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TEATRO

Nekrosius canta il Paradiso

Dopo i gironi infernali, il regista lituano completa ed esce dal suo percorso dantesco passando per l'alto dei cieli. Di casa al Teatro Olimpico di Vicenza, di cui è direttore, mette in scena in anteprima le ultime cantiche della Divina Commedia. E' un'ascesa in cui gli attori stessi prendono il volo, un percorso verso la pienezza dell'amore 


di Nicola Arrigoni

 


Cos’è il Paradiso di Eimuntas Nekrosius? Non una condizione, ma piuttosto un percorso, né spazio né tempo, ma itinerario: un viaggio terrestre che fa dire a Beatrice come ultima battuta "Il paradiso c’è". Poco prima, nella drammaturgia poetica e visiva del regista lituano, la stessa donna angelicata aveva detto al suo Dante: "Volgiti e ascolta; Ché non pur ne’ miei occhi è paradiso".
 
Non solo negli occhi di Beatrice, ma tutto intorno, persino in terra è paradiso. Ed è questo che mostra il teatro ‘primitivo’ di Eimuntas Nekrosius in conflitto con le architetture palladiane del Teatro Olimpico di Vicenza, teso verso una via di fuga che è paradisiaca perché sa di luce abbagliante, di armonia e di sguardi di amanti. "Il Paradiso è dono non necessario nel presente, è aspirazione", scrive il regista nell’introduzione al suo ‘Arduo Paradiso’. Come liberato dalla paradisonekro.jpgnarrazione episodica delle prime due cantiche, nell’affrontare il terzo capitolo della Commedia Eimuntas Nekrosius "vola": i suoi attori che entrano leggeri, sono angeli terrestri quell’aspirazione alla perfezione che solo l’amore può dare. E' lo stesso amore che unisce Dante (Rolandas Kazlas) e Beatrice (Ieva Triskauskaité). Per aspirare al Paradiso bisogna essere leggeri e lasciare le cose terrene…
  
Tutto questo si traduce in scena in un incartocciare oggetti, compreso un orologio a simboleggiare l'annullarsi il tempo e il passaggio ad un eterno presente immutato e immutabile, illuminato dalla luce che sfuma i confini. In Paradiso neppure il sapere serve, e allora non resta che impacchettare anche i libri: una scena piena di ironia e di traballante leggerezza per l’attrice che è costretta a tenere volume su volume, prima di consegnare il sapere al tempo perché lo archivi.
 
Lo spacchettare di oggetti e persone, i corpi di quegli angeli che fuggono via dall’involucro di carta bianca e che si coniugano con la danza delle collane, con le file di perle, ninnoli e oggetti che cadono. Occorre insomma spogliarsi di tutto perché il viaggio si faccia leggero e divenga volo d’amore, incoraggiato dai gesti di un coro di giovani attori e attrici che a tratti sembrano a loro volta voler spiccare verso l'alto. Dopotutto la sfida è ardua: lo sa bene Dante, e come lui il regista, che su un foglio di carta bianca lancia la sua penna per dare via ad un racconto che non si può dire, quello sulla visione di Dio ma soprattutto sull’amore nella sua pienezza.
 
Così Nekrosius affida allo spazio separato del museo - indicato sul tavolo ai piedi del palco - l’iconografia degli angeli che cantano e la rappresentazione della gloria divina, che chiede ai suoi attori di farsi amanti terreni e anime danzanti scalzando così il pericolo di un’agiografia di maniera, pur senza trascurare la tradizione iconografica del Paradiso.

 
Se l’ascesa ai cieli è unaParadiso-Eimuntas-Nekrosius_main_image_object.jpg
corsa leggera, la musica e il canto degli angeli sgorgano come acqua, riversati in una serie di bicchieri brillanti e puri come il cristallo. Il legno del tavolo, le corde che dalla ribalta si collegano all’anfiteatro palladiano - come una via di fuga e al tempo stesso un'ascesa verso i cieli - parlano di una materia elementare, primitiva, dicono di un quotidiano/presente che nella scena senza confini di un Paradiso di luce si fanno – come sempre in Nekrosius – simboli, ovvero segni destinati a raccontarci il senso inafferrabile dell’amore.
 
E' una programmatica e poetica anticipazione nel canto popolare lituano che aprirà lo spettacolo, canto dell’amante che lontano dalla sua ragazza affida a una colomba cerulea lo struggimento del suo cuore. E si scatena la danza che attira e respinge Dante e Beatrice, l'amore che di due corpi divengono uno solo (nell’immagine strepitosa della spada posata sul libro che finisce col legarsi alla guaina/vagina di lei) in un atto che commuove per la sua poeticità, carnalissima e paradisiaca. E' a questo punto che Eimuntas Nekrosius fa dire alla sua protagonista: "Il Paradiso c’è" e non si può che convenire con lei: c’è, si trova in terra e al Teatro Olimpico s’è mostrato e palesato in tutta la sua bellezza.


Tags: cantiche, dante, divina commedia, Eimuntas Nekrosius, inferno, Nicola Arrigoni, Olimpico, paradiso, recensione, vicenza,
16 Ottobre 2012

Oggetto recensito:

Paradiso, da Dante Alighieri, regia di Eimuntas Nekrosius

Visto a: Teatro Olimpico di Vicenza, 21 settembre 2012, prima mondiale
 
Prossimi appuntamenti:
Il Paradiso di Eimuntas Nekrosius ha inaugurato il 65° ciclo di spettacoli classici all’Olimpico di Vicenza, la cui direzione artistica è affidata al regista lituano. Il 12 e 13 ottobre toccherà a Fedra. An impression di Jean Racine, un progetto curato da Tauras Cizas, con la collaborazione di Nekrosius stesso. Il 20 e 21 ottobre sarà la volta di Lettere a Lucilio da Seneca, serate di restituzioni del Laboratorio Teatrale con attori di italiani a cura ancora del regista e direttore. La chiusura del ciclo sarà affidata al Caligula di Camus.
 
L'Inferno secondo Nekrosius: leggi la recensione qui

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