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TEATRO

Pinocchi belli addormentati

Tre uomini normali, risvegliati da un coma di diversi anni, smettono di essere pezzi di legno e tornano a "volare" grazie alla magia teatrale della compagnia Babilonia Teatri. Tra provocazione e surrealismo, la formazione veneta si conferma una delle realtà più interessanti del nostro teatro contemporaneo


di Sergio Buttiglieri

 


Il tema è spinoso: è lecito mettere in scena persone che hanno sofferto? E’ strumentale utilizzarli come attori? E’ legittimo riderne se, in certi momenti, le battute lo richiedono? E’ corretto emozionarsi se in altri momenti le riflessioni si fanno impietose? O proprio così si rischia di cadere nel pietismo?
  
Queste le riflessioni che mi tormentano quando osservo la Prima Nazionale al Teatro Storchi di Modena dello spiazzante lavoro dei Babilonia Teatri, una delle più interessanti e vitali formazioni del nuovo teatro italiano. La giovane compagnia veneta che continua a stupire per l'originalità delle sue produzioni e delle modalità espressive: molto distante dagli standard soporiferi che i maggiori palcoscenici continuano a propinarci, convinti che il pubblico degli abbonati voglia sempre la stessa sbobba paratelevisiva, dove tutt'alpiù si osa mostrare l’autoreferenzialità del Lavia di turno.
  
Questo Pinocchio che ha scelto di diventare di nuovo uomo a Modena, in una delle piazze più importanti del nostro teatro, è di una squassante dirompenza. La regia con voce fuori campo di Enrico Castellani intervista con aria disinvolta, in apparenza senza un preciso copione, tre uomini modenesi feriti durante un incidente e finiti in un coma profondo, durato diversi anni: grazie alla Casa dei Risvegli hanno ripreso a vivere, con una  fatica e un dolore che possiamo solo sforzarci di immaginare.
  
Non sono dei personaggi straordinari, non hanno doti particolari: non sono raffinati intellettuali, nè filosofi. Sono persone normali, che amavano e amano tutt'ora andare in discoteca, nel "paese dei balocchi", alla ricerca della loro fata turchina. Che a Foucalt o Contini o a Salgari preferivano leggere il commissario Montalbano e  che piuttosto di ascoltare Pierre Boulez o Stockausen si sintonizzano sui turpiloqui radiofonici dello Zoo di 105. Se leggono Kant, come il giovane ex motociclista ha fatto, giudicano la sua Critica alla Ragion Pura "abbastanza carina",  mica "palingenetica".
 
Questi tre (Paolo Facchini, Lugi Ferrarini, Riccardo Sielli i loro nomi) una volta resuscitati dal coma profondo si sentono reali? Realizzati? Regolari? ("solo quando vado in bagno" dice quello con la battuta sempre pronta). Si sentono riabilitati? No. Sono semplicemente persone che hanno voglia di vivere, cui non pare vero di ritornare in scena, anche se con un corpo ferito che zoppica un po'. Esprimono il desiderio di confondersi nel banale rumore di fondo delle nostre vite, non così tanto più in ordine delle loro. Si autodefiniscono persone buone simpatiche e un po’ stupidotte. Questi magnifici tre che hanno percepito realmente e a lungo cosa vuol dire essere dei pezzi di legno, sono ora in grado di tirarsi in piedi, sollevati da quegli invisibili fili da marionetta che li sorreggono, e che puntellano anche le nostre altrettanto fragili esistenze, che ci allineano agli altri e che ci rendono normali. I protagonisti di questo strepitoso trio della normalità riconquistata e che hanno gioiosamente abbandonato a terra il burattino che era in loro, si percepiscono in realtà come se fossero i fantasmi di ciò che erano. 
 
Quando si sono risvegliati si sentivano delle scarpe vecchie uscite dal cassonetto, ora chiedono caparbiamente indietro “una vita spericolata”, come cantano seduti a giocare con i loro giocattoli, “una vita piena di guai”. Una vita come quella corda con cui uno di loro viene issato, dal Luca Scotton, "burattinaio" storico della compagnia. Si librano per aria, sopra al palcoscenico, assaporano la leggerezza dell’esistenza, come degli angioletti rinascimentali. Proprio loro che il peso del corpo lo sentono, eccome. Lasciando stupefatti, prima di tutto noi Geppetti, di come siano ancora in grado di nasconderci il loro passato di legno per fare la parte dei ragazzini per bene.
 
Ma è solo un attimo, perché tutti e tre, seduti di fronte a noi, allineati come se stessero aspettando di farsi fare una foto segnaletica, dopo averci mostrato una serie di cartelli con cui ci ricordano il loro ( e il nostro) ieri, crolleranno di nuovo in terra senza quell’effimero soffio vitale che per un istante li ha ripercorsi, ricordando a tutti noi come anche il nostro "soffio"  non sia poi così eterno e perfetto. Tutti quanti ogni tanto andiamo in tilt, e abbiamo bisogno di spegnerci e essere riavviati.



Tags: babilonia teatri, coma, compagnia, Enrico Castellani, pinocchio, recensione, risveglio, Sergio Buttiglieri, teatro, Valeria Raimondi,
19 Dicembre 2012

Oggetto recensito:

Pinocchio, di Valeria Raimondi ed Enrico Castellani, Babilonia Teatri

Dalle note di regia:... “Pinocchio è le nostre tentazioni. Le nostre contraddizioni. Le nostre bugie. Pinocchio corrisponde la nostro bisogno di fare un teatro necessario. Un teatro dove la vita irrompe sulla scena con tutta la sua forza senza essere mediata dalla finzione”…
 
Visioni: Presentato a Bologna alla Casa dei Risvegli con anteprima a Parma al Teatro delle Briciole, debuttato e visto a Modena l’8 dicembre al Teatro Storchi.
 
Tournèe: Vicenza 11 gennaio, Teatro astra; Roma 26/27 gennaio, Teatro palladium; Asolo, 2 febbraio Teatro duse; Bolzano 22 febbraio teatro studio del teatro stabile; Firenze, 2 marzo teatro puccini; Bergamo, 6 marzo creberg teatro bergamo; Mestre, 21 marzo teatro aurora;
Casalmaggiore 23 marzo teatro comunale; Rubiera, 26 marzo teatro herberia; Lonigo 5 aprile teatro comunale; Perugia, 13 aprile teatro Brecht; Bologna, 23/24 Aprile Teatro la soffitta;
Milano 21/26 maggio Elfo Puccini

giudizio:



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