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TEATRO

Il surrealismo carnale

Antonio Latella si confronta con Un tram che si chiama desiderio, il testo dolorosamente autobiografico di Tennesse Williams che forniva il copione al film con Marlon Brando. Qui invece ci sono Laura Marinoni e Vinicio Marchioni ad animare un dramma sulla solitudine e la voglia di evadere dalla realtà


di Sergio Buttiglieri

 


Se c'è un regista che odia il realismo quello é Antonio Latella. Lo conosciamo bene, da anni ci stupisce con le sue viscerali riletture di Pasolini, Shakespeare, Genet, Testori, ma anche Marlowe, Giordano Bruno, Beckett, Melwille, Aristofane e Cervantes. Al centro di questo testo dolorosamente autobiografico firmato Tennessee Williams, di cui tutti ricorderanno la versione cinematografica di Elia Kazan, con un giovanissimo Marlon Brando (che il regista cita direttamente facendone indossare l'icona al marito di Stella) c'é la solitudine che pervade tutti i personaggi in scena: a cominciare dalla figura di Blanche, magnificamente restituitaci da Laura Marinoni (già protagonista anche in un altro memorabile lavoro di Latella, Le Lacrime amare di Petra Von Kant, vincitrice del Premio Duse 2007).
 
Proprio Blanche usa la menzogna come arma di difesa contro un mondo a lei ostile. Un personaggio che Latella, ribaltando il testo, ci restituisce fin dall'inizio nel pieno della sua disperazione, assistita dal suo dottore, il fascinoso Rosario Tedesco, sorta di tutor che ci conduce per l'autostrada della nostra esistenza tentando di non farci sbandare. Il suo compito è farci ripetere le battute con il giusto tono, compiere i gesti con l'adeguata impostazione, mentre qualcuno ci regge d'innanzi un microfono da troupe cinematografica.
  
La casa in cui vive la sorella Stella assieme a Stanley diventa quindi il rifugio di Blanche, donna delusa dalla vita, e il suo carcere. "Non voglio il realismo, voglio la magia" dice. La sua estraneità la porterà ad essere elemento destabilizzante in questo che le appare come un caos ma che invece si rivelerà reggersi in piedi meglio di quanto non immaginasse: "sei tutto quello che ho al mondo e non sei contenta di vedermi?" sussurrerrà disorientata alla sorella.
  
tram2.jpgLatella ci restituisce il caos interpersonale con periodiche distorsioni sonore che percorrono ripetutamente la scena rendendo così inutili le parole. Come inutili sono gli arredi di scena, irreali come i dialoghi tra i personaggi. E' dal dolore che deve nascere la sincerità, ci ricorda Blanche. E lei di dolore ne ha raccolto tanto, a cominciare dall'abbandono del marito scappato con un altro uomo molto piú anziano di lui, per poi suicidarsi. Ora parla sorretta, come se non avesse piú nemmeno la forza di stare in piedi, dal medico regista che conduce la pièce, e osserva la violenza animalesca percorrere gli animi altrui.
 
Tra questi c'è Mitch che non osa scavare oltre le parole che la insultano, e pur desiderandola la respinge accodandosi al capobranco polacco, eternamente succube di ciò che pensano. "A lui piacciono solo le ragazze che si perdono volentieri. Ma qui la situazione é abbastanza terrificante, non c'é intimità, mi odia, quest'uomo é il mio carnefice, e io non voglio essere data per scontata" ci urla ferita Blanche.
  
Le risponderà Stanley, balbettando, in una catartica scena finale che comprende in sè tutto il furore di Williams: " io non sono un polonese, sono un americano nato e cresciuto nel piú grande paese della terra Avevi ragione: ero ordinario come la merda. Ma noi eravamo felici prima che arrivassi tu."
 
Dopo una vorticosa scena dal sapore epico, in cui il polonese scatenerà tutta la propria carnalità ballando su una musica travolgente ("ogni uomo é un Re e il Re qui dentro sono io") Blanche ribadisce che la crudeltà intenzionale é imperdonabile. Da, vera icona dello smarrimento, subisce un'inevitabile amplesso animalesco mentre Stella, dalla sua inquietante fissità, come una maestà bizantina, estrae coriandoli dal ventre gravido. "Io mi sono sempre fidata della gentilezza degli sconosciuti", ci ricorda alla fine, una Blanche devastata e definitivamente irrisolta.



Tags: antonio latella, Elia Kazan, marlon brando, recensione, Sergio Buttiglieri, Un tram che si chiama desiderio,
28 Febbraio 2012

Oggetto recensito:

 Un tram che si chiama desiderio di Tennessee Williams, regia di Antonio Latella 

Traduzione di: Masolino D'Amico 
 
Prossimamente:
fino all'11 marzo al Teatro Argentina di Roma;  dal 13 al 18 marzo al Teatro Ebe Stignani di Imola; dal 20 al 22 marzo al Teatro Novelli di Rimini. Qui le altre date

giudizio:



2.07
Media: 2.1 (1 vote)

Commenti

fastidioso sguaiato inconclud

2.07

fastidioso sguaiato inconcludente

incomprensibile la volontà di irritare gli spettatori con i riflettori negli occhi prima dello spettacolo

(tralascio il problema della sicurezza di impianto nel far scendere gli spettatori con i riflettori negli occhi)

assurdo il sistema di far recitare bravi attori in una sequenza di comportamenti sguaiati INUTILMENTE all'eccesso

il modo di far parlare di se del regista è inaccettabile

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