazionali la campagna francese antifumo e fellatio. Come se le pratiche sessuali orali fossero un’esclusiva sadomaso, come se quella fosse l’unica posizione di sottomissione del kamasutra. Oltre che un insulto alla lotta contro la pedopornografia, le due foto – che immortalano un ragazzo e una ragazza chini davanti alla patta di un uomo ingiacchettato, in bocca una sigaretta e sulla testa la mano del fortunato – sostengono che fumare è come essere schiavi del tabacco. Bondage alla nicotina. Il giovane “accetta di sottomettersi in modo remissivo” commenta Marco De la Fuente, responsabile dell'agenzia Bddp & Fils, che ha realizzato la campagna. “Lo stesso succede con la sigaretta quando si fuma”. Lo stesso? Non sarà piuttosto che la campagna, promossa dall’Associazione per i diritti dei non-fumatori nasconda qualche conflitto d’interessi? Non sarà che questo gruppetto di non-fumatori (e chissà quanti fra questi sono ex, notoriamente i più incarogniti) non ha trovato parole eleganti francesi per scrivere che del fumo passivo ne han le palle piene (sic)? Decisamente più chic la sigaretta elettrica. Con quei bocchini interscambiabili e la fiammella finta in cima. Modello che meraviglia il camino, anche quello di vetro attaccato alla presa non è male. Per la serie vorrei ma posso.

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Inserito da Antonella Giani - 25 febbraio, 2010 - 16:51


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Gestazioni a progetto


Non c’è da stupirsi: nell’epoca delle prestazioni occasionali e dei contratti a progetto l’espressione “comprare un bambino” viene presa alla lettera. Le notizie poi, che in questi anni del web volano veloci, sono, per l’occasione, eteree cicogne che aprono il fagotto con un click. Una parola chiave ed è fatta: mamma surrogata. Se in principio erano i gossip dell’affitto di uteri vip in California, oggi la documentazione, costellata di forum e blog, è una bacheca di annunci. Soffiato il business delle cliniche specializzate a Inghilterra, America e India (nazione in cui si vende di tutto, si ricordi, fu la prima che smerciò un rene) anche i paesi dell’est hanno fiutato il mercato fiorente e la quarta voce delle 67.400 selezionate da Google, per esempio, porta al sito www.surrogate-mother.ru/it, Centro Internazionale Ucraino per la maternità surrogata “La vita felice”. Passi la tristezza del rosa-azzurro in homepage e la stucchevolezza della neonata su un trono, ultima spiaggia per aspiranti mamme e papà alla frutta candita. Passi che i genitori genetici son definiti clienti e la madre surrogata cantante. Passi che le prime voci da linkare sono “Prezzi” e “Contatti”. Ma che la struttura sanitaria sia definita Clinica per la Riproduzione Umana, questo no, non si può sopportare. Il Mondo Nuovo di Huxley era un libro, al massimo un film.



Inserito da Antonella Giani - 28 gennaio, 2010 - 14:06


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MinimAlitalia


31 dicembre 2009. Ore 10.30. Volo Alitalia Roma - Tel Aviv. Controlli di sicurezza: minimi, all’italiana, da bon-temp-oni. Il tempo di un petardo fra Boncompagni e Berlusconi. Con uno zaino carico di candelotti di dinamite poteva tentare il check in anche la Banda Bassotti. O Alitalia stava girando un nuovo spot o eravamo tutti, personale e passeggeri, su Scherzi a parte.
E dire che per un volo “sensibile” di questo genere ci si era preparati a sopportare ogni sorta di violazione della privacy e dei propri oggetti, full body scanner compresi. Nelle tre ore di anticipo richieste per presentarsi in aeroporto ci si apprestava, se non a cuore almeno a bagaglio leggero, alla lunga trafila di accorgimenti di prevenzione al terrorismo suggeriti dalle norme internazionali, disposti ad abbandonare l’ennesima forbicina per le unghie, a togliere e rimettere scarpe, cinture e stivali, a svuotare tasche e taschini seminando monete, chiavette, cellulari e accendini, immolati a sopportar perquisizioni e radiografie, carichi soltanto di buone intenzioni e grati comunque alla sfilza di formalità e indiscrezioni inflitta da tutte quelle compagnie aeree che ritengono la sicurezza dei viaggiatori una priorità.
 

