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FILM

Benvenuti in Europa

In Welcome di Philippe Loiret c'è il dramma dei clandestini che dalla Francia sperano di approdare in Inghilterra, c'è il razzismo dei cittadini delatori. E c'è la storia di chi, per amore, impara a nuotare per attraversare la Manica


di Gianpaolo Fissore


Che sensazione si prova a vedere giovani uomini che dopo aver attraversato mezzo mondo sfidano la morte per autosoffocamento per eludere le ispezioni dei poliziotti di confine e il fiuto dei loro cani? Che sensazione si prova a vedere un minuscolo punto nero sbattuto tra le onde e le prore delle enormi navi da carico, sapendo che si tratta di un ragazzo che sfida il mare per attraversare il confine?
Siamo al cinema e, anche se è fiction, il dramma è palpabile, per la tensione che anima il racconto per immagini e perché a ispirare il dramma rappresentato sullo schermo è il dramma vero dei sans papier, accampati a Calais nell’ostinata speranza di attraversare la Manica e approdare in Inghilterra. Welcome, del regista francese Philippe Loiret, è un film che trae spunto dall’attualissima triste vicenda di quei rifugiati, perseguitati, umiliati, isolati dalla legislazione anti immigrazione firmata Sarkozy (ministro Maroni prenda nota, perché noi siamo ancora indietro…), rigorosa nel perseguire il reato di altruismo.
 
Nel film, quando il presuntuoso presidente di Francia compare in video, l’istruttore di nuoto Simon (Vincent Lindon) spegne con il televisore un gesto di stizza. Lui, uno dei due protagonisti del film, è uno di noi. E’ europeo (per di più cittadino della patria dell’illuminismo), ha un lavoro passabile, un passato rispettabile, varie sicurezze materiali, forti insicurezze affettive. E’ uno di noi, s’intende, con ancora una qualche sensibilità per il prossimo meno fortunato di noi. Altri suoi simili, altri nostri simili, bianchi, europei, autoctoni, popolano il film. Sono le sentinelle dell’Europa, poliziotti e cittadini vagamente ipocriti e prontamente diffidenti e delatori. “Welcome”, sta scritto sullo zerbino dell’uscio di casa di uno di loro, il vicino di Simon (brutto dentro e fuori come un calderoli).
Meno simili a noi sono i profughi attestati a Calais. Sporchi e poveri, marchiati e controllati, non rassegnati anche se perseguitati, sono le scomposte avanguardie di un popolo in cammino.
Bilal (Firat Ayverdi), l’altro protagonista del film, è uno di loro. Diciassette anni, curdo. In Afghanistan era bravo giocare a pallone. Qui si converte al nuoto, per amore.
 
Simon e Bilal si incontrano in una piscina comunale. Sono l’adulto e il ragazzo, il maestro e l’allievo, il garantito e il clandestino. Ma la differenza tra loro è ben altra. Quel ragazzo per raggiungere la donna che ama ha fatto quattromila chilometri a piedi e vuole attraversare la Manica a nuoto, “e io quando te ne sei andata, neppure ho attraversato la strada”, dice Simon alla moglie che lo ha abbandonato e di cui lui è ancora innamorato.
Welcome è l’emozionante racconto di un’amicizia che nasce da un rapporto solo apparentemente squilibrato e si alimenta, fino alla fine, di un reciproco aiuto. Welcome è un emozionante dramma che ci rammenta la futilità del nostro altruismo, figlio di tante endemiche fragilità. Si esce dal cinema pensando alla nostra impotenza, anche quando ci dichiariamo dalla parte giusta. Si esce da cinema con le immagini del giovane Bilal che sfida le a bracciate onde: il futuro è dalla parte loro, poiché hanno un coraggio che noi più non abbiamo.


Tags: afghanistan, calais, clandestini, europa, francia, Gianpaolo Fissore, immigrazione, inghilterra, manica, nicholas sarkozy, nuoto, Philippe Loiret, sans papier, welcome,
11 Dicembre 2009

Oggetto recensito:

WELCOME DI PHILIPPE LOIRET (FRANCIA 2008) 110 M.

La legge: l’articolo L622/1 della legge francese voluta da Sarkozy punisce con 5 anni di reclusione i francesi (anche appartenenti a organizzazioni umanitarie) che aiutano i clandestini

La preparazione del film nelle parole del regista
: “Per parecchi giorni, durante un inverno ghiacciato, abbiamo seguito i volontari di queste organizzazioni, venendo a contatto con la vita infernale dei rifugiati: la ‘giungla’ dove trovano riparo, il racket delle estorsioni dei contrabbandieri, le infinite persecuzioni da parte della polizia, i centri di detenzione, i continui controlli dei camion dove stanno ammucchiati per riuscire a imbarcarsi sul traghetto e dove rischiano la vita per sfuggire alle ispezioni… Quello che ci ha sorpreso di più è stato l’età dei rifugiati: il più vecchio non aveva 25 anni”
giudizio:



8.505
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