Nota per le esibizioni "masochistiche" sul proprio corpo, la performer serba sarà presente da domani al 24 marzo a Milano per una serie di eventi a lei dedicati. Il principale, intitolato Abramovic Method, si terrà al Padiglione dell'Arte Contemporanea e coinvolgerà direttamente gli spettatori
di Anna Colafiglio
"Smetteranno mai di chiedermi se questa è arte?", si domanda, legittimamente, Marina Abramović, grande artista serba che vanta al suo attivo quarant'anni di carriera nel controverso campo della Performance Art. Un territorio difficilmente circoscrivibile, che Marina definisce come "quella costruzione fisica e mentale che avviene, dinanzi a un pubblico, in un preciso tempo e luogo, e che implica la creazione di un dialogo energetico". Dopo le crude performance che la hanno vista protagonista durante gli anni Settanta (tra le quali ricordiamo le celebri Rhythm
Sette città italiane ricordano in contemporanea la mostra dei poveristi del 1968, un evento che fece la storia. Bologna, che grazie alla Galleria De’ Foscherari ne fu parte integrante, ospita al Mambo una retrospettiva curata da Germano Celant e Gianfranco Maraniello. Ma dov'è il senso, quando manca la sorpresa?
di Mirko Nottoli
Dopo le personali di Giovanni Anselmo, Giuseppe Penone, Gilberto Zorio, Pier Paolo Calzolari, che si sono susseguite nel corso degli anni prima alla Gam poi al Mambo, una grande retrospettiva sull’Arte Povera sembrava un approdo più che naturale per il museo bolognese. Gloria artistica nazionale, risalita agli onori della cronaca durante la penultima biennale di Venezia con il dibattito se esista o meno un’arte di destra e una di sinistra, l’arte povera nasce a Torino nel 1967 su iniziativa di Germano Celant, e oggi se ne celebra il "non si sa cosa"