Per questo volo Alitalia, calma piatta, nessun controllo approfondito. Nulla. Concesso anche scorrazzare tranquilli, nelle due ore rimaste, dall’area D alla G, dalla H alla C, pure avventurandosi in cerca di zone estinte per fumatori protetti. Boarding now. Neppure lo scambio sfrontato dei nostri passaporti provoca alcuna reazione. Una rapida occhiata a documento d’identità e di imbarco, un sorriso svogliato e buon viaggio. Signorina! Dorme? Non si è accorta che non sono io? Già. Nei sogni degli italiani, per Alitalia, al momento c’è solo Raul Bova.
Sempre a Fiumicino, pochi gate più in là, una quindicina di minuti prima decollava, con stessa destinazione aeroporto Ben Gurion, il volo della compagnia aerea israeliana El Al. Controlli di sicurezza: impeccabili. Da Talmud. Cari Frattini e Maroni, di questo passo, a volo così basso di prestazione diciamo, non sarà la tecnologia detector a costarci ma l’olio di gomito che, se non ci metterà nudi, ci lascerà intanto in mutande.



Inserito da Antonella Giani - 12 gennaio, 2010 - 13:17


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Chi ha visto Mister Scrooge?


C'è una specie di sortilegio che lega, quanto ad un amore, ad un lavoro. Una malia che prima scocca scintille devote, poi soffia animatamente per spegnerle. Un’infatuazione che appassiona in un momento ma che se lacerata, provocata o offesa, può venire meno, sostituendo all’enfasi produttiva noia e indifferenza. I tempi sono difficili da predire, ma attenzione datori di lavoro prepotenti! Le campane del Christmas Carol, in questi anni flessibili, suonano prima dell’arrivo dei fantasmi.
Baggianate?                                                       
Secondo gli esperti della Sirota Survey Intelligence - che hanno realizzato un'indagine su più di un milione e 200 mila dipendenti di 52 tra le più importanti imprese statunitensi - quando si tratta di un impiego sono sufficienti sei mesi a far sì che l'idillio abbia termine. Meno di duecento giorni.
Non sono necessari gli occhialini in 3D per vedere bene le cose: il disinnamoramento professionale è, in gran parte dei casi, causato dai datori di lavoro cerberi. Sono una categoria. Schiere di Mister Scrooge incanutiti e rinsecchiti dentro, dispotici presuntuosi contamonete che di niente più soffrono e di nulla più gioiscono, sempre che la banda Bassotti non gli svaligi il deposito.
Bene, signori Scrooge, è Natale, i dipendenti zombi son tornati. Liberi da catene, tredicesime, tombole e panettoni volano spavaldi in cassa integrazione. Auguri.



Inserito da Antonella Giani - 24 dicembre, 2009 - 12:07


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We have a winner!


La notizia è sobria: trova il palloncino, vinci il premio. La grandiosa occasione di riscatto è stata offerta dalla Darpa, l’agenzia di ricerca del Pentagono che, per celebrare il 40esimo anniversario di vita di Arpanet, il precursore dell’odierno Internet, ha indetto il Darpa Network Challenge.
 

Così, dalle ore 10 alle 16 del 5 dicembre scorso, sono stati posizionati 10 palloni aereostatici rossi e messi in palio 40mila dollari per coloro che fossero riusciti per primi a localizzarli, individuando la posizione delle 10 sonde ormeggiate a 8 piedi da terra in altrettante predefinite località del territorio statunitense. Scopo prioritario della competizione, studiare il ruolo che internet e i social network hanno oggi nei tempi e nei modi della comunicazione, valutando i comportamenti e le interazioni sociali che avvengono via web tra persone e gruppi impegnati a risolvere insieme compiti difficili.
 

La squadra vincitrice, l’americana Mit Red Baloon Challenge Team, ha risolto la complessa caccia al tesoro e individuato tutti i palloni in meno di 9 ore, confermando all’organizzazione le potenzialità insite nei sistemi tecnologici ma, soprattutto, l’elevata capacità degli individui di saper sfruttare la rete e le sue trame. L’intrigante gioco informatico ha attirato l’interesse di persone da tutto il mondo, dai più disparati angoli della Terra si è levato un tam tam che ha dimostrato e ribadito agli istituti di ricerca le grandi risorse a disposizione, prima fra queste, la straordinaria facoltà concessa ai membri della società più “tecnologici” di potersi riunire e muovere velocemente per risolvere problemi ad ampio spettro o di urgente risoluzione. Ecco una bella idea da importare: considerando intanto che alla presentatrice Sciarelli si può rinunciare, un nuovo format del genere per Chi l’ha visto, come ci pare?

 



Inserito da Antonella Giani - 15 dicembre, 2009 - 18:32


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L'ape ubriaca


Restiamo in tema di api, piccoli sensori del creato, mini-malíe perfette. Prendendo spunto da saggi come Lévi Strauss che lasciano agli umani la citazione “gli animali sono buoni per pensare o da pensare, facciamo in suo onore un esperimento.
Chiudiamo gli occhi e immaginiamo per qualche minuto la fervida vita di un alveare. Solleviamo il coperchio sensibile della fantasia e facciamoci prendere dall’eco profonda che ronza ipnotica, perenne affaccendarsi di uno sciame d'api. No, non serve calarsi un'extasy. Non ancora.
 
Se Platone affermava che le api sono da considerarsi la reincarnazione delle anime delle persone sobrie, ad anni luce secondo il calendario dell'ape Maya, alcuni scienziati hanno sottoposto un gruppo di api ad un singolare esperimento – questo serio, vero però. Le hanno messe di fronte a due soluzioni: una ad altissima concentrazione di zucchero, l'altra ad elevata gradazione alcolica. Tutte le api si sono precipitate sull'alcol. La conseguenza è che le api ubriache una volta tornate nell'alveare vengono emarginate dalla comunità e tenute letteralmente separate dal resto dello sciame. Escluse, abbandonate, fuori dal circuito produttivo vitale. Mai più miele.
Su queste api gli scienziati hanno già sperimentato con successo alcuni ritrovati contro l'alcolismo.
Noi riapriamo gli occhi e domandiamoci se l’esperimento è riuscito, se ora abbiamo il coraggio di bucare con un ago brigadiere e palloncino. 


Inserito da Antonella Giani - 1 dicembre, 2009 - 18:11


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La bambola da allattare


Se l’allarme, son lolite attanaglia i genitori delle teenager di oggi, quelli delle bimbe più piccole non hanno da star tranquilli. Un tempo, le aspiranti donnine pasticciavano col Dolce forno traballando su scarpe col tacco e il cotone in punta, sferruzzavano abitini 4 stagioni – il modello tubino, solo quello, buono per tutte le occasioni – convinte che dalla Maglieria magica prima o poi sarebbe sbucato fuori anche il padre di Cicciobello, bravo e forte come papà ma senza baffi, però.
Oggi, in Spagna – ma una tale idiozia spopolerà – lanciano sul mercato Bebé Glotòn, la bambola da allattare. Giusto in tempo, le pupe allattano a 8, le ninfette a 12 anni si rifanno le tette. La campagna marketing dell’azienda iberica, la Berjuan, sfotte seria: “Ma è utile, serve a favorire la cultura dell’allattamento al seno”. Manco il coraggio di esibirlo, ‘sto seno. Sul reggiseno da indossare per attaccarsi Bebé Glotòn, due fiori. Due fiori, dico, e le api? Sul bugiardino la storiella dell’impollinazione ce l’avran messa almeno?
 


Inserito da Antonella Giani - 23 novembre, 2009 - 16:14